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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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  • IDEALE PER IL TRAFFICO CITTADINO

  • L'AUTO IN AFFITTO E' CONVENIENTE?

  • CRISI ECONOMICA ED INCENTIVI AUTO

  • AUTOMOBILISTI VS CICLISTI

di Simone Pavarin

Ideale per il traffico cittadino

Le vacanze estive sono ormai un ricordo sbiadito, si è ripreso il consueto ritmo e di conseguenza tutti noi siamo alle prese con i piccoli grandi problemi quotidiani. In particolar modo quest’anno sono stato colpito dall’incremento di traffico che si ha avuto con settembre. Nonostante la crisi economica, i centri urbani, già all’inizio di luglio, hanno visto diminuire in modo sostanziale il numero di vetture circolanti. Con settembre purtroppo o per fortuna, visto che traffico è anche sinonimo di persone che si spostano per andare sul posto di lavoro, sono riprese le interminabili code nei centri cittadini. In virtù del fatto che questo problema mi tocca personalmente, in quanto ogni giorno sono costretto a guidare per diversi chilometri per recarmi al lavoro, ho voluto riflettere su di una soluzione, la più funzionale possibile, per diminuire lo stress da traffico ed il tempo che trascorriamo incolonnati. Innanzitutto ho escluso i mezzi pubblici perchè non mi forniscono la giusta flessibilità di cui ho bisogno. Altresì ho escluso l’acquisto di una motocicletta, ideale sicuramente per il caldo estivo ma inutilizzabile con il clima invernale ormai alle porte. 

Per fronteggiare il traffico urbano e nello stesso tempo essere al riparo dal tipico clima invernale è necessario una soluzione per così dire “non convenzionale”. Dopo approfondite ricerche sul web forse sono arrivato alla soluzione ideale. Si chiama C1 ed è un prodotto BMW. Ciò che lo rende adatto alle mie esigenze come immagino alle necessita di decine di migliaia di automobilisti, è il fatto di essere praticamente uno scooter dotato però  di una copertura che in realtà è una sofisticata cellula di sicurezza a prova di crash.

Questa cellula avvolge quasi completamente il conducente proteggendolo dagli agenti atmosferici, per cui si unisce la praticità di guida nel traffico di uno scooter, alla possibilità di viaggiare in condizioni climaticamente avverse. La Casa Bavarese, con la cellula di sicurezza, garantisce l’incolumità del conducente anche in caso di ribaltamento. La protezione è a livelli così alti che nella gran parte dei paesi in cui il C1 è commercializzato il conducente è esente dall’obbligo di indossare il casco. Persino in Italia dove l’obbligo del casco è imposto anche per la conduzione di veicoli molto stabili come i quad-bike, il BMW C1 sfugge a questa imposizione. No quindi al casco ma, visto che la cella di sicurezza è assimilabile ad un abitacolo di un veicolo tradizionale, scatta l’obbligo delle cinture di sicurezza.

Anche da un punto di vista dei consumi il BMW C1 è una scelta allettante. La scheda tecnica del modello di maggior cilindrata il C1 da 200 cc consuma 1 L di benzina ogni 34 Km ad un velocità media di 90 orari. La bassa cilindrata rispetto alle auto rende il C1 conveniente anche da un punto di vista dei costi di bollo e assicurazione.

Ricapitolando: agilità urbana e bassi costi come quella di uno scooter unita alla protezione offerta tipica delle autovetture hanno permesso alla BMW di vendere oltre 30.000 C1 negli anni 90, ricordiamo che la produzione si è  interrotta nel 2003. Vendite che si sono concentrate principalmente nel Nord Europa, Germania in testa. Altre multinazionali hanno cercato di imitarlo con scarsi risultati, ad esempio, la Benelli e la Peugeut hanno prodotto scooter coperti senza però l’apprezzata omologazione della non obbligatorietà dell’utilizzo del casco. Forse è stato proprio quest’ultimo aspetto che non ha permesso il successo sperato.

Nel 2009 ci fu un tentativo della Casa Bavarese di reintrodurre il C1 in versione elettrica, ma purtroppo, il tutto si fermò ad un prototipo e a buone intenzioni. Un vero peccato perché la versione elettrica ridurrebbe ulteriormente i consumi e contestualmente aumenterebbe la sostenibilità ambientale.

Molti non apprezzarono questo veicolo né auto, né moto, ma chi ha avuto il coraggio di acquistarlo se ne è innamorato, infatti persino in Italia dove il C1 non ha avuto grande successo sono nati diversi club dedicati a questo scooter coperto. Proprio come i più agguerriti motociclisti proprietari della mitica Harley, anche i proprietari del C1 organizzano raduni ed incontri periodici.

