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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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QUALITA’ DELL’ AMBIENTE NELLA ZONA INDUSTRIALE DI SIRACUSA

di Michelina Amato 

 

INTRODUZIONE

I cicli naturali dell’ acqua (fisico e biologico) vengono alterati, talvolta gravemente, dalla presenza dell’ uomo e dalle sue multiformi attività.

A causa della concentrazione in spazi ridotti delle attività antropiche, uno dei problemi più attuali è quello del trasporto e dello smaltimento dei suoi residui fisiologici; tale problema è sempre stato risolto col mezzo di trasporto più semplice ed economico, l’ acqua; da qui nasce il primo tipo di inquinamento idrico: l’ inquinamento di origine domestica.

Lo sviluppo di processi produttivi agricoli ed industriali volti ad una maggiore produttività, non sempre sostenibile da un punto di vista ambientale (incremento dell’ irrigazione artificiale, uso di fertilizzanti sintetici, protezione delle colture con anticrittogamici, insetticidi e diserbanti chimici, consumi smisurati di acqua per le lavorazioni industriali, in particolare lavaggi, produzione di vapore e raffreddamento) ha determinato il depauperamento quantitativo e qualitativo delle riserve idriche della Terra. Dalle acque che lasciano i campi e le industrie risultano così elevate concentrazioni di sostanze nocive che danno luogo all’ inquinamento di origine agricola e di origine industriale.

E’ indiscutibile l’ attualità delle problematiche relative alla gestione della risorsa acqua, considerata a ragione di dimensione planetaria, per i processi di desertificazione, per milioni di abitanti di questo pianeta che sono sprovvisti di acqua  “potabile”, per i conflitti e le disuguaglianze che tutto questo comporta.

Se ciò vale anche per l’ Italia, a maggior ragione vale per alcune regioni del Sud dove non ci sono molte riserve naturali di acqua e, saggezza vorrebbe, che non si facessero troppi sprechi. Vale per i tanti territori locali in cui scelte sbagliate hanno compromesso, a volte in modo definitivo, la disponibilità per la comunità locale della risorsa acqua: un corso d’ acqua scomparso o ridotto a fogna, una falda prosciugata. La natura ha bisogno di acqua per rigenerarsi e garantire la vita sul pianeta. L’ uomo non può fare a meno dell’ acqua per vivere e svilupparsi, si sa infatti che in Italia ogni essere umano ne consuma al giorno più di 200 l. Le attività agricole, turistiche, persino quelle ricreative, hanno bisogno di acqua, senza la quale non esisterebbe alcuna forma di vita.

C’ è bisogno, quindi, di trovare un equilibrio che sia dinamico, cioè capace di garantire la riproducibilità della risorsa idrica. Risorsa che se compromessa diventa limitata e quindi ha bisogno di un’ oculata e sapiente gestione. Una gestione che abbia rispetto e sappia tenere conto di tutto il ciclo dell’ acqua sia naturale che artificiale e cioè di tutto il percorso che essa segue, dalla fase dell’ approvvigionamento a quella dello scarico.

Sono molte le scelte che vengono coinvolte, dai settori produttivi alle modalità con cui si produce, dalla distribuzione alla depurazione, dalle normative agli stili di vita; c’è quindi da mettere in campo conoscenze, comportamenti, valori, innovazioni anche tecnologiche e nuovi approcci culturali.

Nell’ affrontare il problema acqua è utile ispirarsi alla cultura dell’ ambientalismo scientifico, approccio utile per costruire percorsi che affrontano le problematiche del proprio territorio senza soluzioni preconfezionate.

 

LE CAUSE DEL DEGRADO AMBIENTALE E DEL RISCHIO SANITARIO PRESENTI NELL’ AREA INDUSTRIALE DI SIRACUSA

1.Depauperamento della falda idrica - a causa dei massicci emungimenti da parte delle aziende del   

      polo petrolifero - con abbassamento del livello piezometrico di centinaia di metri (punte di 200m)

      rispetto al suo livello iniziale e conseguente intrusione di acqua di mare che ha innalzato la 

     salinità delle acque e reso inutilizzabili molti pozzi

2.      Degrado della qualità dell’ aria per la massiccia presenza di macro e micro – inquinanti emessi dalle industrie. Frequenti fenomeni di inversione termica causata dalla presenza di smog, formazione di ozono, liberazione nell’ aria di idrocarburi e polveri organiche e inorganiche.

