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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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Il RECUPERO VIRTUOSO CON GLI IMPIANTI MOBILI PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI INERTI DA DEMOLIZIONE

ANALISI DI UN FENOMENO VISIBILE CON UN OCCHIO PARTICOLARE ALLA REGIONE LOMBARDIA

di Pietro Cucumile

 

Considerazioni di carattere preliminare e generale.

Il riciclaggio dei materiali da demolizione, allo stato dell’attuale tecnologia, può avvenire con i mezzi più avanzati: frantoi e vagli trasformano macerie e rifiuti non pericolosi da demolizione in materiale di differente pezzatura destinato al riutilizzo nel campo stradale ed edile.
La frantumazione mediante gruppi semoventi mobili in grado di spostarsi all’interno dei cantieri dà la possibilità di organizzare campagne di frantumazione che permettono il recupero dei materiali inerti nel sito dove questi vengono prodotti. Infatti, i rifiuti inerti da demolizione per essere riutilizzati devono essere trattati con idonei impianti di frantumazione, selezione e classificazione.
Gli impianti mobili consentono non solo la semplice riduzione volumetrica dei singoli elementi immessi nell'impianto ma anche un adeguato assortimento granulometrico dei materiali in uscita al trattamento, oltre a  favorire l’eliminazione delle frazioni non inerti. Il risultato è economicamente conveniente, tenuto conto soprattutto dei costi che la mancata separazione causerebbe.
Gli impianti mobili, quindi, innescano un processo virtuoso che è quello del "recupero delocalizzato".
La temporanea dimora degli impianti mobili nei cantieri favorisce l’attività di recupero di materiali inerti con i seguenti vantaggi: abbattimento dei costi di trasporto dei rifiuti oltrechè di tempo, riutilizzo nel sito del materiale macinato, riduzione della richiesta di materia prima per riempimenti, sottofondi, rilevati et coeteribus.

Alla luce dell'elevato numero di cantieri aperti in qualsiasi contesto locale, proprio per la visibilità di questo fenomeno, è utile tentare di comprenderne bene la normativa che ne circoscrive l’impiego. Inoltre, è evidente la finalità del legislatore di voler incentivare l’impiego delle materie prime secondarie, di ridurre quanto più possibile il prelievo di risorse naturali e di rendere residuale il loro conferimento in discarica, con un notevole abbattimento dei costi per il conferimento in discariche inerti o in centri di recupero. Se ne deduce che lo smaltimento dei rifiuti da demolizione abbia un costo significativo per le imprese che li producono, mentre il recupero per ottenerne altre materie prime (cosiddette materie prime secondarie, “M.P.S.”) sia una possibilità economicamente interessante.

 

L’impianto mobile e il suo funzionamento.

Per impianto mobile si intende di norma un impianto con caratteristiche di mobilità e di facile trasportabilità finalizzato al trattamento di rifiuti per mezzo di campagne di breve durata.

Un impianto mobile completo, montato su ruote o cingolati o trasportato su un rimorchio, è costituito da:

  • tramoggia di carico (bocca di carico da 500 mm a 1.200 mm) con alimentatore e prevagliatura;

  • mulino (costituito da frantoio a mascelle o a martelli);

  • deferrizzatore con magnete;

  • nastro trasportatore per lo scarico del materiale trattato;

  • impianto di vagliatura;

  • apparato motore;

  • impianto di abbattimento polveri.

L’impianto deve essere già stato costruito con caratteristiche tecniche tali da garantire nel corso dell’attività una bassa rumorosità e una bassa emissione di polveri e gas di scarico. A seconda delle varie potenzialità, la produzione oraria può essere compresa tra 50 e 70 m.c./ora. Per l’alimentazione della tramoggia possono essere utilizzati escavatori o pale meccaniche.

Merceologicamente, i rifiuti “trattati” sono costituiti da mattoni forati e pieni, coppi e tegole, mattonelle per pavimenti e rivestimenti, cemento, intonaci e cartongesso, traverse in legno o acciaio, tubi corrugati passacavo, cavi elettrici, scatole elettriche, tubazioni di scarico, sanitari, rubinetterie, legname di pavimentazione e rivestimento, marmi, graniti, ciottoli et coeteribus. Al fine di adempiere a quanto prescritto dal nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti “SISTRI” gli impianti  mobili andranno inseriti come unità locali (U.L.).


Inquadramento normativo.