La testimonianza della qualità del prodotto si desume anche dal prezzo dell’usato. Tenendo conto che la produzione si è interrotta quasi dieci anni fa, il C1 in genere si è svalutato poco meno del 50%. In definitiva quindi un ottimo prodotto che non è stato probabilmente capito fino in fondo.

 

L’auto in affitto è conveniente?

Di leasing se ne parla molto ma non tutti sanno di cosa si tratta nel dettaglio. Il leasing, già la parola di origine anglosassone non aiuta la comprensione se non altro perché oltre a pronunciarsi in un modo molto diverso da come viene scritta, cosa per noi italiani “inaccettabile”, non è altro che un tipo molto particolare di affitto. E’ un contratto tra due parti, il locatore che conferisce il diritto  all’utilizzo di un bene di sua proprietà ad un secondo soggetto, l’utilizzatore, il tutto dietro il pagamento da parte di quest’ultimo di un canone periodico. Al termine del contratto, l’utilizzatore avrà la possibilità di  acquistare o meno il bene in questione.

La dinamica del contratto è piuttosto semplice: Tizio, l’utilizzatore, individua il bene di cui necessita, per esempio un’autovettura; si reca quindi da Caio il locatore, in genere una finanziaria o una banca che acquista il bene in oggetto e lo affitta a Tizio. Questo particolare tipo di affitto impegna Tizio a pagare a Caio, il proprietario dell’auto, un canone mensile in genere comprendente anche le spese di manutenzione,  l’assicurazione e il bollo. Al termini del contratto Tizio avrà la possibilità di restituire l’auto a Caio ovvero divenire il legittimo proprietario pagando un “maxi canone” finale. E’ molto interessante perché oltre a dilazionare un costo impegnativo per Tizio, cosa che  si potrebbe risolvere con un semplice prestito, permette all’utilizzatore sgravi fiscali importanti oltre a servizi aggiuntivi ulteriori. Naturalmente il leasing è stato pensato per i detentori di Partita Iva i quali possono effettuare gli sgravi di cui sopra. Negli ultimi anni si è  cercato di diffondere il leasing, con particolari formule, anche nel settore privato ma con scarsi risultati. Per essere conveniente in particolar modo per le aziende, l’oggetto del leasing, in questo caso una vettura, deve essere sostituita dopo qualche anno con un’altra, sempre in contratto di leasing.

Di fatto un’azienda trasforma un’immobilizzazione materiale in un costo fisso periodico maggiormente gestibile. Per certi versi simile al leasing ma che può essere allettante anche per i privati, il noleggio a lungo periodo rappresenta oggi un’interessante opportunità. Come nel caso del leasing il noleggio a lungo periodo non rende l’utilizzatore proprietario, ma le similitudini tra i due tipi di contratti si fermano qui. Infatti nel secondo caso l’utilizzatore non avrà mai l’opzione di divenire proprietario dell’automobile ma nel contempo potrà usufruire di tutta una serie di servizi che in genere il contratto di leasing, sì, prevede, ma in misura nettamente inferiore. Servizi come ad esempio il cambio pneumatici, l’auto sostituiva o il soccorso stradale sono alcuni punti di forza che il noleggio a lungo periodo promette.

Un punto  su cui il locatore e l’utilizzatore spesso non concordano è lo stato finale della vettura soprattutto se si tratta di noleggio a lungo periodo. E’ bene quindi tenere sempre presente che al termine del contratto l’auto deve essere restituita in condizioni concordate preventivamente e se queste condizioni non fossero sufficientemente dettagliate, ciò potrebbe preludere a controversie anche legali che renderebbero l’intera operazione svantaggiosa. Comunque si scelga il dato più evidente in Italia è rappresentato dall’avversione verso la vettura in affitto. Negli Usa, patria della proprietà privata, l’auto in affitto rappresenta, paradossalmente, il 90% del mercato, nel Belpaese invece, per questione certamente culturali e di costume le persone sono disposte magari a fare sacrifici ma avere la proprietà in esclusiva del bene.

Parlo di costume e di tratto culturale perché questo avviene non solo per le automobile, pensiamo ad esempio ai cellulari, quanti connazionali preferiscono sborsare cifre esorbitanti subito, magari accedendo a prestiti, piuttosto che aderire a campagne di affitto e pagare un canone fisso? Per venir incontro anche ai più attenti al risparmio oggi esistono compagnie “low cost”, compagnie che, come quelle aeree, tagliando sui costi del personale e affidandosi pesantemente alla rete come veicolo promozionale, riescono a fornire interessanti ed economici pacchetti di noleggio auto. La speranza è quella che l’affitto, sia esso leasing o noleggio a lungo periodo, aiuti a far uscire il settore dell’auto da una crisi, almeno in Italia, mai vista prima, ad agosto il settore a perso su base annua quasi il 9% rispetto al 2011, già anno in forte contrazione.