3.      Esistenza in zona altamente sismica di diversi impianti a rischio (alcuni dei quali a stretto contatto con l’ abitato di Priolo) con stoccaggio di migliaia di tonnellate di idrocarburi, gas, ammoniaca

4.      Elevata produzione di rifiuti tossico-nocivi (circa 1.300 tonnellate annue) smaltiti più o meno legalmente nelle discariche ubicate sia all’ esterno che all’ interno degli stessi stabilimenti che li producono. Presenza sul territorio di numerose discariche abusive di tossico - nocivi, speciali e urbani. Assoluta carenza di discariche idonee per il corretto smaltimento delle varie tipologie di rifiuti.

5.      Esistenza di una questione  “sanitaria” per i presumibili effetti che l’ inquinamento atmosferico ha sulla salute delle popolazioni. A Priolo il tasso di mortalità per cancro ha punte del 33%, ad Augusta del 27%. Alla fine degli anni “70 si verificano morie di pesci nel porto di Augusta e, a nove mesi di distanza, la nascita di bimbi malformati con tasso notevolmente superiore agli standard nazionali ed a quelli indicati dalla OMS (tasso che rimane sempre in modo allarmante superiore allo standard). Il rischio a cui sono sottoposte le popolazioni è inaccettabile, ma ancor più inaccettabile è la filosofia con la quale le istituzioni  vorrebbero affrontarlo.

 

RISCHIO TRASPORTI:

Attorno alla linea ferroviaria che congiunge Augusta con Siracusa sono sorti attorno agli impianti industriali ad alto rischio. Anziché delocalizzare questi impianti o adottare tecnologie produttive meno pericolose, si tendeva a superare il problema spostando la linea ferrata (con esborso ingentissimo a carico della collettività).

Sulla statale che attraversa la zona industriale transitano mensilmente circa 6.000 autoveicoli pesanti e ferrocisterne che trasportano prodotti infiammabili e / o tossico-nocivi.

Nel Piano di Risanamento Ambientale l’ indice di frequenza di accadimento di un incidente rilevante, collegato con l’ elevato traffico di navi petroliere e gasiere nei porti di Augusta e di S. Panaria, è considerato prossimo allo zero (1,3 x 10 -5  x  movimento nave in prossimità dell’ area portuale), mentre leggermente più consistente è valutato quello legato ad un possibile versamento in mare di sostanze inquinanti.

 

RISCHIO SISMICO

Mentre la comunità scientifica è pienamente consapevole del rischio sismico a cui è soggetta questa parte della Sicilia (attualmente classificata S9, quando andrebbe classificata S11 !) ed i cittadini hanno sperimentato sulla propria pelle gli effetti di questa elevata sismicità con il terremoto del 13 Dicembre 1990 ad oggi non è stato fatto abbastanza anche in forma di prevenzione antisismica.

Il piano di risanamento ambientale ha recepito la richiesta delle associazioni ambientaliste di provvedere all’ adeguamento antisismico degli impianti industriali .

 

RISCHIO SANITARIO

Per quanto riguarda i dati epidemiologici, nel recente studio sulla mortalità negli anni 1990 - ’94 l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ritrovato tra la popolazione residente nei sei comuni nel raggio di 39 Km dell’ area Augusta - Priolo, eccessi di mortalità tra gli uomini per tutte le cause tumorali pari al 10 % in più rispetto alla media regionale (1127 casi osservati, contro i 1024,5 attesi). In particolare, per il tumore polmonare l’ eccesso è pari a circa il 20% (340 casi osservati, rispetto ai 284,3 attesi) e significativo è anche l’ eccesso per il tumore alla pleura ( più del doppio, con 17 casi osservati). L’ analisi dei trend temporali dal 1981 al 1994 mette in evidenza un aumento degli eccessi rispetto ai riferimenti nazionali, sia per la mortalità generale che per alcune patologie, come tutti i tumori, e il tumore polmonare; in particolare gli eccessi di mortalità per tumore pleurico raddoppia per gli uomini e triplica per le donne. Per quanto riguarda gli studi generazionali, sia per le donne che per gli uomini, si rileva per la mortalità per tumori polmonari un rischio cumulativo quasi raddoppiato della generazione del 1920 a quella del 1940 (dal 3,35% al 6,58%), fatto che, come dichiarato nello stesso studio “fa prevedere il persistere di rischi elevati negli anni futuri”.

