LA DEFORESTAZIONE: IL PREZZO DA PAGARE PER LA
GLOBALIZZAZIONE?
di Claudia Gianpietro
I fattori che
spingono alle deforestazione nel XXI secolo sono cambiati, e si legano
alla crescita delle città e agli scambi agricoli internazionali.
La
deforestazione è uno dei problemi più gravi degli ultimi decenni, specie
da quando si sa che può esasperare il cambiamento climatico.
Gli studi di
fine secolo, in genere, la accostavano alla crescita delle popolazioni
rurali, con le nuove strade realizzate attraverso le foreste e le zone
disboscate per agricoltura di sussistenza. Da allora, gli abitanti delle
campagne si sono riversati nelle città alla ricerca di una vita
migliore.
Nelle zone
rurali sono arrivate le grandi aziende agricole, cresciute ad assorbire
anche nuove superfici di foresta, per alimentare sia le popolazioni
urbane locali che i sempre più vasti mercati internazionali.
Fra le aree
più calde di disboscamento a scala industriale compaiono il Brasile,
l’Indonesia e la Cambogia: paesi dove a differenza di tanti altri esiste
ancora una considerevole superficie forestale disponibile. Secondo le
proiezioni delle Nazioni Unite, quasi tutta la crescita di popolazione
dei prossimi 40 anni avverrà nelle città, dove entro il 2050 risiederà
per tre quarti la popolazione mondiale.
In occasione del World Environment Day 2011, (Giornata
Mondiale dell'Ambiente), l'Agenzia Onu per l'Ambiente ha proposto come
tema dell'anno le foreste e come protagonista assoluta l'India.
In India vivono 1,2 miliardi di abitanti, si assiste ad
un'urbanizzazione incontrollata, una forte industrializzazione e
un'intensificazione massiccia dell'agricoltura. Contestualmente
avvengono forti cambiamenti climatici dovuti, peraltro, alla
deforestazione, all’inquinamento, alla perdita delle risorse idriche e
all’incontrollato commercio di fauna selvatica.
In generale, secondo l'Onu, di oltre 1,6 miliardi di
persone che dipendono direttamente dalle foreste, circa 60 milioni
appartengono a comunità autoctone e locali, senza risorse economiche.
Sempre secondo dati ONU, circa 13 milioni di ettari di boschi sono
abbattuti ogni anno a causa dello sviluppo urbanistico o per esigenze
agricole.
L'Anno Internazionale delle Foreste vuole accrescere la
consapevolezza e promuovere un'azione globale per la gestione,
conservazione e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste.
La deforestazione non è altro che la riduzione delle aree
verdi naturali della Terra. Questo è uno dei principali problemi
ambientali del mondo contemporaneo. La presenza delle foreste gioca un
ruolo di grande importanza per il mantenimento degli equilibri
dell'ecosistema.
I motivi che
portano alla deforestazione sono molteplici: interessi commerciali per
il legname, sfruttamento di giacimenti minerari, urbanizzazione e uso
del territorio per l’agricoltura o per il pascolo.
Viviamo in un
mondo in cui l'economia agisce a livello planetario. La chiamano
“globalizzazione”.
Ma la globalizzazione, dunque, è un bene o un male? Rappresenta la
promessa di maggiore libertà e benessere per i cittadini di tutto il
mondo, o costituisce un pericolo, perché favorisce l'omogeneizzazione
culturale, l'omologazione consumista, la fine delle particolarità
culturali, dell'identità dei popoli e della ricchezza delle tradizioni
locali?
La globalizzazione è nata con lo straordinario sviluppo
dei trasporti, delle comunicazioni e delle telematiche che hanno reso il
pianeta sempre più interdipendente.
L’urbanizzazione delle grandi città non è quantificabile
per via clandestinità. Una parte dell’opinione pubblica ritiene che le
persone immigrate rappresentano una minaccia poiché alimentano la
criminalità. Altri ritengono che le integrazioni possano essere
portatrici di nuovi valori, vitali e culturali.
Molti ambientalisti si oppongono alla globalizzazione e
alle leggi di mercato. La motivazione è quella che quando il liberismo
economico si diffonde a quei Paesi che non hanno la possibilità di
difendere i più fondamentali valori umani, questi vengono brutalmente
calpestati in nome dell'unico valore che rimane: la crescita economica.
Che cosa bisogna fare? Alzare di nuovo delle barriere per impedire gli
scambi e soffocare il mercato?
Tra le cose che i Paesi integrati nell'economia globale
possono fare, ci sono innanzi tutto quelle che riguardano un uso più
efficiente delle risorse.
Usare in modo più efficiente le risorse primarie, è tanto più
conveniente quanto più queste sono limitate e costose.
La situazione dell'ambiente è davanti ad un bivio: nei
prossimi anni può peggiorare moltissimo, ma anche migliorare moltissimo:
tutto dipenderà dal grado di consapevolezza e di attenzione degli
abitanti del "villaggio globale".
Da molto
tempo è noto quanto il comportamento degli individui possa migliorare le
condizioni dell’ambiente. Acquisti orientati nei confronti di merci di
maggiore qualità ecologica, riduzione dei consumi energetici attraverso
una gestione oculata degli impianti e degli elettrodomestici, riduzione
delle emissioni, sostituzione a livello privato dell’energia da fonti
fossili con quelle rinnovabili.
Il
discernimento per individuare azioni sostenibili è la verifica della
loro capacità almeno di:
ridurre i
consumi, controllare l’incremento demografico, monitorare l’espansione
urbana, conservare la naturalità, mantenere la diversità naturale e
culturale, riciclare le merci, sostenere l’artigianato e la produzione
locale, sostenere l’equilibrio insediamento-risorse a livello locale
perseguendo l’autonomia economica delle comunità, sostenere le culture
locali, le lingue, le capacità tecniche, sostenere mobilità e produzione
energetica alternative da fonti rinnovabili.
Ma queste
azioni non sono compatibili con l’attuale struttura economica e sociale
in quanto riducono le quantità, smaterializzano i beni, rendono
partecipi gli individui delle dinamiche sociali che li riguardano,
concretizzano il senso critico in azione, sviluppano la consapevolezza
di ciascuno e la solidarietà tra gli individui, promuovono la
partecipazione diretta alla gestione della società.
Al contrario
si adattano precisamente ai caratteri di una società libertaria.
Claudia Gianpietro |