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JACKIE STEWART

La storia di un “beat” in Formula 1

 

 di Roberto Maurelli

 

John Young Stewart, meglio conosciuto col nomignolo di Jackie, nacque l’11 giugno 1939 a Milton, nella Scozia occidentale. I risultati a scuola non erano proprio eccellenti, ma d’altra parte era un predestinato del mondo delle corse automobilistiche. Suo padre era un rivenditore della Jaguar e gestiva anche un'officina, sempre per la casa inglese, dove entrambi i suoi figli mossero i primi passi.  Anche il fratello maggiore di Jackie, infatti, divenne un pilota di talento (correva per la Jaguar ovviamente!), ma un incidente pose fine alle sue ambizioni.

Come spesso accadeva a quei tempi, Jackie non ebbe la possibilità di svolgere un test serio prima dei venticinque anni. Solo nel 1964, appunto, Ken Tyrrell lo propose per una prova sulla Cooper di Formula 3 ad Oulton Park; in quell’occasione tutti rimasero impressionati dalla naturalezza con cui il ragazzo guidava: non solo aveva umiliato i tempi del più esperto pilota di Formula 1 Bruce McLaren, ma la vettura era in perfette condizioni meccaniche. Queste premesse non furono smentite nel corso dell’anno, quando Jackie dominò il campionato britannico di Formula 3. Nel 1965 la BRM di F1 lo ingaggiò come seconda guida al fianco dell'ex Campione del Mondo Graham Hill e lui ricambiò cogliendo la prima vittoria a Monza. L'anno successivo, dopo una stupenda vittoria a Montecarlo, si infortunò a Spa; questo incidente ebbe notevoli influssi sul suo approccio alle gare: da quel momento iniziò una lotta personale per la sicurezza dei piloti, nella quale riuscì a coinvolgere, per la prima volta, anche i suoi colleghi. In quel 1966, lo scozzese correva anche in Formula 2 per Tyrrell, il quale intendeva esordire con un suo Team nella massima serie. Ciò avvenne nel 1968: utilizzando i telai della Matra del 1967 e i mitici motori Ford DFV Cosworth, Stewart fini la stagione '68 al secondo posto, con ben tre vittorie. L'anno successivo con una nuova macchina, la MS80, demolì la concorrenza e conquistò il titolo mondiale con ben 6 vittorie su 11 gare disputate. Nel 1970 Tyrrell fu costretto ad abbandonare il telaio Matra, che intendeva sviluppare un V12, e a svilupparne uno in proprio (con il supporto economico della ELF), compatibile con il V8 Ford. L’esordio della nuova vettura avvenne solo a metà stagione e, quindi, Stewart corse le prime gare con una macchina mediocre e sorpassata; ciò comunque non gli impedì di imporsi in Spagna. L’avvento della Tyrrel 001, invece, permise a Stewart di aggiudicarsi subito una pole position ma le vittorie tardavano ad arrivare perché la macchina necessitava ancora di sviluppo. Jackie lavorò duramente per tutta la stagione e l'inverno seguente, così da avere nel 1971 una macchina sempre efficiente e competitiva. In quell’anno vinse il suo secondo mondiale ancora una volta con 6 vittorie all'attivo, tra le quali spicca un'altra affermazione nel Principato, quando fu costretto a guidare per tutta la gara con i freni posteriori completamente inattivi.

Ormai era probabilmente il pilota più stimato del circus, il suo look da star inconfondibile: occhiali scuri, capelli lunghi e l'inconfondibile berretto scozzese;  era ambìto dalle migliori scuderie. Stewart, tuttavia, rifiutò ogni tipo di offerta, a cominciare da quella della Lotus, che schierava vetture molto veloci ma anche molto pericolose. A questo “affronto” Chapman replicò ingaggiando un giovane brasiliano, Emerson Fittipaldi, diventato famoso per le emozionanti sfide con lo scozzese volante. Nel 1972 la vittoria finale andò proprio alla nera Lotus del brasiliano, una vettura che Stewart più volte affermò essere troppo al di sopra della concorrenza.

Ma nel 1973 la palma del campione ritornò nelle mani di Jackie che, pur non avendo una macchina all'altezza della Lotus 72, aveva dalla sua il compagno di squadra François Cevert. Questi, con i suoi tanti piazzamenti, tolse punti preziosi agli avversari; al contrario, Fittipaldi aveva trovato un nemico in più nel suo compagno di squadra Ronnie Peterson. François fu per Jackie qualcosa di più di un compagno di scuderia, fu soprattutto un pupillo e un amico: la sua prematura scomparsa durante le prove dell’ultima gara dell’anno a Watkins Glen lo segnò profondamente, e rese molto più amaro il suo ritiro dalle corse a fine stagione.

In seguito Stewart rimase nel giro delle corse, prima come consulente della Ford Motor Company, poi come commentatore televisivo e tester delle auto di Formula 1 per la televisione inglese. Allo stesso tempo, però, continuò a battersi, come già aveva fatto durante tutta la sua carriera, per la costruzione di auto e circuiti più sicuri, e per questo ha ricevuto numerose onorificenze da diverse organizzazioni motoristiche ed anche dalla Regina d’Inghilterra. Nel 1997 Stewart ritornò in Formula 1, come proprietario di scuderia, in società con suo figlio e la Ford Motor Company, alla guida della Stewart Grand Prix,. La scuderia venne in seguito acquistata dalla Ford e divenne la Jaguar Racing nel 2000.

 

 

                                                                              

 

 

 

 

 

 Roberto Maurelli

 


 

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