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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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  • IL GIORNALISMO IN RETE

  • L'IPhone e la privacy

  • Open source vs Closed source

di Francesca Beatrice Cice

Il Giornalismo in rete

Per anni la comunicazione si è sdoppiata tra quella presente sulla carta e quella, sempre più predominante, circolante nella rete. Dualismo che sin dall'inizio non è stato di facile decifrazione. Ci si è sempre chiesto se il giornalista web si potesse considerare un giornalista 'patentato' al pari di quello cartaceo. Internet ha cambiato la visione del mondo, mentre nella comunicazione cartacea i lettori erano soggetti passivi, in un rapporto in cui le scelte venivano prese ed attuate dalle redazioni giornalistiche, si è passati alla comunicazione web in cui i lettori diventano parte attiva e creativa dell'informazione. Questo cambiamento ha portato ad un sostanziale mutazione dei giornali e delle riviste.

Negli ultimi 10 anni la velocità della rete ha reso possibile una più veloce trasmissione dell'informazione. I pregi della comunicazione web rispetto a quella cartacea sono tanti, l'informazione può essere aggiornata in tempo reale e chiunque può partecipare alla sua formazione. Il contrario avviene nella comunicazione stampata, dove, il più delle volte, l'informazione risulta già passata e non aggiornabile se non alla successiva ristampa. Il lettore è passivo, non può far presente il proprio punto di vista.

Ecco il motivo per il quale, accanto alle testate tradizionali, che sviluppano anche la presenza nel web per fidelizzare i web readers al pari di quelli tradizionali,sono nate molte webzine, testate giornalistiche online, in cui l'informazione viene prodotta gratuitamente e il cui sostentamento viene garantito dalla pubblicità, che il più delle volte è insufficiente a coprire i costi.

D'altro canto Internet ha dato la possibilità di creare velocemente nuova informazione.

Gruppi socio-culturali attraverso la rete condividono informazioni fruibili su scala mondiale. Questo non ha provocato la scomparsa dei giornalisti e dei giornali, ma la loro conversione ad essere trait d'union tra l'informazione e i soggetti che la fruiscono, raccogliendo, sintetizzando e verificando l'informazione presente in Internet. Prima dell'avvento in essere della rete, il ruolo del giornalista era quello di raccogliere informazione per offrire notizie il più complete possibili. Con l'avvento della rete il giornalismo ha avuto nuova vitalità, apportata dall'esercito dei non autorizzati, ecco i blog e il giornalismo partecipativo. Blog e wiki scritti sia da perfetti sconosciuti ma con grandi competenze, che da personaggi illustri, che decidono di condividere le loro conoscenza con la grande comunity.

Queste nuove forme, che per la loro età, sembrano avere minor importanza rispetto alla carta stampa tendono a rendere quest'ultima solo un ulteriore mezzo di supporto, in cui vengono sottolineate le notizie più lette e scaricate del web.

La rete diventa contenitore del lavoro intellettuale di individui sparsi nel globo, che ragionano individualmente ma sapendo di confrontarsi con centinaia di referenti, che partecipano alla formazione delle idee. È questo quello che avviene nell'open source. In questa nuova realtà tutti assumono il ruolo di giudice e di verificatore dei contenuti letti; ma viene anche migliorata in maniera esponenziale la capacità di selezione, decifrazione e aggregazione dei contenuti, grazie alle funzionalità offerte dalla rete.

La rete diventa un mondo parallelo che in molti ambiti si intreccia con la realtà. Un mondo in cui nuovi gruppi si costituiscono e nuove comunità si rafforzano in nome di un interesse, di un sapere, di una passione in comune.

Si è difronte alla realtà in cui c'è una minor richiesta di notizie, ma una forte offerta di raccolta delle stesse. L'informazione è realizzata dal 'passante' che per caso coglie al balzo una notizia e che per quasi per gioco la condivide, non con il vicino di casa, ma con il vicino di rete, nonché con il mondo intero.

(F.B.C.)


L'IPhone e la privacy

Alasdair Allan e Pete Warden hanno presentanto nel corso del convegno  "The O'Reilly Dove 2,0" a San Francisco, la loro scoperta: un file nascosto all'interno del dispositivo che memorizza l'ubicazione geografica dell'utente.

  Nell'iPHone e nell'iPad Wi-Fi, entrambi dotati con connettività 3G, utilizzano il sistema operativo iOS, studiato appositamente per i dispositivi mobili della Apple. I due ricercatori hanno ritrovato un file nascosto all'interno del dispositivo  che memorizza tutti gli spostamenti dell'utente.
I dispositivi della Apple hanno la necessità di essere sincronizzati con un computer per poter scaricare musica, filmati, email e documenti, effettuare le periodiche operazioni di backup effettuate grazie all'ausilio di iTunes. In questa attività di sincronizzazione viene passato anche questo file, che così diventa disponibile anche a chi, oltre al proprietario, accede al computer.
Se di primo impatto la situazione può non risultare molto grave, si pensi a dei comunissimi virus che non fanno altro che fare la scansione di un sistema e inviare via rete quello che trovano, si potrebbe scrivere poco codice che permette di individuare il file all'interno del sistema e inviarli via rete ad un attaccante.
L'idea che questo file sia utilizzato dalla casa produttrice dei dispositivi mobili è molto diffusa. Infatti durante le operazioni di installazione dell'applicativo iTunes, in una schermata viene chiesto all'utente se si vuole fornire informazioni per migliorare il servizio, viene garantita l'anonimia ma l'autorizzazione permette alla Apple di accedere al file.