Legambiente ha più volte sottolineato il fatto che le strutture sanitarie di emergenza sono inadeguate rispetto ai rischi potenziali dell’ area                                                                                          

 

RISCHIO INDUSTRIALE

Dal 1988 (anno di recepimento della direttiva di Seveso) ad oggi nessuno dei rischi connessi  con gli impianti industriali è stato depotenziato. Paradossalmente il rischio è aumentato, infatti, lo spostamento dello stoccaggio serbatoi dall’ area SG14, più volte richiesto da Legambiente e sancito nel 1991 da un decreto del Ministro Ruffolo, non è mai stato avviato nonostante questa emergenza sia stata recepita tra gli obbiettivi del Piano di Risanamento. La  chiusura dello stabilimento  Agrimont non ha però comportato la dismissione dello stoccaggio di ammoniaca. I serbatoi restano in attività e fungono da polmone per Gela con il rischio aggiuntivo collegato al trasporto dell’ ammoniaca  su ferrocisterne.

Agli inizi dell’ anno 2001 Enichem ha presentato il suo progetto per la bonifica dell’ area  SG14 con l’ allontanamento ed interramento dei serbatoi di gas e la definitiva dismissione dei serbatoi criogenici di ammoniaca.

Tra i rischi ignorati dal Piano di Risanamento vi è anche quello costituito dal trasporto dell’ acido fluoridrico (utilizzato quale catalizzatore in impianti delle raffinerie Esso e Condea) su ferrocisterna che dal Nord Italia giungono fino agli stabilimenti. Secondo Legambiente queste spedizioni sarebbe opportuno effettuarle via mare perché meno rischioso.

E’ di vitale importanza l’ attenzione per gli incidenti con incendi, esplosioni , formazioni di nubi tossiche, su navi petroliere, gasiere e chemichiere che caricano o scaricano presso i pontili della rada di Augusta e Priolo. Per esempio, il pontile Enichem, ubicato fuori dalla diga foranea di Augusta è solo a qualche centinaio di metri dall’ abitato di Priolo. Nel 1999 la fuoriuscita di gas dalla valvola di sicurezza di una nave provocò un grave allarme nella popolazione.

Permangono tutte le situazioni di potenziale pericolo per la popolazione residente a Priolo entro il raggio di incidenza degli incidenti rilevanti. Entro questo raggio si sono recentemente costruite scuole ed in prossimità si è realizzato il nuovo impianto Air Liquid per la produzione di 2000 tonnellate / giorno di ossigeno liquido. Le previsioni della legge 175/88 (direttiva Seveso) e successive rimangono inapplicate sia per ciò che concerne il piano di emergenza esterna sia per quanto riguarda l’ informazione ai cittadini che rimangono sempre più inconsapevoli di quali sono i rischi e di come bisognerebbe comportarsi in caso d’ incidente.

 

FASE SPERIMENTALE

La ricerca è stata suddivisa in quattro fasi:

1.      Individuazione dei corpi idrici a seguito di sopralluogo nella zona industriale

2.      prelievo dei campioni di acqua dai corpi idrici interessati alla  ricerca

3.      analisi chimica e microbiologica dell’ acqua

4.      elaborazione dei dati e redazione della relazione finale

L’ individuazione dei corpi idrici da analizzare è stata condotta con la collaborazione della Lipu, ente gestore dell’ oasi naturalistica  “Saline di Priolo”

1.      la prima scelta è ricaduta proprio sulle Saline di Priolo in quanto area protetta sita nel cuore della zona industriale di Priolo ed importante stazione ornitologica della provincia di Siracusa per la sosta stagionale di numerose specie migratorie.

2.      La seconda scelta è ricaduta sul  torrente Cannolo, sito anch’esso nel territorio comunale di Priolo, le cui acque ricevono lo scarico di reflui industriali e fognari, e che sfocia nel tratto di mare che lambisce a nord la penisola di Magnisi, importante sito archeologico  di grande interesse per la presenza dei resti di un villaggio preistorico (XVI-XIV secolo a. C.) di assoluta importanza archeologica.

