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AMBIENTE: Inquinamento & Riqualificazione
di Salvo Barba

Uno dei problemi più seri da risolvere, degli ultimi anni, è diventato l’inquinamento.
Macchine, fabbriche, stufe… inquinano emanando nell’aria particelle dannose all’uomo ed all’ambiente. Molte foreste sono state distrutte, vaste zone sono state desertificate e molti corsi d’acqua e alcuni tratti di mare sono stati inquinati da scarichi industriali causando la scomparsa di molte specie animali. L’inquinamento è la contaminazione dell'aria, delle acque e del suolo con sostanze e materiali dannosi per l'ambiente e per la salute degli esseri umani, capaci di interferire con i naturali meccanismi di funzionamento degli ecosistemi o di compromettere la qualità della vita. Esistono vari tipi di inquinamento: atmosferico, acustico, da petrolio, delle acque, luminoso ed elettromagnetico. L’inquinamento atmosferico si forma nell’aria per immissione di sostanze gassose, liquide o solide che ne alterano la naturale composizione. Queste sostanze, nocive per la salute dei viventi, possono: alterare il clima terrestre, corrodere materiali da costruzione e monumenti, essere sgradevoli all’olfatto e rendere malsani gli ambienti.
Esistono sorgenti di inquinamento naturali e antropiche. Infatti, sebbene l’idea stessa di “inquinamento” sia solitamente associata agli effetti delle attività umane, va ricordato che composti contaminanti derivano anche da fenomeni naturali. In quest’ultimo caso, tuttavia, le modificazioni ambientali possono essere in una certa misura riequilibrate dalla capacità dell’ambiente di tamponare le variazioni. Le attività umane, invece, hanno spesso effetti a lungo termine meno prevedibili e possono generare modificazioni irreversibili: le sostanze inquinanti prodotte dall’uomo spesso sono immesse nell’ambiente in quantità ingenti e in tempi relativamente brevi. In genere, le sostanze inquinanti si disperdono nell’aria “diluendosi”. Il loro grado di concentrazione dipende da fattori quali: condizioni climatiche, temperatura, velocità dei venti e la topografia locale. Di solito, salendo in quota dal livello del mare la temperatura diminuisce.

Tuttavia, quando uno strato di aria fredda si incunea sotto a uno strato di aria calda si ha una situazione di inversione termica e l’aria fredda, essendo impossibilitata a salire, ristagna in prossimità della superficie. Così viene ostacolata la dispersione delle sostanze inquinanti, la cui concentrazione, in periodi prolungati di alta pressione associata all’assenza di venti, può aumentare fino a livelli pericolosi per la salute (nelle aree molto industrializzate o urbanizzate possono essere sufficienti tre giorni consecutivi di alta pressione stazionaria per far salire la concentrazione delle sostanze nocive oltre la soglia di allarme).
L’inquinamento acustico è l’insieme degli effetti negativi prodotti dai rumori presenti nell'ambiente circostante. Si definisce rumore: “ qualunque vibrazione sonora che provochi sull'uomo effetti disturbanti o dannosi per il fisico, interferendo negativamente sul benessere, sulla salute e sulle diverse attività umane”, come il lavoro, lo studio, lo svago, il sonno e la vita di relazione in generale. Esso, può provocare vere e proprie lesioni dell'orecchio interno ed essere quindi causa di una parziale o totale perdita dell'udito. La prolungata esposizione a rumori molesti può, inoltre, provocare disturbi al sistema nervoso, stress, disturbi gastrici, depressione, alterazioni del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa. L'inquinamento acustico è prodotto principalmente dai mezzi di trasporto (aeroplani, traffico automobilistico, transito ferroviario), dagli impianti industriali e commerciali, dai cantieri e dalle infrastrutture legate ad alcune attività ricreative (discoteche, stadi ecc.). Il grado di inquinamento acustico dipende anche dalle tecniche di costruzione e di isolamento acustico utilizzate.
L’inquinamento da petrolio è la contaminazione dell'ambiente (del suolo, dell'aria e soprattutto dell'acqua) causata da ogni genere di idrocarburi liquidi, in altre parole dal petrolio greggio o dai suoi derivati.