 

Crisi economica ed incentivi auto

Gli ultimi dati Istat riportano una situazione economica ancora molto difficile. Se da un punto di vista finanziario i governanti europei “intravedono la fine del tunnel”  le difficoltà per l’economia reale sono evidenti a tutti. In particolar modo si evidenzia un crollo nei consumi soprattutto per i beni durevoli come ad esempio le autovetture. Dopo almeno due anni di continua contrazione relativamente alle nuove auto vendute, un’ulteriore dato negativo viene diffuso a settembre. L’ultimo dato statistico evidenzia un vero e proprio tracollo nelle vendite, ad agosto precipitate del 20% rispetto allo stesso periodo del 2011, tornando, in livelli assoluti ai valori degli anni ’60 dello scorso secolo.

Dati in qualche modo prevedibili considerando la crisi ma anche le iniziative governative che certamente non aiutano un settore in seria difficoltà. Mi riferisco principalmente alla accise sui carburanti, all’aumento dei premi assicurativi, alle, spesso pesanti, limitazioni alla circolazione che si concretizzano in assurdi “pedaggi” imposti nelle grandi città. Se da un lato il legislatore contribuisce a deprimere il settore auto, dall’altro lo stesso legislatore si prodiga a conferire  incentivi soprattutto con finalità ecologiche. Innanzitutto vi sono gli incentivi previsti per l’acquisto di un’auto ad emissioni zero. Di fatto si tratta di un contributo di 5.000 euro per l’acquisto di un’auto elettrica.

Certamente un bonus di valore importante destinato però ad un segmento di mercato non alla portata di tutte le tasche. In altri articoli ho infatti evidenziato le limitazioni del veicolo elettrico come ad esempio i prezzi ancora alti delle vetture elettriche e la loro gestione piuttosto complessa. Basti pensare, ad esempio, che, per fare il pieno ad un’auto alimentata con combustibili di origine fossile bastano pochi minuti, per fare il pieno ad un’auto elettrica sono invece necessarie diverse ore. Si badi bene che si sta parlando di auto elettriche e non  ibride quindi il bonus è ristretto ad una cerchi piuttosto limitata di modelli. Per fare qualche nome delle vetture che potrebbero usufruire delle agevolazione dovrebbero essere comprese: la Peugeot I-ON, la Citroen C-Zero e la Mitsubishi I-MieV e la Smart elettrica.

 Più interessanti potrebbero essere gli incentivi per le auto alimentate a GPL, metano e Bifuel con emissioni inferiori a  95 g/Km di CO2. Per queste vetture il bonus arriverebbe a 1.200 euro. Il dubbio a questo punto rimarrebbe per le ibride ovvero quelle alimentate sia con benzina o diesel e con energia elettrica, che hanno una emissione superiore ai 95 g/Km di CO2. In questo caso la normativa non è del tutto chiara per cui modelli come la Toyota Prius Plug-in o la Volvo V60 Plug-in Hybrid, non è ben definito se possano accedere a qualche bonus o meno. La critica più forte relativamente ai bonus per le vetture alimentate a gas evidenzia come si cerchi di incentivare un tipo di veicolo il cui carburante, il gas appunto, è penalizzato da una rete distributiva non efficiente.

Gli interessati devono comunque affrettarsi poiché sembrerebbe, anche in questo caso il condizionale è d’obbligo, visto la situazione economica in continua evoluzione, che gli incentivi verranno progressivamente ridotti dal 2014.

Sull’onda degli incentivi statali vi sono anche incentivi locali che potrebbero risultare interessanti. L’iniziativa che sta avendo più popolarità è quella denominata “Iniziativa Carburanti a Basso Impatto” (I.C.B.I.). Un progetto promosso dal Ministero dell’Ambiente e che vede il comune di Parma capofila del progetto. Il ministero fornisce i fondi che vengono poi distribuiti ai comuni aderenti all’iniziativa. Questi fondi rappresentano un contributo immediato, scontato in fattura, a coloro che decidano di convertire le loro vetture immatricolate euro 1 e euro 2. L’ICBI è un progetto ambizioso che garantisce incentivi di conversione agli automobilisti, ma anche incentivi per l’implementazione della rete distributiva di gas. Da tutto questo interesse per il metano ed il GPL sembrerebbe che la sostenibilità ambientale relativa al il trasporto, almeno per ora, non passerà per l’elettrico ma attraverso appunto il gas, ciò conferma l’allineamento del Nostro Paese con gli obiettivi del resto d’ Europa.