I rifiuti da demolizione e da costruzione prodotti da cantieri edili sono classificabili come rifiuti speciali ex art. 184, comma 3, lett. b) del D. l.gs. n° 152/06: “sono rifiuti speciali… i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione….”

La produzione quantitativa di questo tipo di rifiuti è notevole se si pensi che nel solo anno 2006 ne sono stati prodotti più di 52 (cinquantadue) milioni di tonnellate.

Alla luce di quanto appena descritto,  il recupero, che può essere condotto direttamente sul cantiere dove sono stati prodotti i rifiuti, deve avvenire attraverso l’uso di impianti di frantumazione idonei a separare le varie frazioni e ad ottenere materie prime secondarie atte al successivo utilizzo.

Secondo la normativa sui rifiuti, l’attività de qua si configura come un’attività di recupero di rifiuti e, secondo l’allegato C del D.lgs. n° 152/06, è classificata con il codice “R5”.  I rifiuti che possono essere sottoposti a lavorazione sono contrassegnati con i seguenti codici “C.E.R.” (catalogo europeo rifiuti):

17 01 01 - cemento;

17 01 02 - mattoni;

17 01 03 - mattonelle e ceramica;

17 01 07 - miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, se classificati non

pericolosi;

17 08 02 - materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01;

17 09 04 - rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, se classificati non pericolosi.

 

L’indicazione dei codici “C.E.R.” è tanto più importante dal momento che nella richiesta di autorizzazione va indicata:

q  la classificazione dei rifiuti trattabili nell’impianto (con riferimento all’art. 184 del D.Lgs. n° 152/2006);

q  la descrizione delle caratteristiche dei rifiuti trattabili nell’impianto con relativa codifica (codice CER) e quantità (in peso e volume);

q  per gli impianti di recupero, il relativo riferimento all’allegato I del D.M. 05.02.1998;

q  la tipologia, quantità e destinazione dei rifiuti che si originano dall’attività di recupero (scarti, sovvalli, etc.)

 

L'articolo 208, comma 15, del decreto legislativo n.152/2006 definisce la procedura ordinaria per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti.
I soggetti che intendono utilizzare impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti devono presentare domanda alla Regione (o altro ente delegato) per ottenere l'autorizzazione all'uso dell'impianto.

Non ricadono nella categoria di impianti mobili che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti soggetti alla sopracitata procedura:

q  gli impianti di disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione che reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano;

q  gli “impianti di riduzione volumetrica” (ad es. di pressatura, a condizione che tali operazioni vengano eseguite su partite omogenee di rifiuti, con ciò intendendo che tali attività non devono modificare la natura del rifiuto, la sua composizione chimica, merceologica e la sua codifica C.E.R.);

q  gli impianti per “separazione delle frazioni estranee” (ad es. deferrizzazione, che non modifica la natura del rifiuto, la sua composizione chimica, merceologica e la sua codifica);

q  gli “impianti mobili di incenerimento”.

Possono pertanto essere esclusi dal presente procedimento, a titolo esemplificativo e non necessariamente esaustivo, le macchine che operano nei cantieri adibite alla cippatura del legno o del materiale legnoso in genere o le macchine di pressatura della carta o della plastica.
Sono, invece, assoggettati al presente procedimento, gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili (es. da demolizioni), in quanto non possono essere considerati impianti che effettuano una semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazione estranee.

 

Ruolo di Comuni e Province.

 

Trattandosi di attività di trattamento dei rifiuti, sono previste specifiche autorizzazioni:

  • per l’impianto, un’autorizzazione regionale (o provinciale se la funzione sia stata delegata con normativa) rilasciata dalla Regione ove l’interessato ha la sede legale (rif. art. 208, c. 15 T.U.A.) valevole su tutto il territorio nazionale;

  • per l’attività di recupero, iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali (rif. art. 212 c. 5 T.U.A.)

Inoltre, ogni campagna di attività sul sito deve essere comunicata, in Regione Lombardia, almeno 60 (sessanta) giorni prima dell’installazione dell’impianto presso il cantiere, all’Autorità amministrativa che ha rilasciato l’autorizzazione (Regione o  Provincia). La comunicazione della campagna consiste in una relazione riportante il cronoprogramma di lavoro con il quale l’impresa rende noto il luogo ed il cantiere ove avverrà l’attività, la durata dell’intervento, il tipo di macchinario che verrà utilizzato, gli estremi autorizzativi, l’entità dell'intervento (orari di lavoro, quantità lavorate/prodotte, tipo di “M.P.S.” prodotta) nonché la verifica di assoggettabilità dell’evento a procedura di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale). La comunicazione ha lo scopo di rendere nota l’attività, permetterne i controlli, valutare la necessità di impartire ulteriori prescrizioni rispetto a quelle generali dell’autorizzazione o vietare l’attività stessa qualora quest’ultima non sia ritenuta compatibile con la salubrità dell’ambiente (rif. art. 208 T.U.A.).