 

CAMPIONAMENTO             

L’ operazione del prelievo del campione è una delle più delicate dell’ intero processo analitico. A tal proposito sono state utilizzate bottiglie di polietilene, lavate con un detergente commerciale, sciacquate con acqua distillata e con tappo a tenuta.

Il prelievo di campioni d’ acqua dalle saline di Priolo non è risultato particolarmente complicato in quanto la riva è facilmente raggiungibile.

Per quanto riguarda il prelievo d’ acqua dal canale di scolo è necessario utilizzare una pertica lunga circa  4 m, all’ estremità della quale è fissata una bottiglia che deve immergersi ad una profondità di circa 10 cm, a causa dell’ inaccessibilità della riva, per la presenza di canne fluviali e rovi.

 

ANALISI MICROBIOLOGICA DELLE ACQUE

Per l’ analisi microbiologica dell’acqua si può utilizzare la tecnica di filtrazione su membrana. La suddetta procedura è particolarmente semplice e vantaggiosa. Essa consiste nella filtrazione dell’ acqua attraverso membrane filtranti, dotate di pori da 0,45 μm, in grado di trattenere batteri presenti nel filtrato. Per lo sviluppo delle colonie e la loro conta successiva è sufficiente porre il filtro con i batteri intrappolati direttamente su un terreno di coltura specifico adatto alla loro crescita ed incubare a temperatura idonea per 24-48 ore. Impiegando un terreno selettivo è possibile determinare il numero dei coliformi e di certe altre specie batteriche presenti nel campione. Questa tecnica consente inoltre di effettuare l’ isolamento diretto di alcuni batteri, come Salmonella, anche quando sono presenti soltanto in piccole quantità. La ricerca dei coliformi fetali ha dato per la conta delle colonie un valore pari a  500UFC/100ml per l’ acqua pantano e 250UFC/100ml per l’ acqua del canale di scolo.

 

ANALISI CHIMICHE E FISICHE DELLE ACQUE

I parametri fondamentali da determinare sono diversi; ma anche nella determinazione dei parametri  comuni alle acque “pulite” e “sporche”, si seguono  a volte metodi differenti, sia per timore di interferenze, sia anche perché il significato di un medesimo parametro non è lo stesso nei due casi.

Proprio per la possibilità di interferenze in questo tipo di acque è sempre indispensabile conoscere a fondo l’ origine dei liquami e, quando si tratta di residui industriali, occorre sapere quali materie prime siano impiegate nelle lavorazioni.

Considerato che l’ acqua in esame non è da destinare al consumo umano, sono considerati solo i parametri in grado di mettere in luce la presenza d’ inquinanti ritenuti presenti nelle zone in esame:

1.      Temperatura, parametro fisico di notevole interesse, una sua variazione può alterare, anche in modo irreversibile, gli equilibri chimici e biochimici dell’ acqua. Per le acque sorgive la misura della T fornisce preziose indicazioni sulle caratteristiche della falda, un valore costante della sorgente testimonia un’ origine profonda che non risente cioè delle variazioni né diurne, né stagionali della temperatura esterna. Al contrario le acque di falda freatica e ancor più quelle superficiali sono soggette ad escursioni termiche più o meno ampie. Valori normali di temperatura di una buona acqua potabile sono compresi tra i 9 ed i 12 °C, ma sono comunque tollerate temperature sino a 25 °C, valori superiori sono indizio di inquinamento termico, di cui le cause più frequenti risiedono negli scarichi caldi delle acque di raffreddamento, prodotti dalle industrie (valido soprattutto per le acque superficiali). Questo fatto si ripercuote sfavorevolmente sul bilancio dell’ ossigeno, con tutte le conseguenze negative che il fatto può comportare, sia direttamente, a causa della diminuita solubilità, sia indirettamente, attraverso il maggior consumo di ossigeno che l’ aumentato metabolismo della flora acquatica comporta.

2.      pH (attività idrogenionica), detto anche  “esponente di idrogeno”, rappresenta il cologaritmo dell’ attività degli idrogeni presenti in soluzione. Il pH esprime efficacemente le proprietà dell’ acqua derivanti dall’ attività idrogenionica, ma non tiene conto della quantità e della qualità delle sostanze che concorrono alla definizione del suo valore.

