IL SACRARIO MILITARE DEL MAUSOLEO DI POSILLIPO -
LA GAIOLA, TRA MITO CULTURA E NATURA - MUSEO DI
PIETRARSA
di Rosario Scavetta
Il Sacrario militare del Mausoleo di Posillipo
Il Sacrario militare, maggiormente
conosciuto come Mausoleo è un edificio monumentale, espressione
dell’architettura e della tecnica edile italiana, costruito tra il XIX
ed il XX secolo. Posto sulla collina di Posillipo, venne progettato è
costruito da Alfonso Guerra, su richiesta di Matteo Schilizzi,
quest’ultimo erede di una famiglia livornese trasferitosi a Napoli. Il
celebre architetto partenopeo Guerra realizzò una fabbrica unica nel suo
genere, quella che i manuali di architettura ancora oggi definiscono “il
più ambizioso esempio di stile neo-egizio in Italia”.
Il complesso monumentale ospita le salme di oltre 2000
militari caduti durante le guerre mondiali e di 17 napoletani deceduti
durante le “quattro giornate”. Lo scrittore e studioso Antonio Lazzarini
ha dedicato al cimitero militare una monografia di piacevole lettura
intitolata: “Il Sacrario militare del Mausoleo di Posillipo”. Nel breve
saggio, ben curato per documentazione e veste grafica, Lazzarini
descrive la singolare storia di questo monumento che ebbe inizio nel
1880, ma nel contempo, evidenzia lo stato di abbandono e di degrado nel
quale versa. L’autore scrive nel prologo del libro: “ …io non riesco a
rassegnarmi e ad accettare in silenzio il palese degrado del Sacrario e
cerco, anche attraverso i pochi meriti di questa pubblicazione, che
rispecchia in parte la dolorosa realtà, di scuotere le pubbliche
Istituzioni. Ad esse compete l’obbligo e il dovere di salvaguardare
l’edificio monumentale che rappresenta una delle più importanti
testimonianze delle patrie memorie e delle radici religiose e culturali
del popolo partenopeo”. In effetti il Comune di Napoli pur essendo
proprietario dal 1919, nel corso degli anni ha fatto ben poco o nulla
per salvaguardare un monumento di così rara bellezza. Nonostante i vari
appelli che si sono susseguiti nel tempo, alcuni “gridati” dalle colonne
di autorevoli giornali, le cose non sembrano cambiate. Mi sono recato
pochi giorni fa in visita al Mausoleo, è con rammarico, ho riscontrato
una situazione precaria, come l’aveva descritta Paola Perez in un
articolo pubblicato dal quotidiano “Il Mattino” il 2 febbraio di due
anni fa. Ancora oggi la struttura si presenta così: impianto non a norma
con fili elettrici scoperti, intonaci caduti, zone transennate,
infiltrazioni d’acqua, crepe nelle pareti e addirittura i marmi delle
lapidi pericolanti. E’ veramente triste constatare che la memoria dei
nostri eroi giace in un decadente Mausoleo sulla collina di Posillipo.
Antonio Lazzarini – Il Sacrario militare del Mausoleo di
Posillipo. Ed. Gabbiani Sopra il Mare (GSM), Napoli 2007, p.p. 60 –
info@gabbianisoprailmare.it
(R.S.)
La Gaiola
tra mito, cultura e natura
“In quel tempo io Virgilio vivevo sul dolce grembo di
Partenope…”. Chissà se in questa frase che si legge nei versi finali
delle Georgiche, il Sommo poeta faceva riferimento proprio al borgo
marinaro della Gaiola. Certo è che la presenza di Virgilio all’interno
della villa di Pollione, “Il Pausilypon”, è documentata da autorevoli
scrittori dell’antichità e alcune rovine denominate “scuola di Virgilio”
sono raffigurate in molti quadri ed innumerevoli stampe. Non sappiamo di
preciso da dove deriva il singolare nome di questo antico villaggio di
pescatori, si tramanda che fosse chiamato dai greci Euploea ossia
“navigazione felice”, ma in un editto di Carlo III del 1759, il sito
sembra identificato con il nome di “Panarello”.
