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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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     ECOMAFIE: UN BUSINESS PROMETTENTE

 

di Fortunato Aliberti 

 

Il termine ecomafia, richiama alla mente immediatamente paura, terrore e ci ricorda che il nostro quotidiano, la nostra realtà è afflitta da questo male, da questo “tumore “che si insinua nel nostro sociale. Taluni, questi esseri spregevoli, li abbiamo fatti entrare nelle nostre case, introducendovi le loro logiche perverse, le loro leggi. Inconsapevolmente diveniamo loro complici per salvaguardare il nostro” orticello”.

Quindi con questo termine, portiamo alla luce tutte quelle operazioni illecite a carattere speculativo, che procurano all’ambiente un impatto devastante, messo in atto da reti criminali, in cui sono correi, scientemente e non, le stesse persone poste alla repressione dei reati ambientali e delle istituzioni dello stato.

Per questa ragione, l’omertà della nostra società e il diffuso disinteresse a tutti reati ambientali, creano un terreno fertile alle ecomafie, in quanto si garantisce loro impunità, protezione e sostanziale consenso intorno alle attività eco mafiose, che spesso fanno riferimento ad amministratori locali e organismi di controllo corrotti, creando vere e proprie “reti ecocriminali”.

In merito agli ultimi rapporti ecomafia di Legambiente, il giro d’affari si aggira intorno a 23 miliardi di euro l’anno ma l’azione della criminalità’ organizzata, non è quasi più come quella tradizionale, in cui ci si faceva spazio tra delitti terribili e sanguinolenti; oggi si insinuano nel mercato economico in modo silenzioso, facendo dei reati un qualcosa di ben strutturato.

Questo inserimento nel mercato, ha inficiato gran parte dell’ambiente come ad esempio il ciclo dei rifiuti tossici e l’attività edilizia, un terreno fertilissimo per la criminalità organizzata; la mafia ne ha beneficiato grazie a norme giuridiche quasi inesistenti, da sanzioni penali in materia di tutela  dell’ambiente quasi ridicole.

 Addirittura se si vuole eludere il delitto di associazione a delinquere, taluni spostano le sostanze inquinanti e le conseguenti attività criminali verso paesi più compiacenti o privi di disciplina sanzionatoria come il caso del carico dei rifiuti elettrici ed elettronici approdati in Nigeria dal porto di Tilbury in Essex (GB).

Il maggior numero di reati si riscontrano in particolar modo in quattro regioni italiane: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, ovverosia le stesse in cui sono presenti le principali organizzazioni mafiose italiane; anche se non bisogna escludere il “contributo”dato dalle ragioni del centro e nord Italia. Ricordiamo a questo proposito il caso” mafia del vento”, che ha portato alla luce gli intrecci politico mafioso di imprenditori del nord-est, a riprova del fatto che la mafia non è più da tempo fenomeno regionalistico.

Oggi, lo smaltimento di rifiuti tossici o di scorie nucleari, è il mercato cui molti mafiosi sono interessati e proprio per questo motivo sta divenendo uno dei più pericolosi.

Ma, all’orizzonte, si sta aprendo un altro forte interesse: l’energia eolica. Proprio recentemente sono stati arrestati mafiosi, imprenditori, politici e burocrati, con l’accusa di associazione  mafiosa, corruzione e violazione della legge elettorale, nell’ambito dell’operazione chiamata”EOLO”, condotta dalle forze pubbliche a Palermo.

 

NUOVO BUSINESS: L’EOLICO

Come abbiamo già detto precedentemente, da quanto è emerso dall’inchiesta Eolo condotta dai carabinieri di Palermo, si è visto l’arresto di molti personaggi del mondo della mafia e della politica. Da questa indagine affiorò una coalizione tra imprese, malavitosi e politici al mero scopo di costruire centrali eoliche in Sicilia con affari di svariate centinaia di milioni di euro.

Ciò che lascia più basiti è il fatto che coloro i quali dovrebbero rappresentarci, abbiano questi rapporti simbiotici con la malavita: ad esempio a finire in manette, oltre al fratello del boss di Marzara Del Vallo, Giovan Battista agate, scopriamo che c’e’ anche la complicità di un ex assessore e consigliere comunale di Forza Italia, Mariano Agate e l’imprenditore trentino Luigi Franzinelli, ex segretario della Cgil. Tutto questo è sconcertante.

Quest’operazione ha avuto buon esito, grazie al fatto che esistano ancora le intercettazioni telefoniche, le quali hanno permesso di far trapelare tutto il giro di corruzione e di degrado appartenete alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo: si è potuto verificare tutto ciò che gestivano dal controllo di attività economiche, autorizzazioni agli appalti e servizi pubblici nel settore della produzione di energia elettrica mediante impianti eolici, anche attraverso lo scambio politico-mafioso di voti. In più, con la connivenza di pubblici ufficiali, furono in grado, i mafiosi, di avere informazioni in merito ad uno schema di convenzione per la realizzazione di un parco eolico a cura della società Enerpro, nonostante fossero notizie sottoposte a segreto d’ufficio. Queste informazioni arrivarono alla società concorrente la Sud Wind Srl, affinché potesse presentare una convenzione simile ma a condizioni più interessanti, senza contare i ripetuti favoritismi fatti nei confronti di quest’azienda, in merito al giro d’interessi intorno all’eolico.

