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di Gioia Magliozzi
Il colosso energetico
Chevron
è stato insignito del titolo di società energetica “Most Toxic” (più
tossica) del 2011.
La compagnia petrolifera
ce l’ha messa tutta, durante l’anno, per meritare l’imbarazzante
riconoscimento assegnatole da
AlterNet,
rivista on-line che segue da vicino ogni tipo di problematica
ambientale.
Per cominciare, nel 2011
Chevron ha perso la più importante causa civile della storia riguardante
la sua consapevole contaminazione di quella che una volta era
l’immacolata foresta pluviale amazzonica in Ecuador. La
società, operante come una Chernobyl dell’Amazzonia dal 1964 al 1992 con
il marchio Texaco, secondo le prove presentate al competente tribunale
ecuadoriano ha devastato la foresta più ricca al mondo in termini di
biodiversità, ha decimato diverse comunità indigene e dato origine a
un’elevata incidenza di cancro che ha ucciso, o minaccia di uccidere,
migliaia di persone. I 18 miliardi di dollari di sanzioni inflitte alla
compagnia petrolifera, quanti di quegli effetti riusciranno a risarcire?
La Chevron ha vinto il
titolo nello stesso periodo in cui è stata scoperta nel tentativo di
depistare le autorità brasiliane riguardo una fuoriuscita di petrolio in
alto mare. Il 7 novembre scorso, infatti, nell’Oceano Atlantico (in
territorio brasiliano) si sono riversati più di 400 mila litri di
greggio. Il portavoce locale della Chevron ha mentito alle autorità e
agli ambientalisti sia sull’origine della perdita, sia sul numero di
barili dispersi in mare. Chevron stava trivellando più in profondità di
quanto il governo brasiliano avesse autorizzato e ha dovuto ricorrere a
un sonar per determinare l’origine della perdita. Un crimine ambientale
per arginare il quale ci sono voluti dieci giorni.
Una curiosità: la
Chevron – che ha progettato il sistema di estrazione in
Ecuador scegliendo volutamente di inquinare pur di abbattere i costi di
produzione – ha strappato il podio alla
ExxonMobil (campione
sinora incontrastato di inquinamento doloso mondiale) e alla
BP (autore
del più grave disastro petrolifero della storia degli Stati Uniti, la
Marea Nera che per quattro mesi nel 2010 ha devastato le acque al largo
della Louisiana nel Golfo del Messico), compagnie petrolifere che si
sono piazzate soltanto al secondo e terzo posto.
Il lascito della Chevron
comprende, inoltre, più di 900 scavi aperti nel terreno della giungla,
inquinano le falde acquifere e scaricano acque di scolo contaminate nei
fiumi e ruscelli limitrofi.
Tra i fattori, quindi,
del riconoscimento di “più tossica” alla Chevron, Alter-Net contempla il
disprezzo della vita, l’entità della distruzione ambientale e – tanto
per non farsi mancare nulla – l’uso di pubblicità ingannevole volta a
mascherare la cattiva condotta (pubblicità per la quale ha speso molto
più di quanto abbia mai investito per rimediare ai danni provocati).
Un risultato, quello di
Chevron, destinato a lasciare una traccia nella vita di tutti.
(G.M.)
SOSTENIBILITA’ E
SICUREZZA VIAGGIANO INSIEME
Rispetto ai modelli convenzionali, le automobili ibride comportano una
probabilità più bassa di lesioni fisiche per i passeggeri.
E’ quanto emerso da una ricerca promossa dallo statunitense Highway Loss
Data Institute (HLDI), istituto non-profit di ricerca sulle perdite di
vite umane in incidenti stradali, il quale – avvalendosi di specifici
crash test – ha dimostrato che le probabilità di riportare traumi fisici
in un incidente sono in media del 25 per cento più basse per chi viaggia
in veicoli ibridi rispetto ai non ibridi.
Matt Moore, vice presidente di HLDI e uno degli autori del rapporto, ci
spiega il perché: «Le ibride hanno in media un peso maggiore del 10 per
cento rispetto alle loro omologhe standard. Questa massa extra le
avvantaggia in caso di incidente, cosa che non accade alle loro gemelle
tradizionali».
E’ risaputo che in uno scontro fra due veicoli, di cui uno più
grande/pesante e uno più piccolo/leggero, il primo e i suoi occupanti
subiscono traumi più lievi, prima di tutto perché la forza del primo
mezzo si scarica addosso al secondo, spingendolo all’indietro, e seconda
cosa perché il veicolo più leggero è maggiormente a rischio di
deformarsi nell’impatto, colpendo i passeggeri al suo interno. Per chi
viaggia nell’abitacolo, una massa maggiore dell’automobile è
direttamente proporzionale alla propria sicurezza, anche quando
l’incidente avvenga non fra più veicoli, ma contro un ostacolo.
Sebbene le ibride abbiano la stessa struttura delle loro equivalenti
tradizionali, hanno un peso superiore a causa della massa aggiuntiva
delle batterie e dei componenti dei sistemi a doppia alimentazione, e di
conseguenza risultano più sicure.
La nuova scoperta è una buona notizia per i guidatori “verdi”, che non
vogliono barattare l’economia energetica con la sicurezza personale.
Fino a poco tempo fa, gli acquirenti
dovevano scegliere fra le due alternative, poiché le automobili più
efficienti in termini di carburante erano tendenzialmente più piccole e
leggere. Adesso, i consumatori hanno più opzioni che mai, quando stanno
per scegliere un veicolo amico dell’ambiente e, ora lo sappiamo, amico
della sicurezza. «Risparmiare al distributore non significa più
economizzare sulla protezione dagli incidenti», dice Moore.
Ma, c’è un ma. Un’analisi separata di HLDI mostra che, al contrario, è
per il 20 per cento più probabile che dei pedoni rimangano coinvolti in
incidenti con le ibride: «Quando un’ibrida opera in modalità
esclusivamente elettrica, un pedone non la sente avvicinarsi», spiega
Moore, «cosicché quest’ultimo rischia di accingersi ad attraversare la
strada senza prima controllare se stia arrivando qualche veicolo». E’ un
problema che emerge man mano che le ibride stanno diventando più
diffuse, ed è il problema da affrontare al più presto affinché le auto
elettriche vengano dotate di dispositivi sonori per allertare i pedoni
distratti.
In generale, c’è da notare che anche altri fattori – fra cui il come,
quando e da chi le ibride vengono guidate – contribuiscono alla loro
minore pericolosità, fattori per i quali gli studiosi hanno incluso dei
controlli nella ricerca, allo scopo di ridurne la possibile influenza
sui risultati.
Questa precisazione induce una riflessione: la maggiore attenzione per
l’ambiente, il desiderio di un utilizzo consapevole delle risorse
energetiche, l’apertura a novità ecologiche e sostenibili, sono indici
di una cultura in evoluzione. L’individuo che, prima degli altri, stia
facendo propri questi valori, dimostra una forma mentis incline ad essi,
e senza dubbio attua comportamenti coerenti: rispetto del codice della
strada, dei limiti di velocità, delle norme di sicurezza alla guida;
ancora, una manutenzione costante del proprio veicolo, e – soprattutto –
rispetto per gli altri automobilisti e per i pedoni.
E tutto questo è già garanzia di una maggior sicurezza, per se stessi e
per gli altri.
Gioia Magliozzi |