 

Automobilisti Vs Ciclisti

Il titolo un po’ provocatorio rappresenta efficacemente un fenomeno di scottante attualità. E’ innegabile, sulla strada ci sono due partiti contrapposti quello degli automobilisti e quello dei ciclisti. Due mondi, due filosofie di vita diverse sempre più spesso contrapposte. Da un lato i ciclisti che ritengono gli utilizzatori delle quattro ruote pigri oltre che antisalutisti e dall’altro gli automobilisti che etichettano gli estimatori della bicicletta come fanatici. In parte è comprensibile in quanto, soprattutto nei centri urbani si vedono ciclisti che alla guida dei loro veicoli, perché non dimentichiamo che la bici è un veicolo, assumono comportamenti quantomeno sgradevoli oltre che in contrasto col codice della strada. Ad esempio, non è raro vedere ciclisti che imboccano sensi unici al contrario, attraversano sulle strisce pedonali, viaggiano sui marciapiedi, occupano la carreggiata in linea orizzontale. Assumono spesso quei comportamenti tipici dei pedoni.

D’altro canto ci sono gli automobilisti. Con le loro auto occupano spazi ciclabili, aprono le portiere senza curarsi di chi giunge da dietro, svoltano all’improvviso, parcheggiano in doppia fila, comportamenti questi che possono rivelarsi letali per il ciclista. Se tutto ciò non bastasse i ciclisti accusano gli automobilisti di favorire una politica energetica non sostenibile a causa dei consumi delle loro vetture.

Oltre il fatto di accusarli anche  di essere pigri e svogliati. Dal canto loro gli automobilisti ritengono i ciclisti dei fanatici, non rispettosi delle regole e di comportarsi sulla strada con la logica del “branco”. E’ necessario sottolineare che sarebbe fuorviante parlare di automobilisti buoni contro ciclisti cattivi o viceversa, in base al punto di vista. E’ più plausibile discutere di utilizzatori della strada che seguono le regole e coloro che non le seguano, siano essi ciclisti, automobilisti o pedoni. Se ciò è vero è però necessario evidenziare il fatto che nonostante tutto i ciclisti sono più vulnerabili degli automobilisti proprio perché non sono protetti dalla carrozzeria della vettura.

Forse la più drammatica contrapposizione tra automobilisti e ciclisti risiede nei dati statistici sugli incidenti stradali in Italia. Nel periodo 2001 – 2011 si è avuto una generale diminuzione delle vittime sulla strada, ma se i decessi tra gli automobilisti sono scesi del 42% circa, quelli tra i ciclisti solo del 21%. In controtendenza, nello stesso periodo, i feriti tra gli utilizzatori della bicicletta sono cresciuti del 40%, un dato certamente influenzato dall’aumento di persone che si muovono in bicicletta. La preoccupazione sotto quest’ultimo aspetto è rappresentata dalla qualità delle ferite subite dai ciclisti, ferite che implicano troppo spesso un’invalidità permanente.  

Un’interessante iniziativa volta a favorire un utilizzo più consapevole delle strade parte dal movimento popolare “Salvaciclisti” (www. salvaciclisti.it), che pone come obiettivo l’elaborazione e la proposta di iniziative per rendere le nostre strade più sicure. Un vero e proprio “Manifesto” che ricalca l’iniziativa “Cities fit for cyclists” del quotidiano londinese The Times.

Un elemento essenziale per la sicurezza del ciclista è rappresentato dall’utilizzo del casco. Come per l’obbligo introdotto in Italia negli anni 80 dello scorso secolo per i motociclisti, molti ritengono che l’obbligo esteso agli utilizzatori della bicicletta potrebbe ridurre i costi umani e sociali in modo determinante in caso d’incidente. Non si comprendono fino in fondo le resistenze all’introduzione di quest’obbligo visto che recenti indagini statistiche statunitensi rivelano che il 75% dei decessi in bicicletta è imputabile a lesioni al capo e al collo.  

Un’esperienza positiva forse da imitare per quanto concerne una mobilità stradale più attenta alle istanze di tutti i fruitori degli spazi urbani, ci arriva dalla vicina Germania, col progetto “Share Modale”.

L’approccio al problema di gestione degli spazi si sposta dall’analisi degli utenti a quella del mezzo di trasporto, partendo dal presupposto che i ruoli sono interscambiabili, i ciclisti possono divenire automobilisti e viceversa. “Share” come condivisione equa delle strutture urbane in particolare la strada. Se per esempio il 20% degli utenti di una determinata area è rappresentato da ciclisti il buon amministratore dovrà suddividere la stessa area in modo proporzionale al mezzo di trasporto che un individuo può utilizzare (Nov. 2012).

Simone Pavarin

 

 


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