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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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AMBIENTE E SICUREZZA: UN PROBLEMA A LIVELLO GLOBALE

di Mario Leporace 

 

 Il clima è da sempre oggetto di uno studio continuo e particolareggiato in quanto, i suoi continui mutamenti, hanno modificato, nel corso degli anni, la superficie della Terra e, soprattutto, hanno condizionato la vita degli organismi che la abitano.

A livello tecnico-scientifico i mutamenti climatici sono delle variazioni a livello globale del clima della Terra rispetto ai valori medi;  ad ogni sua variazione uomini, piante e animali  hanno dovuto trovare nuove forme di adattamento, spesso migrando in cerca di ambienti più ospitali.

Fino a quando tali mutamenti sono dovuti a cause naturali, di sicuro le variazioni climatiche non costituiscono di per sé un motivo di preoccupazione; altro è se dovute ad attività umane.

Sono proprio le attività umane ad interferire col bilancio radioattivo del pianeta attraverso la continua immissione di sostanze capaci di aumentare il cosiddetto “effetto serra”, ovvero un fenomeno naturale che si verifica nell’atmosfera terrestre che permette alle radiazioni solari di attraversare l'atmosfera terrestre ed impedisce a buona parte delle radiazioni infrarosse riflesse di tornare nello spazio esterno.

La conseguenza di tale effetto naturale è il mantenimento della temperatura della superficie terrestre di circa 33°C più calda di quanto sarebbe stata senza atmosfera, permettendo lo sviluppo delle forme viventi.

I gas che contribuiscono naturalmente a questo meccanismo includono il vapore acqueo, l'anidride carbonica, l'ozono ed il metano.

Le emissioni di origine antropogenica di questi ed altri gas, quali metano (CH4) e ossido di azoto (N2O), avvenute negli ultimi 200 anni, stanno creando un aumento di questo fenomeno.

Questi gas (GHGs, Greenhouse gases) vengono generati da una grande quantità di attività umane, fra cui la principale è l'uso di combustibili

fossili, ma anche lo smaltimento di rifiuti in discariche, la deforestazione, varie pratiche agricole ed industriali.

L'anidride carbonica è uno dei principali responsabili dell'incremento dell'effetto serra, soprattutto perché la sua produzione mondiale è enorme, attualmente valutata intorno alle 6 gigatonnellate/anno. Dall'era preindustriale ad oggi la concentrazione di CO2 è aumentata del 30% (per il CH4 è raddoppiata, per gli NOx è aumentata del 15%).

Quest’aumento ha provocato un incremento di calore fornito alla superficie terrestre pari a circa 2,8 W/mq. Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e sulla base dei più recenti studi dell’IPCC (Intergovernemental Panel on Climate Change) la maggior parte degli esperti concorda nel ritenere che, a causa dell’aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, nel prossimo futuro potremmo aspettarci una serie di fenomeni particolarmente preoccupanti, tipo:

- Aumento della temperatura del pianeta. Dal 1860, la temperatura media della Terra è aumentata di 0,6°C.

- Aumento delle precipitazioni, soprattutto nell’emisfero Nord, e particolarmente alle medie e alte latitudini. Diminuzione delle piogge nelle regioni tropicali e subtropicali;

 - Aumento nella frequenza e nell’intensità di eventi climatici estremi come alluvioni, tempeste, ondate di caldo o freddo eccessivo.

- Aumento del rischio di desertificazione in alcune zone;

 - Diminuzione dei ghiacciai presenti nelle principali catene montuose mondiali;

- Crescita del livello del mare. Negli ultimi 100 anni si è già verificato un innalzamento di circa 10/25 cm.

Al fine di evitare le conseguenze tragiche descritte dagli studi effettuati dall’IPCC, nel corso degli anni si sono organizzate diverse conferenze con al centro sempre lo sviluppo sostenibile e i cambiamenti climatici.

Il dibattito sulla questione ambientale è nato tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso con la formazione delle prime Associazioni ambientaliste ed ebbe come nodo centrale il rapporto tra economia e ambiente, nella sempre più evidente necessità di preservare la qualità del patrimonio naturale e nella consapevolezza che, essendo le risorse del pianeta tendenzialmente esauribili, dovessero essere rivisti ed equilibrati i modelli di sviluppo.

La prima seria conferenza venne nel 1972 a Stoccolma, con il tema principale “La Terra come capitale da preservare”; essa fu la prima conferenza che, su scala mondiale, ha  toccato i temi ambientali e adottato una Dichiarazione all’interno della quale la tutela dell’ambiente diveniva parte integrante dello sviluppo, uno sviluppo compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse.

Dalla consapevolezza di voler operare verso azioni orientate all’eco-gestione del territorio e delle attività antropiche prende l’avvio il concetto di “Sostenibilità” e “SviluppoSostenibile”, contenuto nel Rapporto “Our Common Future (1987)” Commissione Bruntland, che gli diede la sua accezione più nota, ovvero lo sviluppo che “garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”.

Altro caposaldo dello sviluppo sostenibile è rappresentato dalla Conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 che, nella sua Dichiarazione, sancisce i ventisette Principi su ambiente e sviluppo, i Princìpi delle foreste e l’Agenda 21. Dopo la conferenza di Rio altri eventi sono degni di nota:.