I materiali prodotti dall’impianto di trattamento, per essere inquadrati come materie prime secondarie, devono avere le caratteristiche indicate dal D.M. 5.2.98, Allegato 1, sub 1, punto 7.1.4 (materie prime secondarie per l'edilizia) che rinvia, per le specifiche merceologiche (cioè per quanto riguarda la granulometria e la percentuale di elementi estranei), a quanto indicato nell'allegato C della circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 15 luglio 2005, n. UL/2005/5205. Negli allegati alla citata circolare si ritrovano diverse tabelle indicanti le specifiche tecniche che debbono avere le “M.P.S.” in relazione al loro seguente utilizzo finale:

q  per la realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell'ingegneria civile;

q  per la realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili e industriali;

q  per la realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili e industriali;

q  per la realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;

q  per la realizzazione di strati accessori (aventi funzione anticapillare, antigelo, drenante, etc)

 

Inoltre, al fine di verificarne la compatibilità ambientale, deve essere condotto su questi materiali il test di cessione previsto dall’All. 3 del citato DM 5.2.98.

 

Cosa accade in Lombardia.

La Regione Lombardia con Deliberazione n. 8/10098 del 7 agosto 2009, pubblicata sul B.U.R.L., Serie Ordinaria, n. 34 del 24 agosto 2009, ha approvato le linee guida relative alle “procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di impianti mobili in ordine allo svolgimento delle singole campagne di attività” in sostituzione del D.d.u.o. 25381/01. Per impianto mobile viene inteso una struttura tecnologica unica o, in casi particolari, un assemblaggio di strutture tecnologiche uniche, che possono essere trasportate e installate in un sito per l’effettuazione di campagne di attività di durata limitata nel tempo non superiore a 120 giorni. Inoltre, per campagna di attività viene intesa l’effettuazione delle attività di trattamento rifiuti subordinata alla presentazione, 60 gg. prima dell’installazione, di apposita comunicazione. L’area interessata dalla movimentazione, dallo stoccaggio e dalle soste operative dei mezzi che intervengono a qualsiasi titolo sul rifiuto, deve essere conforme ai sensi del r.r. n° 4/06 e realizzata in modo tale da garantire la salvaguardia delle acque di falda e da facilitare la ripresa dei possibili sversamenti. Fanno eccezione alcune casistiche previste nella Circolare della Regione Lombardia n. Q1.2010.00.1680 del 27 gennaio 2010 (PDF - 150KB), la quale individua due fattispecie per cui non ricorrono le condizioni per l’applicazione del r.r. n° 4/06:

 

  • rifiuti non pericolosi abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata ai sensi di cui all’art. 192 del D.lgs. 152/06;

  • rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (famiglie CER non pericolosi 170100, 170200, 170600, 170800, 170900, nonché rifiuti di cui ai CER 170504 e 170508), per un quantitativo massimo pari a 30.000 m.c. per campagne di trattamento di rifiuti aventi durata massima di 120 giorni.

 

Inquadramento di un caso particolare.

Nel caso in cui l’impianto mobile effettui la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee dei rifiuti il legislatore non ha previsto l’obbligo autorizzativo. Tale attività non perfeziona il ciclo di recupero dei rifiuti ma ne effettua una fase preliminare e/o preparatoria (rif. Direttiva UE 2008/98/CE – All. II Operazioni di recupero). Infatti, il materiale così prodotto rimane un rifiuto e deve essere gestito secondo la normativa sui rifiuti: trasporto accompagnato da formulario, vettore iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, successivo conferimento a recuperatore/smaltitore autorizzato. Tanto a meno che non si riesca a soddisfare, già attraverso tale lavorazione, le caratteristiche previste per la corrispondente “M.P.S.”, come nel caso di un rifiuto già fortemente selezionato a monte della frantumazione.

 

I controlli degli organi di polizia ambientale.

In caso di controllo, gli organi di polizia devono innanzitutto verificare se agli atti del Comune interessato risulti l’esistenza di un cantiere autorizzato (ovvero lavori coperti con D.I.A. o Permesso di costruire), operando il cantiere in regime amministrativo controllato.

