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Biodiversità e attività antropiche

di Anna Maria Minniti

 

Il termine biodiversità o diversità biologica è stato reso noto dal libro “Biodiversity” del biologo Edward O. Wilson, pubblicato nel 1988 e indica l'insieme della diversità delle forme viventi presenti sul nostro pianeta e la loro distribuzione nel globo terracqueo.

È, anche, definita come il numero delle specie presenti in un certo ambiente ma si tratta di un concetto riduttivo poiché la biodiversità non può essere identificata con un singolo numero.

Essa include le variazioni a tutti i livelli della materia vivente dai geni, alle specie e agli ecosistemi che includono i fattori fisico-chimici che condizionano la vita degli organismi.

Pertanto, il termine  biodiversità comprende, la diversità genetica  di una popolazione, il numero e la distribuzione delle specie in una certa area, i vari gruppi funzionali che costituiscono l’ecosistema, distinti in produttori, consumatori e decompositori in funzione della loro capacità di utilizzare l’energia solare  per sintetizzare i carboidrati. Gli organismi animali e vegetali sono distribuiti sul nostro pianeta Terra in modo caratteristico e differente secondo un processo evolutivo che è durato milioni di anni e che ha determinato la sopravvivenza degli esseri viventi con un corredo genetico compatibile alle nuove condizioni di vita che le mutazioni avevano instaurato negli ecosistemi e la contemporanea scomparsa delle specie geneticamente più “deboli”. La selezione naturale ha creato un equilibrio negli ambienti tra le specie che si sono estinte e quelle nuove che risono generate. Attualmente, sono state classificate più di un milione di specie ma è stato quantificato un numero molto superiore. Negli ultimi decenni, la biodiversità è stata costantemente messa in pericolo dalle attività antropiche come la deforestazione, l'utilizzo di sconsiderate pratiche agricole, l'inquinamento dell'acqua, dell'aria e dei suoli, lo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali.

L'uomo ha alterato profondamente l'ambiente trasformando il territorio, modificando i cicli naturali, sfruttando in maniera sconsiderata per motivi di lucro le risorse e le molte specie animali mediante la caccia e la pesca. Basti pensare agli elefanti uccisi per l’avorio delle loro zanne o al rinoceronte al cui corno vengono attribuite inesistenti proprietà afrodisiache o alle balene di cui continua la mattanza pur essendo protette. Tuttavia solo, recentemente, che l’uomo ha iniziato a comprendere che la perdita della biodiversità è un problema serio da affrontare con il massimo impegno e celerità poiché dal suo mantenimento dipende la sopravvivenza dell’intera umanità stessa.

Molte specie di animali e di piante sono in pericolo e, perfino, in via di estinzione. L'estinzione è stato un processo naturale che ha portato alla selezione delle specie geneticamente più adatte alla situazione che si è venuta a creare in un certo habitat e che ha permesso la distribuzione delle specie giunte fino ai nostri tempi. Il problema è stato creato dalle attività umane che hanno accelerato e sconvolto un processo naturale. Gli scienziati hanno stimato che il tasso attuale di estinzione è 100-1000 volte superiore a quello precedente la comparsa dell'uomo e sostengono che il 10-20% delle specie attualmente viventi sul pianeta si estingueranno nei prossimi 20-50 anni.

Si è calcolato che l’impronta ecologica dell’umanità ha superato del 30% la capacità  del Pianeta e se questa richiesta continuerà a crescere con questa velocità si prevede che, nel decennio 2030-2040, ci sarà bisogno di “due pianeti Terra per appagare la richiesta di risorse naturali e sopportare la produzione di materiali di rifiuto dell’uomo”, deduzione del Living Planet Report 2008 del WWF.Generalmente,  si pensa che le specie che si stanno estinguendo o che sono a rischio di estinzione siano solo quelle dei territori lontani dall’Italia come il rinoceronte nero, l'elefante africano, il panda gigante, il dodo e tanti altri ma, anche, in Italia ci sono molte specie che sono destinate a scomparire come il lupo, la lince, l'orso bruno, lo stambecco, il cervo sardo, la foca monaca, la lontra, l'aquila reale, il gipeto, il grifone, il gallo cedrone, la starna.