L'inquinamento da idrocarburi può essere sistematico o accidentale. Quello accidentale è prodotto, nella maggior parte dei casi, dal riversamento in mare di ingenti quantità di petrolio da petroliere coinvolte in incidenti di navigazione (collisioni, incagliamenti, incendi, esplosioni, naufragi) ed è causa di considerevoli danni agli ecosistemi marini e litorali. Solo il 10% degli idrocarburi che contaminano i mari proviene, tuttavia, da riversamenti accidentali. Il resto proviene da fonti croniche, quali: ricaduta di particelle inquinanti dall'atmosfera, infiltrazioni naturali, perdite di raffinerie o di impianti di trivellazione su piattaforme in mare aperto e, soprattutto, lo scarico a mare di acque di zavorra da parte di navi cisterna e petroliere.

La fonte principale dell'inquinamento marino da idrocarburi (20% dell'inquinamento totale) rimane lo scarico in mare di acque contaminate nel corso di operazioni di lavaggio delle cisterne, infatti una volta consegnato il proprio carico alle raffinerie, le petroliere pompano nelle cisterne acqua che serve da zavorra per il viaggio di ritorno e che viene scaricata in mare prima di giungere ai terminali di carico, contribuendo, così, a produrre un tipo di inquinamento sistematico, spesso molto più grave di quello accidentale.

 

 

 

L'impiego di questa tecnica di lavaggio è stato limitato, a partire dagli anni Settanta, da una serie di convenzioni internazionali, che hanno imposto: la realizzazione di petroliere progettate in modo tale da rendere minima la fuoriuscita di greggio in caso di incidente, l'installazione a bordo di sistemi per la separazione dei residui di petrolio dalle acque di zavorra e di lavaggio pompate in mare, l'adozione di dispositivi per il controllo del grado di inquinamento delle acque di zavorra e l'installazione di impianti per la raccolta e il trattamento delle acque contaminate presso i terminali di carico del greggio e i porti di scalo.
Anche i giacimenti di petrolio su terraferma possono provocare gravi danni all'ambiente. In questo caso, le fuoriuscite nocive sono dovute, nella maggior parte dei casi, alla cattiva progettazione, gestione e manutenzione degli impianti. Nell'Ecuador, ad esempio, il grave e diffuso inquinamento del suolo è causato soprattutto da improvvise "eruzioni" di petrolio dai pozzi durante le operazioni di trivellazione, dalla dispersione abusiva del petrolio meno pregiato e dal cattivo funzionamento dei sistemi per la separazione del petrolio dall'acqua. Il grave inquinamento da idrocarburi di alcune regioni della Russia è dovuto a cattiva manutenzione degli oleodotti.
Nell'ottobre del 1994, per esempio, nei pressi di Usinsk, da una falla apertasi in un oleodotto fuoriuscirono circa 70.000 tonnellate di greggio che devastarono il delicato ambiente circostante. Alle alte latitudini, i naturali processi di degradazione del greggio si svolgono con molta lentezza e ciò contribuisce ad aggravare l'impatto di episodi come questo. Anche nelle regioni tropicali, tuttavia, i danni causati dal petrolio non sono indifferenti. Gli oleodotti che attraversano la regione del delta del Niger, in Nigeria, sono obsoleti e molto usurati; le perdite sono frequentissime e i tentativi di risolvere il problema bruciando i residui dispersi sul terreno o lasciando che il petrolio disperso finisca con il degradarsi al calore del sole hanno ottenuto un effetto deleterio: sui terreni si è formata una crosta sterile di un paio di metri che ha reso tali terreni praticamente inutilizzabili.
 

L’inquinamento delle acque è causato dall'immissione nelle stesse, di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi.
I principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di ossigeno, parassiti e batteri, i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche, i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali, detersivi…), il petrolio e i suoi derivati, metalli, sali minerali e composti chimici inorganici, sabbie e detriti dilavati dai terreni agricoli, dai suoli spogli di vegetazione, da cave, sedi stradali e cantieri, sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli, dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di materiali radioattivi.

Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle centrali elettriche attraverso le acque di raffreddamento può essere considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della temperatura che possono compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti.
 

