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			Terremoto di sponsor in casa Lotus
			
			
			
			IL SUV ANCHE PER LE 
			"SUPER LUSSO"
			
			
			
			PER CHI AMA IL MARE E LA 
			CAMPAGNA
			
			
			
			AUTOMOBILISTI FURBETTI 
		di 
		Simone Pavarin 
		
		La Lotus Cars è  una famosa casa automobilistica 
		Britannica le cui origini sono da ricercarsi negli anni cinquanta dello 
		scorso secolo nella cittadina inglese di Hethel. La Lotus si ricorda 
		perché è rimasta protagonista della Formula 1 dagli albori della 
		specialità fino alle soglie del 2000, periodo in cui per problemi 
		finanziari ha dovuto lasciare le competizioni. Un durissimo colpo per il 
		mondo sportivo perché la Lotus Cars non è stata semplicemente una casa 
		automobilistica che ha vinto moltissimo, ma anche un’incubatrice di 
		innovazioni ancor oggi utilizzate nella costruzione delle monoposto.  
		Nel 2010 grazie agli aiuti del  Governo Malese gli appassionati hanno 
		potuto rivedere la sportiva gareggiare nei Gran Premi e nel 2011 il team 
		ha acquisito un altro importante sponsor la Renault. E’ però il 2012 che 
		si apre con grossi problemi. Controversie giudiziarie tra lo stesso 
		governo Malese e la Lotus Cars, oltre che altri problemi finanziari 
		sembrerebbe che  porteranno nuovamente il marchio Lotus fuori dalle 
		competizioni di Formula 1, lasciando “nudo” l’attuale team impegnato 
		nelle gare. Alcuni ritengono che entro l’anno gli adesivi Lotus sulla 
		monoposto fornita dalla Renault verranno staccati in attesa di qualche 
		altro importante player desideroso di raccogliere una tale eredità. 
		
		Importante sponsor che forse è già stato trovato. 
		
		La notizia è di qualche giorno fa, si ipotizza che ci sia 
		stato un vero e proprio “colpo di fulmine” tra il team Lotus ed il 
		colosso informatico Microsoft. Accordi di partnership tra due giganti 
		economici a livello planetario difficilmente si raggiungono in poco più 
		di un mese di contrattazione ed è proprio per questa velocità di 
		trattative che alcuni hanno parlato di “amore a prima vista”. La domanda 
		che ci si deve porre è in cosa consiste questo accordo? E’ certo che si 
		tratti di una collaborazione che va oltre la semplice sponsorizzazione, 
		ma è altrettanto vero che è un qualcosa di diverso dalla mera 
		prestazione di servizi. Probabilmente si tratta dell’incontro di due 
		specifiche necessità.  
		
		Da un lato Lotus necessitava di uno strumento informatico 
		capace di ottimizzare i processi legati al settore della Formula 1, 
		dall’altro Microsoft doveva rafforzare proprio in questo campo il suo 
		brand. Il punto d’incontro è rappresentato da una soluzione Microsoft 
		Dynamics un pacchetto di applicazioni che rendono il box della Lotus più 
		produttivo ed efficiente, un supporto, insomma, che promette di aver 
		delle forti ripercussioni positive sulle gare di Gran Premio che il team 
		automobilistico inglese si accinge ad affrontare.  
		 
		
		Più nello specifico 
		il pacchetto Microsoft sarà in grado di sostituire tutti i vari 
		applicativi eterogenei oggi in uso. I dati saranno inseriti nel sistema 
		una sola volta, ciò garantirà maggior efficienza e maggior economicità. 
		Si potrà contare su una più efficace azione di gestione delle varie 
		attività dalla progettazione di pezzi particolari, fino alla gestione 
		della “clientela”. Non dimentichiamo che un team di Formula 1 è a tutti 
		gli effetti azienda in cui l’elemento gara rappresenta la punta dell’ 
		iceberg. Per giungere infatti alla competizione vera e propria sono 
		necessari una serie di attività spesso molto complesse, come la 
		progettazione di pezzi, il recupero della materia prima, la gestione del 
		personale, la gestione dei clienti (gli sponsor) e la loro  
		acquisizione, la gestione dei fornitori. Tutto questo dalla parte Lotus, 
		ma Microsoft in che termini può rafforzare il suo brand oltre che dalla 
		semplice visibilità durante le gare? Partiamo dal presupposto che il 
		team Lotus oltre ad essere un’azienda, come detto, a tutti gli effetti è 
		un’attività ad altissimo contenuto tecnologico, dove il minimo errore 
		può costare anche la vita del pilota alla guida della vettura di Formula 
		1. Di tutto ciò i vertici di Microsoft ne ne sono perfettamente consci 
		per cui ritengono che nella visione comune, chi è in grado di gestire 
		tale massima complessità è certamente in grado di poter offrire servizi 
		eccellenti a qualsiasi azienda di qualsiasi settore. Per la casa di 
		Seattle la Formula 1 rappresenta una cassa di risonanza irrinunciabile 
		per rafforzare l’immagine dei suoi software gestionali. 
		 