Questa perdita di biodiversità deve far riflettere e prendere coscienza che ogni essere vivente, sia che viva in un territorio vicino che in uno lontano, ha un suo ruolo all’interno dell’ecosistema e che la vita degli esseri umani dipende anche dalla loro. La principale minaccia alla biodiversità, come già evidenziato, è l’uomo. Ha introdotto specie alloctone, cioè specie originarie di altre aree geografiche, che non sono adatte alle condizioni di vita del nuovo ecosistema.

Le specie indigene hanno impiegato milioni di anni per raggiungere gli equilibri che gli permettessero di coesistere all'interno di determinati territori caratterizzati da specifiche condizioni fisiche, chimiche e climatiche. L'introduzione di specie estranee rappresenta sempre un pericolo a causa della competizione per risorse, del rapporto preda-predatore sbilanciato in favore alla specie introdotta e alla diffusione di nuove malattie in quel ecosistema. Inoltre, non bisogna trascurare i danni che molte specie introdotte possono arrecare alla vegetazione naturale, alle coltivazioni e alla zootecnia. Si possono citare alcuni esempi per far comprendere l’effetto sugli ecosistemi di azioni in apparenza innocue come il caso della vongola verace orientale, o vongola filippina (Tapes philippinarum), che ha portato in molte zone alla scomparsa della specie autoctona (Tapes decussatus), e quello dello scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), di importazione nordamericana, che sta soppiantando lo scoiattolo rosso europeo (Sciurus vulgaris). Grande rilievo è l’inquinamento proveniente dagli scarichi industriali che ha introdotto sostanze chimiche altamente tossiche e cancerogene nelle acque superficiali e nel suolo nonché dagli carichi civili e dalle attività agricole che, impiegando insetticidi, pesticidi e diserbanti, hanno alterano profondamente la costituzione dei suoli.

Le profonde alterazioni del pianeta provocate, sia a livello locale che globale, dalle attività umane e dal progresso hanno determinato profonde conseguenze sugli ecosistemi. Pensare che garantire un'elevata biodiversità non sia rilevante per la vita dell’uomo è un grave errore poiché  interessa la qualità della vita e la sopravvivenza di ciascuno individuo. La biodiversità ha un valore diretto costituito dai beni e dai servizi che fornisce alla società e che sono costantemente e “meccanicamente” utilizzati mediante l'agricoltura, la pesca, la caccia e la raccolta del legname. L'alterazione della funzionalità degli ecosistemi ha un impatto economico diretto nel ridurre la quantità di cibo, di acqua, di aria e di risorse naturali disponibili. L'Italia è fra i paesi più ricchi di biodiversità in Europa, ma sono a rischio di estinzione ben 138 specie.

Le Nazioni Unite e la Comunità Europea hanno adottato diverse iniziative per la salvaguardia delle specie viventi e degli habitat naturali. La Convenzione sulla Biodiversità o Convention on Biological Diversity, firmata a Rio De Janeiro nel 1992, dai rappresentanti di molte nazioni ha sancito l'intrinseco valore e l'enorme importanza della conservazione della biodiversità sul pianeta Terra, riconoscendo che essa costituisce un vero e proprio valore per l'intera umanità. L’ I.U.C.N., Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ha identificato una "Red List Categories", ossia la lista delle specie in pericolo di estinzione. Attualmente, circa 1150 su 5487 delle specie di mammiferi sono a rischio di scomparsa mentre solo il 5% di specie minacciate è in incremento grazie ad opportuni programmi di conservazione. Il governo italiano ha ratificato la Convenzione sulla Biodiversità con la legge 124/1994. Nel 2010 è stata adottata la Strategia Nazionale per la Biodiversità.

 

Anna Maria Minniti

 


 

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