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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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LA DEFORESTAZIONE: IL PREZZO DA PAGARE PER LA GLOBALIZZAZIONE?

di Claudia Gianpietro

 

I fattori che spingono alle deforestazione nel XXI secolo sono cambiati, e si legano alla crescita delle città e agli scambi agricoli internazionali.

La deforestazione è uno dei problemi più gravi degli ultimi decenni, specie da quando si sa che può esasperare il cambiamento climatico.

Gli studi di fine secolo, in genere, la accostavano alla crescita delle popolazioni rurali, con le nuove strade realizzate attraverso le foreste e le zone disboscate per agricoltura di sussistenza. Da allora, gli abitanti delle campagne si sono riversati nelle città alla ricerca di una vita migliore.

Nelle zone rurali sono arrivate le grandi aziende agricole, cresciute ad assorbire anche nuove superfici di foresta, per alimentare sia le popolazioni urbane locali che i sempre più vasti mercati internazionali.

Fra le aree più calde di disboscamento a scala industriale compaiono il Brasile, l’Indonesia e la Cambogia: paesi dove a differenza di tanti altri esiste ancora una considerevole superficie forestale disponibile. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, quasi tutta la crescita di popolazione dei prossimi 40 anni avverrà nelle città, dove entro il 2050 risiederà per tre quarti la popolazione mondiale.

In occasione del World Environment Day 2011, (Giornata Mondiale dell'Ambiente), l'Agenzia Onu per l'Ambiente ha proposto come tema dell'anno le foreste e come protagonista assoluta l'India.

In India vivono 1,2 miliardi di abitanti, si assiste ad un'urbanizzazione incontrollata, una forte industrializzazione e un'intensificazione massiccia dell'agricoltura. Contestualmente avvengono forti cambiamenti climatici dovuti, peraltro, alla deforestazione, all’inquinamento, alla perdita delle risorse idriche e all’incontrollato commercio di fauna selvatica.

In generale, secondo l'Onu, di oltre 1,6 miliardi di persone che dipendono direttamente dalle foreste, circa 60 milioni appartengono a comunità autoctone e locali, senza risorse economiche. Sempre secondo dati ONU, circa 13 milioni di ettari di boschi sono abbattuti ogni anno a causa dello sviluppo urbanistico o per esigenze agricole.

L'Anno Internazionale delle Foreste vuole accrescere la consapevolezza e promuovere un'azione globale per la gestione, conservazione e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste.

La deforestazione non è altro che la riduzione delle aree verdi naturali della Terra. Questo è uno dei principali problemi ambientali del mondo contemporaneo. La presenza delle foreste gioca un ruolo di grande importanza per il mantenimento degli equilibri dell'ecosistema.

I motivi che portano alla deforestazione sono molteplici: interessi commerciali per il legname, sfruttamento di giacimenti minerari, urbanizzazione e uso del territorio per l’agricoltura o per il pascolo.

Viviamo in un mondo in cui l'economia agisce a livello planetario. La chiamano “globalizzazione”.
Ma la globalizzazione, dunque, è un bene o un male? Rappresenta la promessa di maggiore libertà e benessere per i cittadini di tutto il mondo, o costituisce un pericolo, perché favorisce l'omogeneizzazione culturale, l'omologazione consumista, la fine delle particolarità culturali, dell'identità dei popoli e della ricchezza delle tradizioni locali?

La globalizzazione è nata con lo straordinario sviluppo dei trasporti, delle comunicazioni e delle telematiche che hanno reso il pianeta sempre più interdipendente.

L’urbanizzazione delle grandi città non è quantificabile per via clandestinità. Una parte dell’opinione pubblica ritiene che le persone immigrate rappresentano una minaccia poiché alimentano la criminalità. Altri ritengono che le integrazioni possano essere portatrici di nuovi valori, vitali e culturali.

Molti ambientalisti si oppongono alla globalizzazione e alle leggi di mercato. La motivazione è quella che quando il liberismo economico si diffonde a quei Paesi che non hanno la possibilità di difendere i più fondamentali valori umani, questi vengono brutalmente calpestati in nome dell'unico valore che rimane: la crescita economica.
Che cosa bisogna fare? Alzare di nuovo delle barriere per impedire gli scambi e soffocare il mercato?

Tra le cose che i Paesi integrati nell'economia globale possono fare, ci sono innanzi tutto quelle che riguardano un uso più efficiente delle risorse.
Usare in modo più efficiente le risorse primarie, è tanto più conveniente quanto più queste sono limitate e costose.

La situazione dell'ambiente è davanti ad un bivio: nei prossimi anni può peggiorare moltissimo, ma anche migliorare moltissimo: tutto dipenderà dal grado di consapevolezza e di attenzione degli abitanti del "villaggio globale".

Da molto tempo è noto quanto il comportamento degli individui possa migliorare le condizioni dell’ambiente. Acquisti orientati nei confronti di merci di maggiore qualità ecologica, riduzione dei consumi energetici attraverso una gestione oculata degli impianti e degli elettrodomestici, riduzione delle emissioni, sostituzione a livello privato dell’energia da fonti fossili con quelle rinnovabili.

Il discernimento per individuare azioni sostenibili è la verifica della loro capacità almeno di:

ridurre i consumi, controllare l’incremento demografico, monitorare l’espansione urbana, conservare la naturalità,  mantenere la diversità naturale e culturale, riciclare le merci, sostenere l’artigianato e la produzione locale, sostenere l’equilibrio insediamento-risorse a livello locale perseguendo l’autonomia economica delle comunità, sostenere le culture locali, le lingue, le capacità tecniche, sostenere mobilità e produzione energetica alternative da fonti rinnovabili.

Ma queste azioni non sono compatibili con l’attuale struttura economica e sociale in quanto riducono le quantità, smaterializzano i beni, rendono partecipi gli individui delle dinamiche sociali che li riguardano, concretizzano il senso critico in azione, sviluppano la consapevolezza di ciascuno e la solidarietà tra gli individui, promuovono la partecipazione diretta alla gestione della società.

Al contrario si adattano precisamente ai caratteri di una società libertaria.

Claudia Gianpietro

 

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