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IL DILEMMA DEI BIOCARBURANTI

 

di Isabella Dallapiccola



L’Unione Europea ha fissato per il 2020 l’obiettivo che i biocarburanti arrivino a rappresentare una fetta di almeno il 10% del totale (che dovrà diventare il 25% nel 2030) come concreto strumento di significativa riduzione di quelle emissioni nocive per l’ambiente (anidride carbonica e gas serra).
Il biodiesel (puro o in miscela)come combustibile alternativo al gasolio per i motori diesel (senza bisogno di modificarli) è ormai una realtà affermata in moltissimi stati (in Francia è utilizzato normalmente in miscela al 5% con gasolio; in Germania viene addirittura usato anche puro).
Per quanto riguarda il bioetanolo può essere utilizzato direttamente come componente per benzine. Il bioetanolo può essere aggiunto alle benzine in una percentuale che può arrivare fino al 30% senza dover modificare in alcun modo il motore.
Ma l’argomento biocarburanti è molto delicato perché l’obiettivo di tutelare l’ambiente, va a sbattere contro il problema di non affamare ulteriormente centinaia di milioni di abitanti del pianeta terra. Infatti, contro una quota sempre più alta di coltivazioni agricole destinate a produrre biocarburanti invece che cibo si è scagliata niente meno che la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite) che ha come obiettivo primario quello di combattere la fame nel mondo. Lo scorso anno Jean Zigler, inviato speciale dell’Onu per il diritto al cibo, ha parlato addirittura di crimine contro l’umanità, perché la corsa all’ecobenzina affami più poveri, poiché aumenta i prezzi di prodotti come mais, soia, canna da zucchero.
Dunque, nel parlare di biocarburanti si è sicuramente davanti ad uno snodo complesso, destinato a suscitare polemiche ancora per un bel po’ di tempo.
Nel 2006 sono stati prodotti 40 milioni di tonnellate di bioetanolo (e 1,2 miliardi di tonnellate di benzina). Il paese al mondo che è più avanti in questo campo è il Brasile dove il 40% dei trasporti viaggia a bioetanolo prodotto attraverso la canna da zucchero. Anche negli Stati Uniti le coltivazioni destinate al biofuel sono notevolmente cresciute, sotto la spinta dell’amministrazione Bush. Attualmente negli Usa il 18% del mais prodotto è destinato al biofuel (quota destinata, nel giro di un paio d’anni, ad arrivare al 32%).
Per quanto riguarda il panorama europeo in testa come produttori ci sono Germania e Spagna, paesi dove si può già trovare il biodiesel nella rete dei distributori. Più complicata la situazione dell’Italia che oggi produce oltre 400 mila tonnellate di biodiesel l’anno, destinate però prevalentemente a far andare le centrali elettriche.
Allo studio, in tutto il mondo, ci sono una vasta gamma di scelte dalle quale si può ricavare il biofuel: bietole, alghe marine, liquami zootecnici, semi oleosi.

 

Isabella Dallapiccola

 


 


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