 

 ENORME GUADAGNO: GRAZIE AI RIFIUTI

Un altro business particolarmente redditizio è quello del ciclo dei rifiuti illegali. E’ dagli anni settanta che i criminali di tipo mafioso, hanno visto in questo mercato una grande fonte di guadagno. Possiamo dire che questo traffico abusivo è cosi costituito: dai rifiuti solidi urbani ai rottami ferrosi contaminati, dai rifiuti radioattivi di provenienza ospedaliera alle sostanze ad alto contenuto tossico. Uno degli escamotage più raffinati è quello delle contraffazioni delle bolle di accompagnamento, in cui vengono registrati i dati dei rifiuti e questi compiono fittiziamenete più strada di quanto non ne percorrono in realtà, raggiungendo discariche autorizzate a riceverli non nella loro veste originaria, ma dopo trattamenti in realtà non effettuati. Un altro modo in cui si muove il traffico di rifiuti è quello delle cosiddette “ carrette di mare”, navi trasbordanti di rifiuti tossici molto pericolosi, fatte approdare su qualche costa nei paesi in via di sviluppo come l’Africa e poi abbandonate. Oppure le si fa affondare per poi ottenere dalle compagnie assicurative ingenti risarcimenti.

 

QUANDO SONO NATE LE ECOMAFIE?

Questi traffici hanno preso piede all’inizio del 1982, quando entrò in vigore la normativa sul trattamento dei rifiuti speciali. Con l’Operazione Adelphi, molti reati di questo tipo vennero a galla; imprenditori e amministratori vennero condannati a Napoli per abuso di ufficio e corruzione. Venne imputato loro anche il reato di associazione mafiosa ma riuscirono in seguito ad essere assolti.

Nel 94’ è stato istituito L’Osservatorio Ambiente e Legalità, un’iniziativa di Legambiente e nel 97’ è stato pubblicato il primo Rapporto Ecomafia dell’associazione ambientalista.

Nel 95’ è stata istituita la Commissione parlamentare d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Molte azioni della polizia sono state condotte contro i traffici di rifiuti.

Ma tutto questo ancora non basta, poiché secondo l’APAT (agenzia governativa), nonostante le attività di repressione, in Italia solo nel 99’ sono stati prodotti 72.5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 23 milioni da industrie di costruzione e 4 milioni considerati pericolosi.

 

SMALTIMENTO ILLEGALE DEI RIFIUTI E I RIFIUTI RADIOATTIVI

Riguardo all’Italia, il meridione è il punto più propizio per depositare rifiuti. La rotta adriatica e tirrenica è quella più battuta, in cui i rifiuti vengono sotterrati in cave abusive, adducendo già a un reato ambientale. Ma anche il nord non è da meno, poiché comincia ad avere il suo primato riguardo allo smaltimento dei fanghi tossici. Ma il bel Paese, è anche crocevia di traffici internazionali di rifiuti, provenienti dall’Europa e destinati in Africa. Tuttavia l’ecomafia è uscita al di fuori dell’Italia e ha incominciato a proliferare reti pericolose in tutta Europa; da qui si esportano i materiali tossici perché troppo costosi da smaltire sul proprio territorio. A volte si arriva addirittura a fare una sorta di baratto con i paesi in via di sviluppo, in cui si scambiano armi, per ottenere in cambio la disponibilità a smaltire rifiuti nei loro territori. In Somalia, Congo e Mozambico, si evidenzia questo “scambio commerciale” denominato weapon connection. Ricordiamo anche il legame che c’è tra ecomafia e ciclo illegale di cemento. In Italia esistono più di 220 cave abusive sparse in tutto il territorio. Al terzo posto abbiamo il Lazio tra le ragioni italiane per numero di infrazioni accertate, dopo Campania e Puglia, senza tralasciare zone del nord-est; qui infatti affiorò una vera e propria associazione a delinquere specializzata nei furti di sabbia sui fiumi Po, Adige e Brenta.

Riguardo ai rifiuti radioattivi, bisogna dire innanzitutto che vengono dispersi nell’ambiente, lontano da tutti e viaggiano tranquillamente attraverso le frontiere. Il materiale radioattivo che fa più gola è il Plutonio e l’Uranio in ambiente nazionale e non. La situazione in Europa è grave poiché dal 92’

al 98’ sono stati accertati 173 casi di traffico illecito di materiale nucleare di fonti radioattive. Dall’Est Europa provengono rottami metallici contaminati radiativamente e il nostro paese è il principale importatore di materiale ferroso in Europa. Molti carichi ferrosi sfuggono ai controlli doganali, come il caso avvenuto a Brescia, in cui L’Asl, tra il 98’ e 99’ ha rivelato più di 100 carichi di rottami radio contaminati. Di grande interesse altresì, i rifiuti che arrivano dai centri medici e dagli ospedali.

Un caso italiano importante e quello delle denunce da parte del WWF di Aversa, su affondamenti di navi sospette al largo dei nostri mari. Appari, per la prima volta, il nome di un ingegnere pavese, Giorgio Comerio, grande sponsor di siluri penetratori dentro ai quali si seppellivano tonnellate di scorie radioattive. La denuncia partiva dallo spiaggiamento della Rosso 87 a Capo Spartivento, dal suo misterioso svuotamento e dal ritrovamento a bordo di carte nautiche, le quali, dopo qualche anno, furono rinvenute a casa di Comerio.

Ma a questo punto ci si domanda ma lo stato in tutto questo dov’è? Sembra inesistente. E ci si chiede: le mafie fatturano 100 miliardi di euro all’anno nell’economia reale, può lo stato o addirittura l’Europa rinunciare a questo denaro? Credo che la risposta la conosciate già.

Conosciamo già la risposta, poiché abbiamo avuto conferme, anche dalla DIA di Napoli, di attività che vede la compartecipazione di soggetti estranei alla criminalità organizzata ma collegati al contesto politico. Dunque è nata una nuova criminalità, non più solo mafiosa ma Politica, come ci ha dimostrato in maniera magistrale Roberto Saviano nel suo libro “Gomorra”.

 

 Fortunato Aliberti

 

 

 

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