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BUON COMPLEANNO

Ayrton Senna compie cinquant’anni

di Roberto Maurelli 

 

Ogni anno le televisioni e i giornali ricordano le gesta di Ayrton Senna in occasione dell’anniversario della sua morte oppure quando si corre il Gran Premio di Imola, la gara in cui perse tragicamente la vita.

Finalmente questa volta sento parlare di Ayrton in occasione del suo… compleanno. Avrebbe compiuto cinquant’anni se fosse stato ancora tra noi, ma il destino a voluto che quel primo maggio 1994 il brasiliano non scendesse più dalla sua Williams, che si consegnasse definitivamente alla storia e alla leggenda.

“…E ho capito che Dio mi aveva dato il potere di far tornare indietro il mondo, rimbalzando nella curva insieme a me…”. Così recita un verso della canzone che Lucio dalla ha voluto dedicare al suo mito. E davvero ogni volta che torniamo indietro a raccontare la sua storia sembra davvero di ripiombare in quegli anni, tanto vicini eppure tanto lontani, di gioire per le sue vittorie e piangere per le sue sconfitte, di rivivere quelle epiche battaglie, di commuoverci davanti allo spessore umano di un uomo che non celava al mondo le sue insicurezze e i suoi turbamenti.

Già le sue insicurezze perché il giovane Ayrton era un ragazzo fragile, malinconico, forse proprio per questo così affascinante. In auto riusciva a mostrare, però, la sua natura più profonda e selvaggia; gli bastava infilare il caso per trasformarsi nel pilota affamato di vittorie, meticoloso nella messa a punto dei dettagli, coraggioso in gara, maledettamente veloce… Sapeva quello che voleva: voleva essere il primo ed aveva la testa troppo dura per rinunciare a questo obiettivo. Ma era anche un uomo giusto, e questo mix lo rendeva speciale.

La sua carriera è stata costellata da fortissime rivalità. D’altra parte, la sua epoca è stata quella in cui il tasso di talento tra i piloti in pista era forse il più alto di tutti i tempi. Da ricordare gli scontri, anche fisici, con Nigel Mansell, un pilota che forse non era in grado di tenere il ritmo di Ayrton quanto a velocità pura, ma che non si è mai fatto intimorire dal punto di vista psicologico e che con lui ha ingaggiato duelli corpo a corpo davvero al limite della ragionevolezza. Di questo Ayrton non era particolarmente contento ed infatti definiva il pilota inglese “il pazzo”. Diversa la rivalità con l’eterno nemico, Alain Prost, suo compagno di squadra in McLaren nel 1988 e nel 1989. L’inizio della guerra tra i due risale, come tutti sanno, al 1989, stagione che culminò con una manovra scorretta da parte del francese e con la perdita del mondiale all’ultima gara per Ayrton. Ma come poteva essere diverso? Stiamo parlando del team più forte del momento, dei due piloti più capaci di quegli anni; lo scontro era nell’aria, fa parte del DNA dei campioni di razza.

Mi piace rileggere le pagine di quella storia, sapere che alla fine i due si sono riappacificati, consapevoli che l’uno a contribuito a far entrare l’altro nella storia, perché lo sport vive anche di queste folli passioni, di questi momenti di tensione agonistica. Lo stesso Ayrton volle far sentire a tutti quanta nostalgia avesse di quegli anni quando, mentre era al volante della sua vettura, disse nel microfono che voleva salutare il suo amico Alain. Prost era a quel tempo commentatore delle gare di Formula 1; ascoltò quella dichiarazione in diretta e, come tutti i tifosi, sentì il suo cuore aprirsi per tanta magica spontaneità.

Era così il brasiliano. A volte irraggiungibile e poi per un attimo, prezioso, così vicino da sentirlo dentro di noi. Fu il primo pilota ad avere un addetto alle pubbliche relazioni che curasse i suoi rapporti con la stampa, gli sponsor, ecc. Eppure, quando fissavi un appuntamento con lui sapevi che sarebbe stato tutto molto intimo e familiare, il grande campione pronto a rispondere ad ogni domanda con disponibilità e senza mai essere banale. Cesare Fiorio racconta che, quando era direttore sportivo della Ferrari, tentò di portare Senna a Maranello. Si cominciò a discutere nella stagione 1990, ma senza avvocati e senza pubblicità. Solo lui e Ayrton, oggi nella sua casa di San Paolo, poi in quella di Montecarlo, e così via. Un rapporto umano, vero.

Naturalmente Ayrton era anche molto tattico, voleva curare ogni dettaglio, dentro e fuori la pista. Ma questo faceva parte del suo immenso talento.

Era uno dei requisiti essenziali del suo carattere, funzionale semplicemente a raggiungere la vetta il più in fretta possibile. Nulla di costruito, era semplicemente Lui…

Anche per questo forse la mente torna sempre a quel fatidico primo maggio 1994, 7 giro del Gran Premio di Imola. Forse il magico ricordo della sua grandezza ci vorrebbe far cambiare la storia. Vorremmo ridisegnare un destino ingrato che ce lo ha strappato troppo presto, quando era ancora il più grande di tutti.

E allora buon compleanno Ayrton. Un amico come te non si dimentica facilmente.

 

Roberto Maurelli

 

 


 

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