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Colture OGM: quanto possiamo fidarci?

di Elena Panero

 

Da anni si sente ormai parlare di colture OGM o transgeniche, e può capitare in generale di chiedersi se questi organismi modificati geneticamente siano una minaccia per la salute o meno.

La diatriba va avanti da tempo, da quando per la prima volta nel 1973 si sentì parlare di modificazione genetica di un batterio, l’Escherichia coli, nel quale era stato clonato un gene di rana tramite tecniche di ingegneria genetica. L’esperimento era allora effettuato da due ricercatori, Stanley Cohen della Stanford University School of Medicine e Herbert Boyer, della University of California.

 

Di per sé le modificazioni genetiche sono sempre avvenute, sia perché indotte dall’uomo – ad esempio attraverso incroci mirati di due esseri viventi anche non appartenenti alla stessa specie, grazie alla riproduzione sessuale-, sia per fenomeni naturali (ed è anche il fattore che ha dato il via a tutta una miriade di specie viventi), ma con l’ingegneria genetica si è voluto oltrepassare i limiti naturali spingendosi ad inserire volutamente, “nel genoma di un dato organismo, i geni provenienti da una organismo di specie diversa”.

 

Dal 1973 sono stati fatti molti passi avanti e, più si continua a fare ricerca, sperimentazioni e tentativi di introduzione delle specie OGM nella vita quotidiana, più sorgono contrasti e dubbi sulla bontà o sulla pericolosità di questo o di quell’organismo.

 

La motivazione più forte che porta ad essere favorevoli è l’idea di poter avere cibo sufficiente per tutti, quindi è considerata una forma di lotta alla fame nel mondo e, a questo proposito, anche il Vaticano sembra trovarsi d’accordo. Se pensiamo alle stime della popolazione mondiale attesa nel 2050 (circa 10 miliardi di persone), allora gli OGM potrebbero essere –da questo punto di vista- un aiuto ad affrontare il potenziale problema.

 

Fermarsi però a poche considerazioni non basta; d’altro canto i dubbi sulla bontà delle piante OGM sono del tutto legittimi, se si pensa che l’introduzione di queste nuove specie possano portare ad esempio ad un inquinamento dei suoli (a volte le piante OGM vengono trattate con dei geni batterici che provocano la produzione di tossine nella stessa pianta per difenderla dagli insetti), alla perdita della preziosa biodiversità che caratterizza ogni angolo del nostro pianeta e al rischio di allergie ed intossicazioni. Per contro non è stato ancora dimostrato che le colture OGM diano un miglior rendimento.

 

Fino ad ora vi sono solamente grossolane valutazioni dei rischi, per cui spesso la discriminante nella scelta tra un organismo geneticamente modificato ed uno ‘normale’ è di fatto  il timore di non sapere quali siano i rischi per la salute umana a medio e lungo termine.

Spesso non esiste un monitoraggio adeguato, perché non sempre è chiaro dalle etichette se un certo ortaggio sia stato manipolato geneticamente.

 

Intanto, lo scorso gennaio in Italia è stato dato il via libera all’utilizzo di un tipo di mais OGM della Monsanto, e già a luglio 2010 veniva distrutto -tra le polemiche- il primo campo di mais OGM a Vivaro, in provincia di Pordenone.

 Se guardiamo un po’ oltre i nostri confini, anche la Commissione Barroso ha acconsentito a coltivare la patata ogm Amflora e 3 ibridi di mais, e anche l’EFSA (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare) ha espresso pareri favorevoli sull’utilizzo della patata Amflora. Quando poi non si coltiva direttamente, accade che piante ogm come la soia ed il mais vengano comunque importate ed utilizzate come cibo per il bestiame.

 

Il lato più incerto di queste colture è il possibile effetto sull’uomo; le relazioni delle multinazionali sui test condotti sui ‘loro’ vegetali OGM non sempre espongono risultati neutri sulla salute delle cavie, e talvolta i risultati risultano un po’ “corretti” o volutamente “positivi”, come è accaduto per la relazione (riservata) della Monsanto su un proprio tipo di mais OGM, il MON863.

Nel 2009 una ricerca dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione) evidenziava le alterazioni sul sistema immunitario dei topi di laboratorio; le alterazioni si concentravano nel periodo della crescita e della vecchiaia delle cavie. Anche qui si trattava di una ricerca condotta su un altro tipo di mais, il MON810, sul quale erano state modificate 43 proteine.

 

Il tema delle colture OGM è così vasto da meritare molti approfondimenti, ma è un argomento attuale, che porta a riflettere e –forse- anche a fare un po’ più di attenzione alla nostra alimentazione (Dic. 2010).

 

Elena Panero

 


 

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