L’inquinamento luminoso è la forma di inquinamento dovuta alla irradiazione di luce artificiale al di fuori delle aree cui è destinata e, in particolare, verso la volta celeste. Quando la luce artificiale colpisce l’atmosfera e le particelle in essa sospese, si produce un aumento della luminosità del cielo (brillanza, rilevabile attraverso misurazioni fotometriche), che può rischiararsi fino ad assumere una colorazione lattiginosa; ciò determina una scarsa visibilità dei corpi celesti, quali stelle e pianeti.
Il problema è di natura astronomica, perché rende meno efficiente l’utilizzo degli strumenti impiegati nelle osservazioni; ma ha anche implicazioni più ampie, che riguardano aspetti culturali, ecologici ed economici. L’aumento della brillanza del cielo notturno può alterare i ritmi biologici dei viventi legati ai cicli luce-buio e, ad esempio, fenomeni come il sonno, la fotosintesi e le migrazioni. Questa forma di inquinamento è in continuo aumento; si calcola che la luminosità del cielo sia attualmente quattro volte superiore a quella dei primi anni Settanta. A essa concorre qualsiasi sorgente di luce collocata in ambiente esterno, dalle insegne pubblicitarie ai lampioni stradali, dai fari costieri all’illuminazione di edifici privati, ai fasci laser erogati verso l’alto da locali notturni, così come l’irradiazione prodotta per riflessione dalle superfici illuminate. Nel tentativo di arginare il fenomeno, numerosi gruppi di studio in tutto il mondo stanno cercando di sensibilizzare il grande pubblico mediante campagne di informazione e di promuovere disegni di legge che permettano una gestione del problema a livello delle amministrazioni.

In Italia, le proposte di legge avanzate dalla Commissione per lo Studio dell’Inquinamento Luminoso della Società Astronomica Italiana, sono ancora oggetto di discussione in sede legislativa e rappresentano le prime due proposte per stabilire norme di limitazione dell’inquinamento luminoso. Alcune leggi regionali e regolamenti comunali sono già in vigore a livello locale; tra l’altro, istituiscono aree protette in cui preservare la naturale oscurità del cielo.
L’inquinamento elettromagnetico o l’elettrosmog è la forma di inquinamento dovuta alla presenza indesiderata di radiazioni elettromagnetiche nell’ambiente, prodotte da elettrodotti, dispositivi elettronici e impianti radiotrasmettitori. Da tempo era diffuso il sospetto che anche le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti potessero, in modo e misura non ancora ben determinati, influire negativamente sui sistemi viventi; l’attenzione a questa particolare forma di inquinamento, tuttavia, è cresciuta solo di recente, da quando lo sviluppo tecnologico delle telecomunicazioni ha portato il fenomeno a livelli non più trascurabili.
A partire dagli anni Ottanta sono nate numerose organizzazioni che, a vario titolo, si adoperano per incoraggiare la ricerca scientifica e stabilire la fondatezza o meno del problema “inquinamento elettromagnetico”. In particolare, nel 1996 è stato istituito l’International EMF Project (International ElectroMagnetic Field Project), l’ente che si occupa di elettrosmog a livello internazionale, per conto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Anche la produzione di energia favorisce l’incremento dell’inquinamento, perciò si sta optando a fonti di energie rinnovabili. Tra di queste ci sono: energia solare, energia idrica, energia eolica e l’energia geotermica.

Per energia solare si intende la radiazione emessa dal sole sotto forma di onde elettromagnetiche, in parte visibili ai nostri occhi (quella che chiamiamo luce) e in parte invisibili (radiazioni ultraviolette e infrarosse). La radiazione solare è una fonte di energia rinnovabile che ha il grande vantaggio di essere disponibile in misura illimitata e di non inquinare l’ambiente. L’utilizzo di questa fonte, tuttavia, presenta alcuni svantaggi. Uno è la discontinuità che obbliga a utilizzare sistemi di accumulo dell’energia. Un altro è la bassa densità energetica, che rende necessario l’impiego di vaste superfici di raccolta, con elevati costi di impianto. Oggi esistono due modi per sfruttare l’energia solare. Il primo sfrutta l’effetto termico del sole e consiste nel riscaldare acqua o aria mediante le radiazioni solari captate da appositi pannelli. L’acqua o l‘aria calde possono poi essere utilizzate in svariate applicazioni civili, agricole e industriali.
Il secondo metodo sfrutta l’effetto elettromagnetico della radiazione solare per convertire l’energia captata in energia elettrica. La conversione fotovoltaica sfrutta la capacità di alcuni elementi di trasformare direttamente la radiazione in elettricità. I primi impianti di questo tipo sono stati utilizzati sui satelliti artificiali, poi il loro impiego è stato esteso al settore delle telecomunicazioni e oggi comincia a trovare applicazione anche nelle varie utenze (soprattutto domestiche). L'energia solare può essere trasformata in energia elettrica mediante due tipi di centrale, che utilizzano rispettivamente la conversione termodinamica e la conversione fotovoltaica.
Nella centrale termodinamica la captazione dell'energia solare avviene mediante un sistema di grandi specchi (eliostati) orientabili, che riflettono i raggi solari concentrandoli su una caldaia posta alla sommità di una torre. Nella caldaia, per effetto del calore solare, si genera vapore che viene inviato alla turbina. Nella centrale fotovoltaica la conversione viene realizzata mediante le celle fotovoltaiche, che sono costituite da particolari materiali semiconduttori, come il silicio, i quali hanno la proprietà di generare corrente elettrica quando vengono colpiti dalla radiazione solare.
Le centrali solari sono ingombranti: sottraggono vaste aree all'agricoltura e agli insediamenti umani e modificano il paesaggio. Tuttavia non scaricano fumi nell'atmosfera e non inquinano le acque.
Il ciclo dell'acqua, determinato dall'evaporazione e dalle precipitazioni, mette a disposizione dell’uomo una straordinaria fonte energetica rinnovabile.