3.      conducibilità elettrica specifica, definita l’ inverso della resistenza elettrica che una soluzione elettrolitica presenta al passaggio della corrente, quando viene interposta tra due elettrodi. Questo parametro dipende dalle componenti ioniche dell’ acqua e costituisce una misura del suo contenuto salino. La sua determinazione viene effettuata mediante  i conduttometri. Il valore viene espresso in  μS/cm,  nella maggior parte delle acque naturali è compreso tra 100 e 1000, ma non sono rare le acque che presentano valori esterni a questo intervallo. Non interferiscono nella misura il colore della soluzione, la torbidità, la presenza di sostanze colloidali, ossidanti e riducenti; alcuni prodotti però, come grassi, oli e particolari sostanze possono depositarsi sugli elettrodi, con serie conseguenze.

4.      solidi sospesi totali, sostanze che si possono separare mediante mezzi meccanici energetici (filtrazione sotto vuoto o, meglio centrifugazione) dalla fase liquida, che deve rimanere limpida. Questa determinazione si può effettuare centrifugando l’ acqua che si vuole esaminare, sifonando il liquido surnatante e raccogliendo le sostanze solide che successivamente si essiccano in stufa, raffreddate in essiccatore e pesate. In seguito si effettua la calcinazione in muffola e si determina per pesata il contributo delle sostanze inorganiche ed organiche alla quantità totale dei solidi sospesi i cui risultati si esprimono in mg/l.

5.      solidi sedimentabili,  si cerca di riprodurre fedelmente la condizione esistente in un bacino di sedimentazione e si determina il volume delle sostanze sedimentabili in due ore sul fondo del recipiente. A tal fine si utilizza un cono Imhoff tarato, dalla capacità di un litro e si esprime il risultato in ml di sostanze sedimentabili per un litro d’ acqua in due ore.   

6.      COD, le sostanze organiche vengono ossidate a caldo con bicromato in ambiente acido, usando il solfato d’ argento come catalizzatore. Per evitare l’ ossidazione dei cloruri  (in quanto questa  non avviene nei corpi idrici naturali), il campione deve essere addizionato di solfato di mercurio; un refrigerante a ricadere che evita la perdita di sostanze volatili e mantiene costanti nel tempo  (2 ore) le condizioni di reazione. Il risultato si esprime in mg/l di ossigeno consumato.

7.      solfati, presenti nelle acque piovane in seguito alle emissioni in mare di fiumi carichi di acido solfidrico, anidride solforosa e solforica di origine vulcanica e industriale. Tutte le forme di zolfo sono destinate prima o poi a essere ossidate ad anidride solforica e a precipitare sul terreno come acido solforico presente nell’ acqua piovana o, in generale, nelle deposizioni acide. Altre fonti di solfati sono il dilavamento di terreni sulfurei e gessosi. I solfati vengono determinati formando dapprima un precipitato di solfato di bario per reazione con cloruro di bario e misurando la radiazione diffusa con spettrofotometro. Il precipitato viene mantenuto in sospensione in una soluzione idroalcolica di glicerina e cloruro di sodio in ambiente acido. In queste condizioni la sospensione  è sufficientemente stabile da diffondere in modo omogeneo  le radiazioni che la colpiscono. Le misure che si ottengono in questo modo sono sufficientemente precise ed accurate. Infine la concentrazione viene determinata in riferimento ad una retta di taratura.

8.      azoto nitrico (metodo spettrofotometrico), determinando i nitrati  presenti nelle acque e derivanti dall’ inquinamento biologico dovuto agli agglomerati urbani, dai liquami provenienti dai rifiuti, dai fertilizzanti in agricoltura, dagli scarichi di alcune industrie e dai processi di combustione. I nitrati, in condizioni normali eliminati con le urine, rappresentano un pericolo per l’ uomo se messi nella condizione di essere ridotti a nitriti, che possono causare metaemoglobinemia (soprattutto negli anziani). Inoltre, i nitriti se reagiscono con alcune ammine possono produrre nitrosamine che sono cancerogene.  I nitrati reagiscono con la brucina (alcaloide derivato dalla stricnina), producendo un composto di ossidazione rosso instabile, che dopo un certo tempo assume una colorazione gialla. Entrambi i composti possono essere utilizzati per la determinazione colorimetrica, espressa in mg/l di NO3 -

9.      azoto nitroso, determinazione dei nitriti (Metodo colorimetrico di Griess), l’acido solfanilico viene diazotato dai nitriti presenti nelle acque e il diazocomposto così ottenuto , con la α-naftilammina, porta ad un colorante azoico rosso il cui massimo assorbimento è a 520nm ed il parametro è espresso in mg/l di NO2 -  

10.  azoto ammoniacale (Metodo colorimetrico di Nessler), l’ ammoniaca forma con il Reattivo di Nessler un precipitato bruno che, per tracce di ammoniaca resta in soluzione colloidale gialla. Le misure di assorbanza vengono effettuate a 420 nm ed il risultato è espresso in mg/l  di ione ammonio.