Nel medesimo cantiere, si potrebbero rinvenire:

1) un impianto mobile soggetto ad autorizzazione che effettua il trattamento del rifiuto e quindi produce materiale destinato al riutilizzo, ovvero “M.P.S.” conformi alle specifiche sopra citate. Dello stesso dovranno essere rilevati gli estremi (marca, modello, matricola…), la scheda tecnica descrittiva, il soggetto proprietario, l’esistenza di autorizzazione regionale, le caratteristiche visive del materiale prodotto.

2) un impianto mobile non assoggettato ad autorizzazione che effettua la sola riduzione di volume e la separazione di frazioni estranee. In tal caso, oltre a rilevare le caratteristiche dell’impianto, occorre accertare, anche de visu, le caratteristiche del materiale prodotto, ovvero dimensioni e composizione merceologica.

Occorre rilevare se l’impianto sia provvisto di un sistema di abbattimento delle polveri e verificare, con l’ausilio di personale tecnico idoneo (es. A.R.P.A.) se le caratteristiche del materiale prodotto dall’impianto rientrino o meno in una o più di quelle indicate nella circolare del Ministro dell’ambiente 15 luglio 2005, cioè siano effettivamente riconducibili ad “M.P.S.” A tal fine, l’azienda dovrà produrre, al momento dell’accertamento o al termine delle lavorazioni, una certificazione tecnica nella quale siano stati valutati i parametri richiesti per l’uso.

Unitamente alle verifiche sopracitate, occorrerà attivare i locali Dipartimenti A.R.P.A. per gli accertamenti tecnici relativi alla sussistenza di inquinanti fisici quali rumori e vibrazioni, indicando orari delle lavorazioni (e quindi di produzione del rumore), ubicazione degli esponenti (per condurre i rilievi fonometrici), durata del cantiere e soggetti responsabili dello stesso.

Per lo svolgimento dell'attività di recupero di rifiuti mediante impianto mobile è quindi necessario il possesso, da parte del soggetto che effettua le relative operazioni, dell'apposita autorizzazione prevista dall'ari 208, comma 15, del d.lgs. n° 152/06 (già art. 28, comma 7, del d.lgs. n° 22/97) per l'esercizio dell'impianto  mobile da  utilizzarsi,  nonché l'inoltro,  da  parte dell'interessato,  della specifica  comunicazione  preventiva  (prevista  dalla  predetta  disposizione)  riferita  alla  singola campagna  di   attività,   facendosi   presente  che,   sul  territorio  della   Regione   Lombardia,   tale comunicazione deve essere presentata alla Provincia competente, con le modalità definite dal d.d.u.o. della stessa Regione Lombardia n. 25381 del 23.10.2001.

 

In difetto, potrebbe ipotizzarsi l'applicazione delle sanzioni penali previste dall'art. 256, comma 1, lett. a) del d.lgs. 152/06, a titolo di concorso ai sensi dell'art. 110 c.p., a carico dei seguenti soggetti:

q  della ditta committente i lavori, per non aver verificato il possesso dei necessari titoli autorizzativi da parte del/i soggetto/i cui ha affidato la gestione dei rifiuti costituiti da materiali misti da costruzione e demolizione (ed. inerti) e depositati sull'area;

q  della ditta del cantiere per avere gestito, mediante l'impiego di macchinario mobile preso a noleggio da terzi, l'attività di recupero dei suddetti rifiuti, senza aver attivate le necessarie procedure autorizzatorie stabilite dall'art. 208, comma 15, del d.lgs. n° 152/06;

q  del legale rappresentante dell'impresa di nolo, per aver ceduto a noleggio l'impianto mobile impiegato per il trattamento dei rifiuti, essendo non pertinente la documentazione riguardante un titolo autorizzativo riferito all'attività di recupero di rifiuti che la stessa impresa può svolgere, ad esempio, all'interno del proprio insediamento cui si riferisce l’iscrizione al registro delle imprese, a seguito di comunicazione presentata ai sensi dell'art. 216, comma 3, del d.lgs. n° 152/06 (già art. 33, comma 3, del d.lgs. n° 22/97).

Si fa presente che, per effetto dell'art. 188, comma 3, lett. b) del citato d.lgs. n° 152/06, la responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla Provincia della mancata ricezione dei formulari.