Si tratta dell'energia idrica, che nasce dal movimento di grandi quantità d'acqua; è l'unica tra le fonti rinnovabili a essere sfruttata ormai da migliaia di anni. Già i greci e i romani utilizzavano semplici mulini ad acqua per macinare il grano. Nel Medioevo lo sfruttamento dell'energia idraulica si diffuse con la ruota ad acqua, una specie di mulino che serviva per sollevare l'acqua e che fu utilizzato per la bonifica di terreni paludosi, per l'irrigazione e nell'attività mineraria. Un progresso tecnico di enormi proporzioni si è avuto alla fine dell'Ottocento in seguito all'evoluzione della ruota idraulica in turbina, cioè in un apparecchio capace di trasformare l'energia cinetica dell'acqua corrente in lavoro meccanico: questo processo oggi è sfruttato nelle centrali idroelettriche.
A seconda di come viene sfruttata l'energia della massa d'acqua, le centrali idroelettriche sono di due tipi diversi: a bacino o di pompaggio. Nelle centrali a bacino viene sfruttata l'energia che una massa d'acqua, raccolta in un bacino, è in grado di fornire quando viene fatta cadere da una certa quota e compie un "salto". Si sbarra con una diga la valle di un fiume di montagna e si immette l'acqua del lago così ricavato, attraverso un canale di derivazione (del diametro di 3-6 m), in una condotta forzata che, scendendo a una quota via via più bassa, convoglia l'acqua con forte pressione alla centrale. Qui il getto d'acqua fa ruotare le pale di una turbina, accoppiata all’albero di un alternatore che converte l'energia meccanica in energia elettrica. La quantità di energia che può produrre questo tipo di centrale dipende sia dalla quantità di acqua raccolta nel bacino sia dal dislivello tra la superficie del lago e la turbina.
La centrale di pompaggio è costituita da due bacini d'acqua, posti uno a monte e l'altro a valle della centrale, collegati da un sistema di tubazioni. Quando c'è minore richiesta di elettricità (solitamente nelle ore notturne) l'acqua del bacino inferiore viene pompata attraverso le stesse tubazioni fino al bacino superiore, che viene così "ricaricato", in modo da essere nuovamente pronto. In questo caso il generatore di corrente funziona come motore, trasformando l'energia elettrica in energia meccanica, che aziona la pompa. Quando c'è maggiore richiesta di energia (nelle ore diurne), l'acqua raccolta nel bacino superiore fluisce verso il basso, azionando la turbina, come un normale impianto a bacino. I grandi bacini idroelettrici possono alterare il clima della zona circostante, per esempio generando nebbie persistenti. Tuttavia le centrali idroelettriche sono tra le meno inquinanti, perché non emettono fumi né scorie.
L'energia eolica, che sfrutta l'intensità del vento, viene definita così perchè Eolo era il nome del dio greco dei venti. L'energia cinetica del vento viene utilizzata per far ruotare eliche o ruote, la cui energia meccanica è poi trasformabile in energia elettrica. Lo sfruttamento dell'energia cinetica del vento è antichissimo: la navigazione a vela e i mulini a vento ne costituiscono gli esempi più significativi.