11.  fosfati (Metodo spettrofotometrico) presenti nell’ acqua vengono trattati con molibdato ammonico e trasformati in fosfomolibdato, che in concentrazioni di 1mg/l ha una debole colorazione gialla o è incolore. Trattato con riducenti quali acido ascorbico, idrochinone, cloruro stannoso, si trasforma in blu di  molibdeno. Le letture spettrofotometriche effettuate nella banda tra 650 e 800 nm  esprimono il relativo parametro in mg/l di P2O5. 

12.  tensioattivi anionici, determinati col metodo al blu di metilene che forma un composto azzurro, che può essere estratto con il cloroformio e dosato spettrofotometricamente a 650 nm. Quando tali sostanze sono presenti, l’ acqua in superficie presenta abbondante schiuma, proveniente da attività domestiche ed industriali.

 

RISULTATI E DISCUSSIONI           

I risultati dell’ analisi microbiologica dimostrano la presenza di scarichi fognari non controllati in entrambi i casi dei due corsi d’ acqua analizzati; anche l’ analisi chimica evidenzia una marcata alterazione delle acque, il dato più evidente è l’ elevato valore di COD, ovvero della quantità di ossigeno necessaria per ossidare tutte le sostanze contenute nell’ acqua, a dimostrazione di sversamento negli alvei dei corsi di acqua  di sostanze provenienti da attività industriali e/ o domestiche.

 Sarebbe auspicabile una maggiore attenzione per un’ area così provata da anni di sfruttamento e di attività a pesante impatto sull’ ambiente  e sulla salute della popolazione residente.

Un maggiore controllo da parte di tutti i soggetti interessati, può ridurre il degrado ed il disagio presenti nell’ area e sopportati dai residenti.

Il nuovo modello di sviluppo sostenibile che si sta facendo strada nella provincia di Siracusa, imperniato soprattutto su turismo e agricoltura di qualità è a ridotto impatto ambientale.

 

TUTELARE LE ACQUE E CONTROLLARE I TRASPORTI MARITTIMI

La prima applicazione del decreto legislativo n. 152/99  mostra che la qualità delle nostre acque, nel 2004, era  pessima o scadente e i dati disponibili rivelano la presenza in Italia di vaste aree gravemente compromesse.

La qualità delle acque sotterranee si presenta inquinata sia  per causa di fonti diffuse dipendenti dall’ intrusione salmastra, sia per le perdite delle reti fognarie, del settore agro - zootecnico e per gli scarichi civili e industriali. Le principali forme di inquinamento sono di natura microbiologica, di nitrati, metalli e solventi.

Il liquame è acqua di rifiuto delle abitazioni e delle industrie. Nelle abitazioni producono rifiuti liquidi: la lavatrice, il water, la cucina e l’ acqua sporca del bagno; tutto questo liquame va a finire nelle tubazioni sotterranee delle fogne. Anche le fabbriche producono una quantità di rifiuti liquidi che vengono raccolti nelle fognature. Per molto tempo i liquami sono stati semplicemente riversati nei fiumi o nel mare, e in alcuni luoghi è ancora così, ma i liquami non depurati sono tossici per l’ ambiente. Possono contenere batteri o virus pericolosi, quindi possono essere veicoli di malattie. Contengono sostanze che forniscono nutrimento ai batteri. Se un liquame non depurato viene scaricato in un fiume, può sviluppare una grandissima popolazione batterica, che utilizza gran parte dell’ ossigeno dell’ acqua del fiume, di conseguenza i pesci e gli altri animali acquatici non riescono più a respirare e muoiono o si trasferiscono in altre acque non inquinate.

