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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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LE ACQUE RESIDUALI SANITARIE E IL LORO POTENZIALE TOSSICO

di Sofia Mangani

 

Il numero di composti farmaceutici nel mercato attuale é molto ampio e in continua crescita. Lo sviluppo e la ricerca in questo settore ha aiutato e continua aiutando a migliorare il livello e la qualitá di vita, ma rappresenta paradossalmente anche una nuova fonte di potenziale rischio per la salute umana. I centri sanitari, come gli ospedali o le cliniche private, costituiscono tra i più significativi punti di discarica nell’ambiente di molte sostanze chimiche tra le quali medicinali e  prodotti farmaceutici ad uso terapeutico umano. Queste molecole chimiche, utilizzate nella cura e prevenzione di malattie, quando immesse indiscriminatamente nell’ambiente, possono diventare potenzialmente pericolose per la salute. In lingua anglosassone sono denominate PPCPs (Pharmaceuticals and Personal Care Products); all’interno di questa denominazione vengono raggruppati sia i prodotti farmaceutici che i prodotti per l'igiene e e la cura personale.

Tutte le sostanze chimiche, assunte per mezzo endovenoso o orale nelle terapie farmaceutiche, vengono successivamente metabolizzate, escrete attraverso feci e urine e riversate, insieme alle acque di depurazione, direttamente nei corsi di acqua.

Le acque residuali provenienti da ospedali e centri sanitari vengono ad oggi trattate con metodologie di depurazioni tradizionali, uguali al trattamento delle acque residuali urbane.

Durante la depurazione delle acque residuali urbane vengono considerati i seguenti parametri chimico-fisici:

 

-      Odore, colore e temperatura

-      Quantitá di solidi disciolti

-      pH

-      Ossigeno disciolto

-      BOD (Domanda biochimica di ossigeno)

-      COD (Domanda chimica di ossigeno)

-      Azoto

-      Fosforo

-      Cloruri

-      Sulfati

 

É intuitivo che la ristabilizzazione di questi parametri durante i trattamenti di depurazione, non libera  le acque residuali dai composti chimici considerati in questo articolo. Le acque residuali, una volta passate attraverso il processo depurativo, possono essere riutilizzate, ad esempio in agricoltura e nell’industria,  o direttamente riversate nei corsi di acqua e possono direttamente o indirettamente venire a contatto con le persone e costituire una  importante fonte di pericolo per la salute.

La composizione delle acque residuali provenienti dai centri di salute rileva una grande varietà di sostanze chimiche e materiale biologico che con i metodi di depurazione tradizionali non possono essere eliminati.

Molte di queste sostanze sono persistenti e possono interagire con l’ambiente o con altri composti, cambiare le loro caratteristiche chimico fisiche e in alcuni casi aumentare la loro tossicitá e provocare fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione nella fauna dei corsi d’acqua.

L’assunzione e la successiva escrezione di medicinali da parte dei malati ospedalieri rappresentano un potenziale pericolo per la salute delle persone sane. Con le escrezioni vengono a liberarsi nell’ambiente molte quantità di composti in forma ancora chimicamente attiva, non  eliminabili con i metodi di depurazione tradizionale e che una volta assunte possono  provocare importanti effetti nocivi: nella maggior parte dei casi, le acque residuali depurate vengono direttamente rigettate nei corsi di acqua determinando non solo un pericolo per la salute umana attraverso l’assunzione o il contatto diretto con l’acqua, ma anche in alcuni casi  nuocendo alla flora e  fauna acquatica con gravi conseguenze per l’ecosistema. Queste sostanze sono spesso molto persistenti nell’ambiente e sono capaci di bioaccumularsi negli organismi acquatici, di biomagnificare e arrivare all’uomo per mezzo dell’alimentazione oltre che dell’assunzione  diretta delle acque. Occasionalmente può verificarsi anche una contaminazione delle acque sotterranee.

E’ importante considerare la magnitudine del problema poiché ogni anno vengono riversati nell’ambiente migliaia di tonnellate di oltre 1500 composti differenti.

Molti studi scientifici hanno provato la presenza in acqua potabile di sostanze tra le quali antibiotici o sostanze psicoattive come per esempio antidepressivi o oppiacei. Questi composti, se assunti anche a dosi bassissime ma per periodi prolungati, possono apportare seri problemi di salute.

Tra i maggiori studi effettuati in questo campo risaltano quelli suoi distruttori endocrini (EDC, Endocrine Distrupting Chemicals), sostanze capaci di interferire con il corretto funzionamento del sistema endocrino. Vengono identificati come distruttori endocrini molti composti tra i quali pesticidi, contaminanti alogeni persistenti e molti altri composti, tra i quali anche molti medicinali che, se assunti da persone sane o sotto forma di metaboliti, possono avere degli effetti dannosi alla salute. I maggiori effetti degli EDC riguardano principalmente il sistema riproduttivo e il sistema nervoso centrale e sembrano affettare soprattutto gli stadi di vita piú delicati, quelli pre e post natale.

