ECOMAFIA: IL
NUOVO VOLTO DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
di
Riccardo D'Apruzzo
Il termine ecomafia è un
neologismoitaliano
coniato da
Legambiente
per indicare le attività illegali delle
organizzazioni criminali
che arrecano danni all'ambiente.
Non più sangue, ma crimini silenziosi e invisibili che si
infiltrano nelle maglie
dell'economia e del mercato. Ecco come è cambiato il 'volto'
dell'ecomafia, che negli anni ha adattato la propria strategia
insinuando i suoi tentacoli in qualsiasi traffico, lecito e illecito,
purchè redditizio.
Così, se prima nel
mirino di inquirenti e investigatori c'erano solo gli esponenti
dei clan malavitosi, nel tempo il raggio di azione criminale del settore
si è ampliato 'sfondando' il muro del lecito, e assorbendo al suo
interno uomini d'affari insospettabili e soggetti incensurati.
Una "lenta e graduale trasformazione del fenomeno della
criminalità organizzata
in fenomeno 'imprenditoriale' che ha determinato il passaggio da una
fase di mera violenza e di accumulazione del capitale ad una fase di
gestione più razionale dei proventi illeciti, con un conseguente
spostamento di interessi verso nuovi settori dell'economia".
Per la prima volta nel
1991, con l'Operazione 'Adelphi', vennero accertati
reati in materia commessi su larga scala: sei imprenditori ed
amministratori vennero condannati dalla Settima Sezione del Tribunale di
Napoli per abuso di ufficio e corruzione, ma furono assolti dal reato di
associazione mafiosa. Dal 1994 è stato istituito l'Osservatorio Ambiente
e Legalità da Legambiente in collaborazione con l'Arma dei Carabinieri,
nel '95 è stata istituita la “Commissione parlamentare d'inchiesta sul
ciclo dei rifiuti.
I traffici dei rifiuti e
del cemento, come rilevano da anni la Direzione investigativa
antimafia e il procuratore nazionale Pietro Grasso, costituiscono il
campo d’azione privilegiato degli 'eco-criminali'. L'iniziale
coinvolgimento, in alcune aree, di organizzazioni di stampo mafioso che
avevano a disposizione cave, terreni e manodopera a basso costo, ha
favorito il decollo di un vero e proprio mercato illegale.
Dall'evoluzione di
questo mercato nel tempo, è accaduto che accanto agli
esponenti delle famiglie e delle cosche del malaffare, il mondo dei
rifiuti si è popolato di un'ampia varietà di soggetti che nella maggior
parte dei casi non aveva precedenti criminosi. Imprese legali,
faccendieri, uomini d'affari, operatori del settore dei rifiuti e dei
trasporti e tecnici di laboratorio, che iniziando la propria attività
nell'ambito della legalità sono riusciti a inserirsi nelle maglie
dell'illegale.
L'affare dell’emergenza
rifiuti non è più semplicemente il frutto di un'attività
delinquenziale occasionale, ma è legato a un preciso orientamento di
alcuni settori del mondo produttivo, sia locale che nazionale,
intenzionati a ridurre i costi violando le regole del gioco. Una
violazione che si spinge al di là dei confini nazionali, coinvolgendo
organizzazioni e strutture da un capo all'altro del mondo; e la Cina
pare sia diventato il nuovo "eldorado2 dei traffici internazionali di
rifiuti. Anche l'industria del mattone illegale ha aggredito sempre di
più, le aree soggette a vincoli paesaggistici e ambientali, come le
alleanze tra clan per gestire il business delle corse clandestine di
cavalli.
AREE DI SMALTIMENTO
ABUSIVO
Il sud Italia è l’area
dove la maggior parte di questi rifiuti vanno a finire, in particolare
lungo le cosiddette “rotta adriatica” e “rotta tirrenica”, dal nord
verso la Puglia e verso la Campania-Calabria. Parte dei rifiuti viene
sotterrata in cave abusive, già oggetto di reati ambientali di
escavazione. Nel nord Italia in più casi è stato accertato lo
smaltimento di fanghi tossici come fertilizzanti in campi coltivati. Ma
l’Italia è anche crocevia di traffici internazionali di rifiuti,
provenienti dai paesi europei e destinati in
Nigeria,
Mozambico,
Somalia,
Romania.