Le acque reflue contengono prodotti chimici che possono nuocere agli organismi viventi. Oltre ai fosfati provenienti dai detergenti, possono avere in soluzione un’ ampia varietà di prodotti chimici usati dalle industrie presenti. I liquami, quindi, devono essere depurati prima di essere liberati nell’ ambiente. Il sistema di depurazione mostra segni di miglioramento, ma sulla base dei dati disponibili si può valutare che circa un terzo del carico inquinante non sia trattato o adeguatamente depurato. Le condizioni del sistema idropotabile e di distribuzione rimangono non soddisfacenti. Nonostante la riduzione dei consumi agricoli e industriali, la soddisfazione dei bisogni idrici resta ancora critica e buona parte della popolazione soffre di discontinuità nell’ erogazione, soprattutto nel Meridione, anche perché il sistema di distribuzione ancora presenta frequenti ed elevati livelli di perdita. E’ stato pertanto approvato un piano progettuale previsto dalla legge 135/97 con l’ obiettivo di assicurare acque depurate riutilizzabile nel settore agricolo e nell’ industria. Ciò significa rendere disponibile per uso potabile  una risorsa pregiata. La presenza nelle acque di alcuni metalli pesanti come mercurio, cadmio o cromo, causa anche a minime concentrazioni, gravi fenomeni tossici a livello cellulare, per cui le acque contaminate sono pericolose  per la vita dell’ uomo e di tutti gli esseri viventi.

Il mercurio è molto usato nelle industrie che producono cloro, vernici, insetticidi, farmaci e pile. Gli scarichi di queste industrie riversano ingenti quantità di mercurio  nei fiumi, nei laghi e nei mari: qui il mercurio viene fissato dalle alghe e dai pesci , che a loro volta, attraverso la catena alimentare, possono avvelenare l’ uomo. Il cadmio, insieme al mercurio, è contenuto nelle pile ed è anch’ esso un potentissimo veleno. Alcune città hanno organizzato la raccolta delle pile scariche da parte degli stessi rivenditori, che provvederanno a inviarle alle fabbriche produttrici per il recupero dei metalli in esse contenuti.

A ciò si aggiunge il problema dei trasporti marittimi di sostanze pericolose nei nostri mari che mantiene una rilevanza assoluta sul piano del rischio ambientale.

Il Mediterraneo vede transitare ogni giorno oltre 250 petroliere con oltre il 25% degli idrocarburi del mondo. Dal 1999 il Governo ha avviato una forte e concreta iniziativa per affrontare la sicurezza dei trasporti, grazie, tra l’ altro, ad una flotta gestita dal Ministero dell’ Ambiente per la prevenzione e la lotta all’ inquinamento del mare. A ciò si affianca un nucleo di esperti delle capitanerie di porto in grado di fornire supporto tecnico operativo qualificato, che semplifica il rapporto con le capitanerie locali dislocate lungo le coste.  

 

LA QUALITA’ DELLE ACQUE

Negli ultimi anni il problema  “acqua”  è stato rivisto anche sotto l’ aspetto di risorsa esauribile. Perciò gli usi delle risorse idriche sono indirizzati anche al risparmio ed al riutilizzo al fine di salvaguardare il patrimonio idrico e gli ecosistemi acquatici.

Per combattere l’ inquinamento delle acque è possibile intervenire più a monte, ossia sulla fabbricazione o l’ impiego di prodotti contenenti sostanze nocive , che, una volta immesse nelle acque possono creare gravi problemi. Nel corso degli ultimi decenni è stata osservata una crescita abnorme  delle alghe nei fiumi e nel mare, che in alcuni momenti si è presentata come una vera e propria emergenza nazionale. Il fenomeno è stato attribuito prevalentemente al fosforo contenuto nei detersivi, che una volta scaricato attraverso le fognature, ha offerto un eccessivo nutrimento alle piante acquatiche  dei fiumi e del mare. Con successivi provvedimenti si sono stabiliti limiti sempre più severi nella fabbricazione dei detersivi.

Lo scopo del controllo sugli scarichi  e delle norme sui prodotti è quello di ottenere, alla fine , acque più pulite. Per verificare se questo risultato è veramente raggiunto, la legge italiana definisce gli standard di qualità delle acque, al di sotto delle quali le autorità sono obbligate a  vietarne l’ uso e a prendere provvedimenti di risanamento o bonifica così come è stato stabilito per l’ area industriale della provincia di Siracusa.

(Ago.2010)

 

Michelina Amato

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