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AnnoXVI num. 4
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Inquinamento atmosferico e microinquinanti organici persistenti (POPs)

di Serena Palombi

 

L’ambiente nel corso degli ultimi due secoli è stato sottoposto a un rapido sviluppo economico, industriale e demografico che ha portato oltre a un indubbio miglioramento della qualità della vita dell’uomo, a profonde alterazioni in tutte le sue componenti. L’inquinamento atmosferico è riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio ambientale per la salute umana.

Una definizione esauriente di “inquinamento atmosferico” che tiene conto delle conseguenze sull’uomo e sull’ambiente intero è riportata nel DPR 203/88 ed è la seguente “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”.

L’inquinamento atmosferico è un fenomeno estremamente complesso e determinato, oltre che dal carico emissivo conseguente all’antropizzazione del territorio che ne è ovviamente la causa prima, da interazioni chimico-fisiche che avvengono tra sostanze in atmosfera e dalle condizioni meteorologiche che hanno un ruolo fondamentale nella dinamica degli inquinanti atmosferici. In particolare, mentre nel periodo estivo il forte irraggiamento solare provoca il riscaldamento delle masse d’aria a contatto con il suolo e di conseguenza si verifica un rimescolamento dell’atmosfera a causa di moti convettivi, con risalita dell’aria più calda che trascina con sé gli inquinanti presenti, durante l’inverno, in assenza di vento e di pioggia, le basse temperature provocano un ristagno delle masse d’aria al suolo con conseguente accumulo delle sostanze inquinanti prodotte da traffico, impianti termici e industriali.

Il ciclo vitale delle sostanze chimiche nella troposfera è determinato dalla distribuzione territoriale e dall’intensità emissiva delle sorgenti primarie, dai processi di veicolazione attraverso i venti, le acque superficiali e sotterranee e l’intervento dell’uomo ed infine dai meccanismi di conversione chimica e rimozione.

La massiccia immissione d’inquinanti dovuta all’attività dell’uomo e specialmente all’uso ed al trattamento di enormi quantità di materiale combustibile, all’industria pesante e mineraria, all’impiego di prodotti chimici quali antiparassitari o fertilizzanti, contribuisce ad alterare sensibilmente i cicli naturali, causando l’insorgenza di complessi fenomeni che portano alla modificazione del clima e della biosfera su scala regionale (attraverso la formazione delle nebbie, la produzione di ossidanti fotochimici o l’acidificazione dell’atmosfera), ed anche su scala globale (riscaldamento del pianeta, desertificazione, alluvioni, ecc.).

Tra gli inquinanti più diffusi troviamo i microinquinanti organici persistenti (POPs, Persistent Organic Pollutants) un gruppo eterogeneo di composti organici che per le loro caratteristiche chimico-fisiche, una volta rilasciati nell’ambiente, risultano avere un persistenza per tempi molto lunghi. La produzione intenzionale dei POPs ha avuto inizio con lo sviluppo dell’industria organica di sintesi durante la prima parte del ventesimo secolo. La produzione commerciale dei Poli Cloro Bifenili ( PCB) è iniziata nel 1929, il DDT è stato prodotto a livello industriale a partire dal 1939 mentre i dieni ciclici clorurati (aldrin, dieldrin, endrin, clordano, eptacloro e mirex),sono stati introdotti come pesticidi tra la fine degli anni 40 e l’inizio degli anni 50. Nonostante l’ampia varietà di caratteristiche chimico-fisiche e le differenze nelle modalità di utilizzo, la loro storia ha avuto un andamento molto simile.

La sintesi di queste sostanze è stata immediatamente seguita da un loro largo impiego in Europa e Nord America. Negli anni 60-70 è iniziata la limitazione nell’uso e infine, a partire dalla fine degli anni 70, la loro progressiva messa al bando. Contemporaneamente alla messa al bando nei paesi industrializzati, si è assistito però allo spostamento dei siti di produzione e ad un incremento nell’utilizzo di molte di queste sostanze nei paesi in via di sviluppo, portando ad una situazione a livello mondiale più complessa e variegata.

L’origine di queste sostanze è spesso attribuibile ad attività umane (origine antropica) quali il traffico autoveicolare, l’utilizzo degli impianti termici, la presenza di insediamenti industriali o artigianali che impiegano svariati prodotti nei cicli produttivi. La maggior parte dei POPs sono composti clorurati caratterizzati da legame carbonio-cloro nella loro struttura, grazie alla stabilità del legame carbonio-cloro i POPs hanno una forte capacità di resistenza alla degradazione biologica, chimica e fotolitica. La loro proprietà di semi-volatilità li rende soggetti al trasporto su lunghe distanze soprattutto da parte di venti e acque marine anche se a basse concentrazioni, il risultato è una distribuzione diffusa dei POPs in tutto il mondo

Dopo essersi disperse in aria, le specie chimiche in generale e quelle organiche in particolare subiscono in genere processi di ossidazione nell’atmosfera e vengono infine rimosse attraverso le precipitazioni o per assorbimento/adsorbimento sulla superficie terrestre. La maggior parte delle specie chimiche rilasciate nella troposfera da sorgenti naturali ed antropiche è rimossa per reazione con il radicale ossidrile (.OH). La sorgente primaria di questo radicale è il processo di fotolisi dell’ozono troposferico (<10% dell’ozono presente nell’intera atmosfera) in presenza di vapor d’acqua e radiazione solare. Altre importanti specie ossidanti, oltre al radicale ossidrile e all’ozono, sono l’ossigeno atomico (O), il radicale idroperossile (HO2.) e il radicale nitrato (NO3.).

Le possibili vie di rimozione atmosferica cui sono soggetti i composti organici, tossici e non, sono: la fotolisi diretta (innescata dalla radiazione luminosa), la reazione con ozono (che avviene solo se sono presenti legami insaturi nella molecola), l’attacco diurno da parte del radicale .OH e quello notturno da parte del radicale nitrato.

Quindi è necessario acquisire estese conoscenze delle proprietà chimico-fisico-biologiche delle specie chimiche presenti in atmosfera, al fine di valutarne l’effettivo impatto tossicologico in funzione della persistenza ambientale, e di relazionare le diverse emissioni artificiali e naturali con gli effetti sugli ecosistemi e sulla salute umana. I POPs risultano inoltre essere poco solubili in acqua e caratterizzati da una elevata lipofilicilità, tendendo quindi ad attraversare le strutture fosfolipidiche delle membrane biologiche e ad accumulare negli organismi viventi, facendo accendere la crescente minaccia per la salute umana e per la fauna selvatica poiché il bioaccumulo porta ad elevate concentrazioni e quindi elevate esposizioni nei livelli più elevati delle catene trofiche ottenendo la cosiddetta biomagnificazione.

Sulla base di queste conoscenze, sarà possibile formulare ed attuare strategie di controllo e riduzione delle emissioni globali, o almeno l’esposizione dell’uomo alle sostanze nocive.

(07-2017. Tutti i diritti riservati)

 

Serena Palombi

 


 

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