 

Fonti normative.

q  Decreto legislativo n.152/2006 art.208 comma 15;

q  Legge regione Lombardia n.5/2006 (delega regionale alle province per le competenze autorizzatorie);

q  Deliberazione della Giunta Regione Lombardia n.1991/2003;

q  Circolare Ministeriale Ambiente n.5205 del 15 luglio 2005 (specifiche tecniche sulle caratteristiche e gli usi possibili per le materie prime secondarie per l'edilizia prodotte dal recupero di rifiuti inerti non pericolosi prodotti da cantieri edili);

q  Regione Lombardia DGR 7 agosto 2009 n. 8/10098 indicanti linee guida relative alle “Procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di impianti mobili in ordine allo svolgimento delle singole campagne di attività”;

q  Regione Veneto DGR n. 499 del 4 marzo 2008 che indica i criteri e le modalità per l'effettuazione delle campagne di attività;

q  Regione Piemonte DGR n. 25 del 15 giugno 1998 recante “Procedure per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di impianti mobili di smaltimento o recupero dei rifiuti e criteri per lo svolgimento delle singole campagne di attività”.

q  DPCM 27/12/88.

 

Due casi giurisprudenziali.

 

RIFIUTI - D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Regime autorizzatorio semplificato ex art. 28, c. 7 - Generali canoni di disciplina della gestione di rifiuti ex art. 2 - Prescrizioni relative all’attività del gestore dell’impianto - Legittimità.

Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero beneficiano del regime autorizzatorio semplificato di cui all’art. 28, c. 7 del d.lgs. n. 22/97, in ragione del tenue e transitorio impatto con l’ambiente, essendo essi “mobili” in senso funzionale, e cioè non solo agevolmente amovibili ma anche connotati da un rapporto di precarietà, quindi delimitato temporalmente, con l’area su cui vengono installati, in corrispondenza delle c.d. “campagne di attività”, che consistono sostanzialmente in programmi di lavoro con cui l’impresa che gestisce l’impianto comunica alla competente Amministrazione l’entità e la durata dell’utilizzazione del sito da parte dei macchinari impiegati per l’attività di trattamento dei rifiuti. Peraltro, l’autorizzazione all’uso dell’impianto mobile, costituendo una species del genus dell’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti prevista dall’art. 28, comma 1, deve tenere conto dei generali canoni di disciplina della gestione dei rifiuti indicati dall’art. 2 del d.lgs. n. 22 del 1997 ed informarvi il proprio contenuto, anche a mezzo di prescrizioni utili a fissare limiti e condizioni all’attività di trattamento dei rifiuti oggetto del titolo abilitativo; il che implica che l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto mobile non riguarda solo le attrezzature tecniche in sé, ma si estende ad ogni aspetto dell’attività di trattamento dei rifiuti suscettibile di incidere sui beni rimessi alla cura dell’Amministrazione pubblica, quali regolati dalla disciplina della materia. Pertanto, l’autorizzazione di cui all’art. 28, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997 ben può contenere prescrizioni che regolino l’attività del gestore dell’impianto mobile, in coerenza con i principi di cui al precedente art. 2 e nel rispetto della normativa tecnica di settore.

Pres. Papiano, Est. Caso - M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini, Capra e Ferrari) c. Provincia di Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia Romagna (avv. Fantini). T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma- 1 aprile 2008, n. 206

RIFIUTI - D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Autorizzazione ex art. 28, c. 7 - Stadi intermedi dell’attività di smaltimento o recupero - Necessità di separata autorizzazione - Esclusione.

L’autorizzazione di cui all’art. 28, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997 include l’intero ciclo di trattamento dei rifiuti di pertinenza dell’impianto mobile, sicché l’eventualità che gli stadi intermedi dell’attività si risolvano in operazioni soggette, in via ordinaria, ad un’autorizzazione ex art. 28, comma 1, non sdoppia l’iter in più separati procedimenti né dà luogo a distinti titoli abilitativi né ancora si determina per ciò solo la preclusione al rilascio dell’autorizzazione relativamente all’impianto mobile, per essere quello di cui al comma 7 assorbente dei titoli abilitativi di cui al comma 1, previa naturalmente l’adozione di tutte le prescrizioni allo scopo necessarie.

Pres. Papiano, Est. Caso - M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini, Capra e Ferrari) c. Provincia di Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia Romagna (avv. Fantini). T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma - 01/04/2008, n. 206

(Feb.2010)

                                                                                                          Pietro Cucumile

 


 

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