Si ipotizza che l’omicidio di
Ilaria Alpi
sia riconducibile a inchieste che la giornalista stava conducendo su
questo tema.
Occorre evidenziare che
le «rotte delle ecomafie», riguardanti le attività del ciclo dei
rifiuti, hanno assunto un carattere sempre più transnazionale. Non solo
dall’Italia, ma da molti Paesi industrializzati come Germania, Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti, partono ogni anno milioni di tonnellate di
rifiuti verso Paesi dell’Africa e dell’Asia, esportando così materiali
che è troppo costoso o complicato smaltire sul proprio territorio
nazionale. Inoltre, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo
dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, ha verificato lo
stretto legame esistente tra il commercio d’armi e il traffico illecito
dei rifiuti. In Somalia, nell’area dell’ex Sahara spagnolo, nella
Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), in Mozambico è stata
appurata l’esistenza di una vera e propria weapon connection,
cioè della cessione, a fazioni in lotta, di armi pagate con la
disponibilità di aree del territorio per lo smaltimento illegale di
rifiuti.
ECOMAFIA E CEMENTO.
UN ALLARME SOCIALE CHE TRAVALICA I CONFINI.
La relazione che
intercorre tra ecomafia e ciclo illegale del cemento, secondo Chiara
Tintori
[5],
ricercatrice presso la facoltà di Scienza Politica dell’Università di
Bologna, conosce la sua origine nelle attività estrattive. La situazione
più drammatica si registra in provincia di Caserta, dove già dal
Rapporto Ecomafia 2003 si registravano circa 220 cave abusive.
Altrettanto critica la situazione della provincia di Salerno, seguita da
quella della Calabria. Sarebbe comunque riduttivo circoscrivere le
preoccupazioni relative al ciclo del cemento al solo Mezzogiorno. È
significativo, infatti, ad esempio, il dato che colloca il Lazio
– sede del governo, di ministeri e Palazzi istituzionali - al
terzo posto tra le Regioni italiane per numero di infrazioni
accertate, dopo Campania e Calabria, nonché il fatto che importanti
inchieste giudiziarie hanno riguardato il Nord-Est, portando alla luce
l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere
specializzata nei furti di sabbia sui fiumi Po, Adige e Brenta, anche in
zone protette.
Dal punto di vista
legislativo, non esiste nessuna norma che preveda esplicitamente il
reato di «coltivazione» abusiva di cava, cosicché quest’ultima
rappresenta il primo passo per compiere altre violazioni in materia
ambientale, come ci ha dimostrato in maniera magistrale Roberto Saviano,
in “Gomorra”
[6],
un libro che tutti dovrebbero leggere per iniziare a comprendere il
fenomeno della criminalità organizzata in Italia e non solo. Infatti, la
cava diventa il luogo ideale dove smaltire rifiuti in modo illecito, far
fluire illegalmente acque inquinate, installare abusivamente tralicci
elettrici, e così via. Attualmente, esiste il pericolo che fenomeni di
ecomafia strettamente collegati al ciclo del cemento conoscano un’ascesa
parallela alla stagione di rilancio delle opere pubbliche.
Concludo l’articolo con questa bella
riflessione di Lewis Mumford, tratta da “La
città nella storia”
(Bompiani 1981), che mi auguro possano leggere comprendere anche i
politici e tutti coloro che si rendono in un modo o nell’altro complici
delle ecomafie, distruggendo il bene comune del pianeta in cui viviamo:
“Nessuno
può servire gli altri senza servire se stesso, e chiunque cerca di
conseguire i suoi fini privati senza servire gli altri fa del male a se
stesso come pure a tutto il mondo intorno. Il motivo è ovvio. Tutti gli
esseri viventi sono parte uno dell’altro così che ogni atto di una
persona ha un’influenza buona o cattiva sul mondo intero. Noi non la
vediamo, miopi come siamo.
L’influenza di un singolo atto individuale
nel mondo può essere trascurabile. Ma questa influenza c’è lo stesso e
una certa consapevolezza di questa verità dovrebbe farci capire la
nostra responsabilità“.(Mag.
2012)
Riccardo
D'Apruzzo |
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