·        Nel 1997 il protocollo di Kyoto, in Giappone; entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia;

·        Nel 2000, a Montreal, il Protocollo sulla biosicurezza;

·        Nel 2001, a Stoccolma, la Convenzione sulle sostanze inquinanti non degradabili.

La conferenza di Kyoto (il cui protocollo è entrato in vigore nel febbraio 2005) ha rappresentato un momento di svolta, non solo inducendo a livello internazionale i Paesi a riflettere sulle proprie politiche, attraverso il processo di contrattazione per la ratificazione del Protocollo, ma anche delineando obiettivi mirati alla riduzione dell’impatto ambientale.

In particolare ha contribuito a rafforzare o ad istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni inquinanti attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica, lo sviluppo di fonti rinnovabili, la diffusione di modelli agricoli più sostenibili.

A livello comunitario, una prima tappa verso l’elaborazione di una strategia a favore dell’energia rinnovabile era stata compiuta dalla Commissione Europea con l’adozione, alla fine del 1996, del Libro Verde “energia per il futuro: Le Fonti energetiche rinnovabili”, il quale ha suscitato un vasto dibattito pubblico incentrato sul tipo e sulla natura delle misure prioritarie da prendere.

I numerosi contributi ricevuti hanno concorso alla stesura del Libro Bianco per una strategia ed un piano di azione della Comunità (1997).

Con il libro Bianco l’Unione Europea si è proposta di conseguire un approvvigionamento dell’energia primaria derivato almeno per il 12% da fonti rinnovabili entro il 2010 – 2012.

Tale obiettivo è stato poi confermato da una risoluzione del Consiglio Europeo del 1998 e dal Libro Verde sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico del 2000, che ha affrontato anche il tema della dipendenza energetica dei Paesi membri.

L’impegno della Commissione Europea in materia è desumibile anche dai numerosi strumenti legislativi, già attuativi o in fase di attuazione, che si sono susseguiti dal 2000 fino ad oggi.

Tra gli strumenti legislativi che hanno trovato una più decisa applicazione, la Direttiva 2001/77/EC sta concorrendo in modo concreto non solo alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, chiamando ogni stato membro a fissare un proprio obiettivo di produzione di energia elettrica derivata da fonti energetiche rinnovabili, ma anche al rispetto delle modalità di adempimento di tali obiettivi, monitorate attraverso un’attività di reporting così come previsto dall’articolo 3 della stessa Direttiva, anche con riferimento agli Stati Membri entrati a far parte dell’Unione Europea con il recente processo di allargamento.

Con il Decreto Legislativo n. 387 / 2003 l’Italia ha recepito la Direttiva, gettando le basi per la creazione di strumenti normativi che puntino anche alla biomassa come fonte indispensabile per raggiungere gli obiettivi di sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili.

Tali obiettivi sono stati sostenuti indirettamente anche da misure legislative (articolo 11 del d.lgs. n. 79/99) che si proponevano il superamento del criterio d’incentivazione tariffaria, noto come CIP 6/92, con l’introduzione di titoli commerciali grazie ai quali passare a un meccanismo di mercato competitivo basato su “titoli ambientali negoziabili”: I Certificati Verdi.

A dodici anni dal protocollo di Kyoto le grandi potenze del mondo hanno deciso di replicare con il cosiddetto pacchetto clima-energia: il famigerato “20:20:20”; Lo scopo è indirizzare l'Europa sulla giusta strada verso un futuro sostenibile sviluppando un'economia a basse emissioni di CO2 improntata all'efficienza energetica. Sono previste le seguenti misure:

·        Ridurre i gas ad effetto serra del 20% (o del 30%, previo accordo internazionale);

·        Ridurre i consumi energetici del 20% attraverso un aumento dell'efficienza energetica;

·        Ampliare fino al 20% la quota delle fonti energetiche rinnovabili.

Il tutto entro il 2020.

Il “pacchetto” Clima/Energia accentua la posizione unilaterale dell’Europa, che dovrà sostenere uno sforzo economico e industriale che non ha riscontro in analoghi impegni delle economie sviluppate ed emergenti, con un risultato marginale in termini di riduzione delle emissioni globali di CO2. Infatti, una riduzione del 20% delle emissioni europee corrisponde a meno del 4% su scala globale.

Questo per effetto dell’aumento della domanda di energia primaria mondiale, sostenuta dai combustibili fossili: si calcola che nel 2020 le emissioni di CO2 saranno superiori di oltre il 60% ai livelli del 1990. La Cina è la maggior responsabile di tale aumento, e già alla fine del 2007 ha ereditato dagli USA il ruolo di maggior “emettitore” al mondo. Per quanto riguarda l'Italia, dovrà tagliare il 13% di emissioni di C02 nei settori non inclusi nel sistema di scambio di emissioni (Ets) e dovrà aumentare al 17% i consumi energetici da fonti rinnovabili entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005.

Le misure previste accresceranno significativamente il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili in tutti i paesi e imporranno ai governi obiettivi giuridicamente vincolanti. Grazie a una profonda riforma del sistema di scambio delle quote di emissione, che imporrà un tetto massimo alle emissioni a livello comunitario, tutti i principali responsabili delle emissioni di CO2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive pulite.

 (08.2010)

 

                                                                         Mario Leporace

 


 

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