Nella policy di sicurezza della Apple si recita:

Location-Based Services

To provide location-based services on Apple products, Apple and our partners and licensees may collect, use, and share precise location data, including the real-time geographic location of your Apple computer or device. This location data is collected anonymously in a form that does not personally identify you and is used by Apple and our partners and licensees to provide and improve location-based products and services.

In breve, la Apple e i suoi partner possono collezionare, usare e condividere i dati relativi alla posizione geografica del dispositivo Apple. I dati sono raccolti in maniera anonima ed  usati solo per migliorare i prodotti offerti.

È indubbiamente un problema di privacy. Da ricordare che la privacy è il diritto di un utente di disporre dei propri dati personale e decidere a chi, come, quando, dove e perché rilasciare i propri dati.
Di conseguenza sarebbe una buona scelta quella di non autorizzare l'invio dei propri dati in forma anonima, anche perché non si tratta di una reale anonima, ogni dispositivo ha un identificativo
MAC (Media Access Controll) che identifica fisicamente il dispositivo; quest'ultimo al momento dell'acquisto viene registrato dall'acquirente, operazione necessaria per ottenere anche la garanzia sul dispositivo.
Ogni dispositivo funge da punto di raccolta delle informazioni  che sono inviate, nel caso sia stata data autorizzazione via iTunes, ai server per la collezione e l'analisi.
In questo ottica è facile capire come sia facile mettere in relazione le informazioni inviate dal dispositivo con un determinato MAC, con la registrazione del dispositivo effettuata dall'utente.

Una soluzione drastica è quella che richiede che il dispositivo mobile sia sbloccato con il Jailbreak, e nell'istallazione di un applicazione presente sulla rete Cydia (qui sono presenti applicazioni non autorizzate da Apple). L'operazione non è accettata dalla Apple, di conseguenza, nel caso la si effettui, fa cadere la garanzia.
(F.B.C.)


Open source vs Closed source

Forse esiste ancora gente che non conosce il dualismo esistente nel mondo del software. Da anni ormai si contendono la scena il software cosiddetto proprietario, di cui Microsoft rappresenta il maggiore emblema, e il software libero, meglio conosciuto col nome di Open Source. Questi termini indicano che il codice sorgente è modificabile e distribuibile liberamente.

Erroneamente il messaggio più spesso associato a open source è che si tratta di software gratuito. Il motivo è che non ci sono costi di acquisto della licenza. In realtà per le organizzazioni che adottano software open source ci sono costi di manutenzione e supporto. Il vantaggio però è quello di non essere legati ad una tecnologia proprietaria, che il produttore può decidere di sviluppare o abbandonare. L'accesso al codice sorgente permette a qualunque programmatore interessato di continuare lo sviluppo secondo le proprie esigenze. Spesso si creano comunità di sviluppatori che lavorano insieme allo stesso progetto.

Proprio queste comunità internazionali hanno fatto in modo che alcuni progetti open source si sono diffusi a tal punto da diventare un riferimento nel loro specifico ambito: è il caso di Apache, Tomcat, MySql, di linguaggi di programmazione come Php e Ruby on Rails e di Content Management System come Joomla e Wordpress. La maturità raggiunta da questi software ne ha permesso l'adozione su larga scala per un gran numero di organizzazioni, anche commerciali.

Alcune caratteristiche dello sviluppo dell'open source sono molto interessanti: l'apertura a nuove idee e funzionalità, lo sviluppo concorrente e parallelo, il rapido adeguamento alle mutate esigenze degli utenti. Queste peculiarità hanno una portata che va oltre il mondo dell'informatica, che amplia le libertà di ognuno, dando a tutti la possibilità non solo di utilizzare il software, ma di contribuire in vari modi al miglioramento del prodotto. Grazie alla diffusione dell'accesso a Internet, individui sparsi nel globo possono lavorare insieme, creare e distribuire software anche migliore di quello proprietario. Questo garantisce la presenza di un'ampia gamma di alternative tra cui scegliere e priva i maggiori produttori di software del monopolio sul mercato.

Molti sono gli Stati che hanno promosso l'adozione del software open source nelle loro amministrazioni, alcuni di grande impatto, come la Russia, la Gran Bretagna e il Brasile.

Sarebbe il caso che anche l'Italia affrontasse l'attuale crisi economica anche adottando software open source e incentivando le software house italiane che scelgono di rendere pubblici i codici sorgenti dei propri programmi.

 

Francesca Beatrice Cice

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