L’ultima vera Alfa Romeo
Come nacque il mito della sempreverde
75
di Roberto Maurelli
Il 1985 doveva essere un anno straordinario per l’Alfa Romeo, l’anno in
cui si celebravano i settantacinque anni di storia del Marchio.
Nonostante tutto, le prospettive per gli appassionati del Biscione non
erano particolarmente rosee. La casa automobilistica di Arese, per i ben
noti problemi finanziari, era gestita dall’IRI e non poteva permettersi
di progettare una vettura ex novo come la ricorrenza avrebbe lasciato
immaginare.
Le difficili condizioni in cui si versava, spinsero la dirigenza a
varare il progetto di una nuova vettura che, però, conservasse la
meccanica e la struttura principale della ormai attempata Giulietta. Per
il nome si scelse la modesta sigla “75” a voler sottolineare
l’anniversario che si voleva celebrare.
In ossequio a questa politica di austerity, dunque, il team di ingegneri
capitanato da Ermanno Cressoni rivide esclusivamente alcune parti della
carrozzeria, lasciando inalterata perfino la struttura delle portiere.
Il risultato estetico, tuttavia, non era affatto deludente: una
piacevole linea a cuneo esaltava lo spirito sportivo che l’Alfa voleva
celebrare e alcuni accorgimenti estetici, come la profilatura in
plastica nera, rendevano abbastanza irriconoscibili le forme
dell’antenata, nascoste sotto il vestito appena rimodellato.
Completavano l’opera un frontale aggressivo controbilanciato da una coda
massiccia ed elegante.
Fin dalle prima apparizioni, la vettura suscitava un discreto interesse
e perfino l’allora amministratore delegato del Gruppo Fiat, Vittorio
Ghidella, ebbe a dire che i tecnici dell’Alfa avevano realizzato “una
bella macchina spendendo poco”.
Anche dal punto di vista meccanico, come detto, non ci si potevano
aspettare stravolgimenti, ma la base di partenza non era affatto da
disprezzare e i veri appassionati lo compresero ben presto. I motori a
benzina più potenti, inizialmente, erano un 2000 cc quattro cilindri con
due alberi a camme in testa alimentato da due carburatori e un sei
cilindri a V di 2500 cc a iniezione capace di 158 cv di potenza massima.
Era poi previsto anche un turbodiesel di 2000 cc che, grazie all’impiego
dell’intercooler erogava 90 cv, una potenza di tutto rispetto per quei
tempi.
Successivamente sarebbero stati presentati anche un 1800 cc turbo da 155
cv e un 3000 cc V6 da 188 cv, quest’ultimo considerato come la migliore
unità dell’epoca nel suo genere. La configurazione rimaneva quella più
pura e godibile per gli alfisti: trazione e cambio al posteriore, motore
in posizione anteriore longitudinale. La 75, infatti, sarebbe stata
l’ultima Alfa Romeo a presentare questa disposizione meccanica, definita
“Transaxle” e anche questo ha certamente contribuito a regalarle un
posto speciale nel cuore dei più integralisti, che ancora oggi la
considerano l’ultima Alfa sportiva della storia.
Anche gli interni riecheggiavano i fasti della Casa. Il design appariva
addirittura futuristico, con evidenti richiami al mondo
dell’aeronautica, mentre la ricchezza della strumentazione di bordo
celava la parentela con la Giulietta e faceva felici i piloti più
esigenti.
A
rendere entusiasti i virtuosi del volante, in realtà, contribuiva
soprattutto l’eccezionale distribuzione dei pesi, ripartita in egual
misura tra asse anteriore ed asse posteriore. Ciò conferiva alla vettura
un assetto tendenzialmente neutro, senza propensione al sottosterzo o al
sovrasterzo.
Il retrotreno presentava la configurazione De Dion e i freni a disco
erano posizionati vicino al differenziale, invece che alla fine
dell’asse, in prossimità delle ruote, in modo da ridurre al minimo le
masse non sospese, le più insidiose per la dinamica del veicolo.
La tenuta di strada era coerente con gli standard del periodo.
Certamente oggi quei piccoli pneumatici da quattordici pollici fanno
impallidire se confrontati con quelli più moderni, ma queste erano le
tendenze di allora e anche la concorrenza si muoveva in modo analogo.
Quando, nel 1992, cessò la produzione della 75 si spense con lei anche
un pezzo di Alfa Romeo. La Casa era entrata nell’orbita Fiat e, dalla
metà degli anni ’90, la logica delle sinergie avrebbe portato a
costruire vetture sempre più prive di una chiara identità stilistica e
meccanica, a tutto vantaggio del risparmio dei costi di produzione.
Ancora oggi, dunque, la 75 è presente nei raduni, in alcune scuole di
pilotaggio e, naturalmente, nel box dei tanti “fedeli”. Furono
trecentonovantamila le vetture prodotte in totale e questo è davvero
tutto un successo della creatività nostrana, diciamo un successo
“Italian Style”…
(Ago. 2010)
Roberto Maurelli |