L’attuale toponimo sembra derivi dal latino “Cavea”, o
meglio dal diminutivo “caveola”, dunque piccola grotta. Nel dialetto
napoletano “Gaiola” o anche “Caiola” significa gabbia, termine derivato
dallo spagnolo “Jaula”. L’importanza della Gaiola e da ricercare
nell’antichità, in particolar modo tra gli scavi che hanno riportato
alla luce un antico complesso residenziale romano. I resti visibili
anche da mare, sono sparsi dalla baia di Trentaremi fino a Marechiaro,
ed includono il famoso “Palazzo degli spiriti”. In tempi moderni- in
particolare tra gli anni 20 e gli 80 – i luoghi della Gaiola, hanno
acquisito una fama sinistra. Nomi noti come Hans Braun, Otto Gruback,
Maurice Sandoz, Paul Langheim, Giovanni Agnelli, Paul Getty,
Giampasquale Grappone (detto Ninì) proprietario della Compagnia
d’assicurazioni Loyd Centauro, susseguitisi come proprietari della
caratteristica villa posta sull’isoletto, sono stati protagonisti di
tragiche disavventure o paurosi crack finanziari, tanto da far ritenere
l’isola portatrice di jella. Dal 1998 l’isolotto è stato dalla Regione
Campania concesso in affitto all’Associazione “Mare Vivo” per
realizzarvi un “Centro Mediterraneo per la conoscenza, la valorizzazione
e diffusione delle risorse marine. Ma fortunatamente grazie al vicolo
posto dalla Soprintendenza, l’area è oggetto di adeguata attenzione sia
dal punto di vista della conoscenza scientifica che della tutela e della
valorizzazione del territorio. Oggi il parco sommerso di Gaiola
costituisce il fulcro del litorale di Posillipo, qui il paesaggio
subacqueo è costituito da una straordinaria commistione di resti
archeologici e popolamenti biologici ricchissimi di variopinte forme
animali e vegetali, che tra l’intricato tessuto murario di epoca romana
trovano ospitalità e riparo.
(R.S.)
Museo
di Pietrarsa: la storia delle ferrovie parte da qui
Ci sono luoghi in cui la memoria storica rivive ogni
momento, luoghi che custodiscono il ricordo di eventi che hanno in
qualche modo influenzato la società in cui viviamo. E’ il caso del Museo
di Pietrarsa, che si raggiunge attraversando quel traffico infernale che
da via Marina ci consegna a san Giovanni a Teduccio. Addentrandosi in un
vicolo stretto (Traversa Pietrarsa), in zona Croce del Lagno, si capisce
immediatamente che la storia delle Ferrovie nasce da qui. L’ex Reale
opificio meccanico e pirotecnico, voluto da Ferdinando II nel 1840, è
Museo nazionale ferroviario dall’ottobre del 1989. Lo stabilimento sorge
su di un terreno di 36 mila metri quadrati, acquistato nel 1840 con
decreto reale, in età napoleonica base fissa di una batteria da costa a
difesa dalla rada di Napoli. Qualche anno dopo, nel 1842, veniva
costruito il primo edificio del complesso, inizialmente destinato alla
produzione di materiale meccanico e pirotecnico per la necessità della
marina e della guerra; e ancora alla riparazione di locomotive e vagoni
ferroviari. Operai specializzati e macchinisti si formavano nelle reali
officine di Pietrarsa: già nel 1844 le prime vaporiere – l’Impavido e l’Aligero,
entrambe di produzione inglese – furono completamente smontate e
revisionate in tutte le loro parti. L’anno dopo si dava inizio alla
costruzione di sette locomotive a vapore: Pietrarsa, Corvi, Robertson,
Vesuvio, Maria Teresa, Etna e Partenope, i nomi dei primi gioielli
pietrarsini. L’intera struttura delle officine venne completata nel
1853.
Una data storica che anticipava di gran lunga la
fondazione della Breda, che avvenne ben 44 anni dopo, e della Fiat che
si presentò sul mercato 67 anni più tardi. A Pietrarsa lavoravano in
totale 619 operai, oltre una ventina di soldati e una quarantina di
detenuti. Ed è da qui, da questo luogo, che veniva inaugurata, il 3
ottobre 1839, la prima strada ferrata d’Italia: la Napoli – Portici,
vanto di Ferdinando di Borbone. Oggi nel museo sono esposte 26
locomotive a vapore, 4 elettriche trifase, 4 a corrente continua, 5
diesel, 2 elettromotrici di cui una a terza rotaia, 5 automotrici
termiche e 10 carrozze. Quattro sono i padiglioni da visitare: si parte
dell’ex reparto montaggio, oggi grande sala delle locomotive a vapore,
per proseguire nel padiglione torneria, la cosiddetta cattedrale, per il
suggestivo soffitto con archi a sesto acuto, che ospita plastici, arredi
ferroviari e modellini. Nelle fucine, trova spazio il settore navale
delle Ferrovie nonché i grandi macchinari, primi esempi di archeologia
industriale. Nel quarto padiglione, ex reparto calderai e forni,
l’esposizione delle carrozze, del treno presidenziale e di un
“cellulare” per il trasporto detenuti. Il Museo è aperto dal lunedì al
venerdì dalle ore 8.30 alle 13.30, sabato e festivi chiuso.
Rosario Scavetta
|