Come fonte energetica, tuttavia, il vento presenta gravi difetti, che ne limitano molto lo sfruttamento: l'instabilità d'intensità e di direzione e la necessità di grandi masse d'aria per ricavare potenze anche piccole. L'Italia non è un paese esposto a venti forti e regolari, al contrario di paesi nordici come Gran Bretagna, Olanda e Svezia. Possiede comunque venti di buona intensità, in particolare in alcune località alpine e appenniniche e sulle coste. L'energia eolica si può trasformare in energia elettrica attraverso gli aerogeneratori. Si tratta di macchinari derivanti dai tradizionali mulini a vento e costituiti da un ro¬tore, formato da alcune pale fissate su un mozzo, che sottraggono al vento parte della sua energia meccanica. Il rotore, tramite un moltiplicatore di giri, aziona un albero veloce che ha il compito di alimentare un generatore elettrico. Gli aerogeneratori sono alti 50 m e hanno pale lunghe 20 m. Per ottenere una potenza discreta ne occorrono molti, perciò gli effetti sul paesaggio sono simili a quelli delle centrali solari. Inoltre sono molto rumorosi.
 

Per energia geotermica, invece, si intende, in generale, il calore naturale della terra.
All'interno della crosta terrestre la temperatura aumenta di 3°C ogni 100 m di profondità. In alcune zone, però, si possono trovare temperature elevate anche a profondità modeste; per esempio, alla profondità di uno o due chilometri si può giungere fino ad alcune centinaia di gradi centigradi. Esistono situazioni in cui l'acqua sotterranea entra in contatto con rocce calde, viene scaldata fino alla temperatura di ebollizione e trasformata in vapore; in questa forma fuoriesce attraverso spaccature del terreno. In questi casi è più facile sfruttare l'energia geotermica, sia per la produzione di energia elettrica (inviando il vapore direttamente a una turbina), sia per il riscaldamento degli ambienti. In quest'ultimo caso è sufficiente portare in superficie le acque calde.

Inoltre gli impianti geotermoelettrici alimentati da serbatoi ad acqua, dopo aver utilizzato il vapore per le turbine, scaricano acqua a 120-130 °C, che può essere utilizzata per il riscaldamento di serre e abitazioni. Il nostro paese è stato il primo a sfruttare l'energia geotermica per la produzione di energia elettrica: gli impianti di Larderello (in Toscana), ancora in funzione, sono stati inaugurati nel 1904. Oggi a Larderello esiste un museo dell'energia geotermica gestito dall'ENEL. Altri impianti che utilizzano direttamente il calore geotermico per usi domestici, industriali e agricoli sono in funzione sul Monte Amiata, a Ferrara e a San Donato Milanese. II principio di funzionamento di una centrale geotermica è simile a quello della centrale termoelettrica. La sola differenza che caratterizza un impianto geotermico è che invece di bruciare combustibile per ottenere energia termica, sfrutta il vapore caldo che esce da alcune zone della crosta terrestre. In una centrale geotermica la terra si sostituisce alla caldaia, per produrre il vapore da inviare alla turbina. Il vapore viene poi recuperato e riconvertito in acqua e quindi scaricato nel terreno o in un fiume.
Le centrali geotermiche riscaldano le acque dei bacini in cui scaricano i vapori, danneggiandone flora e fauna. Inoltre, pur non emettendo fumi inquinanti, alterano il paesaggio con le loro enormi torri di raffreddamento.

Per la salvaguardia della biodiversità e degli ambienti naturali tutti i Paesi hanno istituito da tempo numerose aree protette, dai parchi nazionali ai parchi naturali, alle riserve della biosfera. Si tratta di aree sottoposte a tutela, all’interno delle quali le attività umane devono sottostare a precisi vincoli per non alterarne il patrimonio fisico e biologico.
Quello del riscaldamento globale del pianeta, e dei conseguenti mutamenti climatici causati dalle attività umane, è considerato uno dei più gravi problemi ambientali, tanto da essere l’oggetto da anni di numerosi negoziati sul clima, il cui scopo è quello di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. L’accordo più importante è il cosiddetto Protocollo di Kyoto firmato nel 1997 (ma entrato in vigore solo nel 2005, dopo un lungo e travagliato iter): esso impegna i Paesi che l’hanno ratificato (circa 140, responsabili di oltre il 60 % delle emissioni) a ridurre di circa il 5 % le loro emissioni entro il 2012, attraverso una serie di misure e politiche volte a contenere il consumo di combustibili fossili, a sviluppare energie alternative, a rendere più efficiente la produzione di energia, ecc.