Molti degli studi tossicologici effettuati nelle acque residuali provenienti dai centri di salute hanno rilevato la presenza di alcuni dei principali medicinali di uso comune, tra i quali antibiotici come ad esempio amoxicillina, antifebbrili come ibuprofene, psicofarmaci come diazepam e molte altre sostanze tra le quali anche alcune sostanze stupefacenti come la cocaina. Questi studi sono stati effettuati principalmente attraverso l’analisi chimico fisica delle acque. Gli studi ecotossicologici sono invece stati effettuati attraverso esperimenti su animali da laboratorio, studi epidemiologici e osservando gli effetti su persone già esposte.

I primi studi scientifici effettuati sulla ricerca di sostanze farmaceutiche nelle acque risale già alla fine degli anni 70, dove si studiò la presenza di ormoni estrogeni nelle acque di depurazione provenienti da escrezioni umane. Da allora non sono ancora state deliberate delle politiche di mantenimento e prevenzione delle acque reflue provenienti dai centri di salute.  I problemi relativi alla gestione di queste acque, vengono considerati dalla letteratura scientifica come problemi di difficile gestione; queste sostanze vengono infatti liberate nell’ambiente in quantità molto elevate e in molti casi senza ancora essere stati assunti e metabolizzati (per esempio per smaltimento improprio) o come metaboliti ancora attivi, capaci in entrambi i casi di interagire tra di essi, con altre sostanze chimiche o con le caratteristiche proprie dell’ambiente quali, i cambiamenti di pH, di temperatura e salinità.

La legislazione relativa alla gestione  dei prodotti chimici è nata nel diritto comunitario negli anni 60, dove vennero regolamentati la commercializzazione e la classificazione delle sostanze chimiche. Nel 2006 con il regolamento REACH (Registration, Evaluation, authorisation of Chamicals) è stato definitivamente adottato un sistema di gestione unico internazionale, con il ruolo di coordinamento tecnico-scientifico nella gestione delle sostanze chimiche. Con il REACH vengono valutate, autorizzate e registrate tutte le sostanze chimiche in commercio attraverso la formazione di un’Agenzia Europea che ha sede a Helsinki in Finlandia. Nonostante questo nella legislazione nazionale e internazionale non sono ancora state determinate delle regolamentazioni specifiche relative alla gestione delle acque residuali sanitarie, se anche ne sono state riconosciute in letteratura scientifica le alte potenzialità nocive.

In campo medico scientifico e nel campo ambientale, lo studio delle acque residuali di provenienza sanitaria è uno degli argomenti più ricorrenti e all’avanguardia, capace di attirare l’attenzione dei più noti investigatori scientifici ma purtroppo non ancora quella delle nostre istituzioni politiche.

Oltre ad una corretta azione preventiva, le proposte per possibili soluzioni a questo problema esistono già anche se nessuna è al momento operativa. Si tratta principalmente di metodi alternativi e più mirati di depurazione delle acque direttamente alla fonte di scarico. Teoricamente ogni struttura sanitaria dovrebbe essere dotata di un impianto di depurazione alternativo che permetta la eliminazione delle sostanze chimiche e dei medicamenti, prima che le acque vadano ad unirsi a quelle urbane e vengano riversate nei corsi d’acqua. Alcuni tra i metodi più efficienti sono; la depurazione con raggi ultravioletti e perossido di idrogeno, tecnologie con processo di ossidazione avanzata (AOPs), trattamento mediante separazione per membrana (MBRs, nanofiltrazione, processo di osmosi inversa ecc.

Ognuna di queste tecnologie viene già utilizzata in molti altri processi ed è già stata testata sulle acque residuali sanitarie con efficienti risultati. L’unico problema che rende questa una problematica ancora di difficile soluzione è da ricondurre a questioni esclusivamente economiche.

La corretta gestione e regolamentazione delle acque residuali sanitarie è un importante passo da fare verso la tutela della salute umana. L’acqua è indispensabile per la vita, e deve essere un diritto di tutti bere e utilizzare acqua pura e priva di sostanze tossiche o potenzialmente pericolose. Bisogna inoltre ricordare che l’inappropriata gestione delle acque residuali sanitarie non solo comporta l’immissione nei corsi d’acqua di composti farmaceutici ad uso terapeutico, ma anche quella di molti fattori patogeni, batteri e virus: ma questa è un’altra storia (Gen.2011).

 

Sofia Mangani

 


 

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