Gli attuali sistemi di produzione energetica e gli standard di consumo sono gli aspetti che contribuiscono maggiormente a deteriorare la qualità dell’ambiente.
Lo sfruttamento delle fonti “pulite” e rinnovabili è ancora molto limitato, sia per le difficoltà tecniche e i costi fino a poco tempo fa elevati sia per le resistenze a livello di poteri politico-economici. La ricerca nel campo delle fonti alternative, i progetti di riconversione dei sistemi energetici e quelli per incrementare l’efficienza degli impianti continuano a fare progressi, riducendo gli ostacoli tecnici ed economici.
L’Unione Europea ha avviato programmi che prevedono, per la metà del secolo, di ricavare dalle fonti pulite il 50 % di tutta l’energia. Per raggiungere tale scopo, sono stati previsti incentivi per chi installa impianti a energia rinnovabile o comunque più efficienti, nel senso che a parità di rendimento consumano meno energia.
Con le tecnologie a nostra disposizione e mantenendo condizioni di vita agevoli e standard di sviluppo moderno è possibile vivere senza danneggiare il nostro pianeta. Un esempio è il sistema urbano BedZED di Wallington (Londra).
Il villaggio ecologico BedZED (Beddington Zero Energy Development) vuole, appunto, dimostrare come sia possibile ridurre significativamente l’emissione di anidride carbonica, migliorando le generali condizioni abitative e di vita della nostra società. Il progetto ha preso spunto da uno studio che rilevava da che cosa fossero provocate e come fossero ripartite le emissioni di CO2 di una tipica famiglia inglese: un terzo per il riscaldamento e l’energia necessaria all’abitazione; un terzo per l’uso della macchina; un terzo per il cibo, a causa della distanza percorsa dai prodotti alimentari dal luogo di produzione alla tavola. Il quartiere di BedZED comprende circa 100 abitazioni, 18 unità residenziali e di lavoro e 1560 mq di spazi per uffici. Quasi tutti gli appartamenti hanno una piccola porzione di giardino pensile o un terrazzo ed una serra. Organizzato su tre blocchi edilizi a tre piani, con gli spazi di lavoro posti nelle zone in ombra create sotto i giardini pensili, il progetto concilia un’alta densità edilizia con ottimi standard abitativi (26 mq di spazi verdi privati per abitazione e 8 mq di spazi pubblici). Il fabbisogno di riscaldamento di tutto il complesso è ridotto del 10 % grazie ad alcuni accorgimenti: super isolamento termico, triple vetrate, serre esposte a Sud, incremento della massa termica dei muri e dei solai, buona illuminazione e ventilazione naturale.

Il riscaldamento, invece di avvalersi di caldaie a gas, brucia pasticche di legno ricomposto, generate dal riciclaggio degli scarti del legno proveniente dalle zone limitrofe. Un impianto fotovoltaico è stato integrato nelle superfici vetrate esposte a Sud, per produrre energia sufficiente ad un parco di 40 piccole autovetture ibride (elettriche/fuelcells) con 10.000 miglia di durate. Ognuna di queste macchine condivisa fra gli abitanti può sostituire 4 o 5 veicoli, con una sostanziale riduzione della superficie necessaria al parcheggio. Dal punto di vista complessivo dell’approccio sostenibile, BedZED risulta esemplare e coerente in tutte le fasi della progettazione fino alle modalità costruttive adottate. Quindi il progetto BedZED ha certamente indicato una soluzione possibile per lo sviluppo di città sostenibili, ma resta ancora molto da fare affinché le soluzioni tecnologiche ed architettoniche consentano lo sviluppo di un’edilizia che promuova l’integrazione sociale.

In conclusione, voglio dire che spesso le persone si lamentano dell’odore dell’aria e dei rifiuti, ma nessuno di noi ha mai cercato di attuare uno stile di vita più “ecologico”. Molti pensano che cambiare i propri comportamenti sia inutile, ma tutto ciò non è affatto vero. Gli scienziati studiano i problemi ambientali e propongono soluzioni per salvare il pianeta. Bisognerebbe sostituire le fonti energetiche non rinnovabili con quelle rinnovabili, così da diminuire l’anidride carbonica, le risorse come l’acqua e il legname possono essere utilizzati in maniera da ridurre gli sprechi e le risorse non rinnovabili andrebbero riciclate. Bisognerebbe usare i depuratori per le industrie e diminuire l’emissione di gas ad effetto serra etc…
Quindi sacrificare la natura per salvare le produzione industriale ed i consumi è sbagliato, anzi dovremmo tutti quanti adottare degli stili di vita conformi per avere un ambiente più sano e migliore.

 

Salvo Barba

 

 

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