		
		La sponsorizzazione Microsoft è l’ultimo esempio di una 
		tendenza in atto per cui produttori nel settore informatico finanziano 
		il mondo della Formula 1. Un altro esempio infatti è quello che vede la 
		Ferrari sponsorizzata dall’antivirus Kaspersky.    
		
		Il suv anche per le “super lusso” 
		
		S.U.V è l’acronimo di Sport Utility Vehicle (veicolo 
		utilitario sportivo) e si riferisce a particolari vetture simili a 
		monovolume o station wagon con caratteristiche proprie dei fuoristrada 
		come altezza da terra elevata e quattro ruote motrici. In origine i 
		maggiori produttori di Suv erano le case americane o giapponesi, poi 
		anche gli europei si adeguarono. La tedesca BMW, per esempio, esordì a 
		fine anni ’90 dello scorso secolo con l’X5, una vettura aggressiva, 
		imponente con linee morbide e il tradizionale confort di guida tipico 
		della casa bavarese, più adatto a week in campagna con la famiglia che a 
		impegnative competizioni in fuoristrada. Sull’esempio BMW e dopo il 
		successo dell’X5 tutte le più grandi case automobilistiche europee 
		furono contagiate dalla passione di questi particolari veicoli. 
		 
		
		Audi, Fiat, Renault, solo per citare alcuni produttori 
		ma  persino la prestigiosa Porche sviluppò modelli che ebbero un certo 
		successo. Quello che non ci si aspettava è il fatto che anche le marche 
		d’altissima gamma avessero l’intenzione di entrare nella nicchia di 
		mercato dei SUV. Il 2012 si è aperto con impegni più o meno precisi di  
		sviluppo di linee Suv da parte della Lamborghini e della Bugatti. Se le 
		intenzioni si tramuteranno in fatti concreti Lamborghini e Bugatti si 
		dedicheranno anche ai SUV e questo attira in modo particolare 
		l’attenzione degli esperti, che, visti gli eccezionali risultati che le 
		case italiana e francese hanno avuto nel comparto delle “super 
		sportive”, prevedono importanti sorprese. La domanda sorge spontanea, 
		quali saranno le caratteristiche di SUV creati da case automobilistiche 
		specializzate nella realizzazione delle auto più veloci e costose 
		esistenti?  
		
		Partendo dal prototipo Lamborghini, che verrà presentato 
		al Salone di Pechino 2012, già si conoscono le caratteristiche tecniche 
		che dovrebbe possedere. Innanzitutto sarà assemblato in una innovativa 
		piattaforma in alluminio, con un propulsore da 5.000 centimetri cubici 
		che potrà erogare una potenza di 600 cavalli. Per ora non è dato 
		conoscere i dettagli sulle forme della carrozzeria, sugli interni 
		certamente lussuosi e naturalmente, il prezzo è tenuto rigorosamente 
		segreto. Per ammissione della stessa casa emiliana il Suv di cui si 
		conoscono solo alcuni dati del prototipo non sarà sul mercato prima del 
		2017. Non dimentichiamo che la Lamborghini è al 100% di proprietà della 
		Wolksvagen, come la Porsche, quindi, molti ritengono che questo SUV 
		“super lusso” se realmente vedrà la luce, dovrebbe avere dei tratti in 
		comune con il Cayenne o il Touareg.  Se la Lamborghini promette di 
		stupirci, la Bugatti non è da meno. Anche la casa automobilistica 
		francese avrebbe, il condizionale è d’obbligo, in progettazione un SUV 
		ad altissime prestazioni. In questo caso le notizie sono ancora più 
		scarne rispetto al prototipo Lamborghini. Si sa che il SUV Bugatti 
		ricorderà la fortunata  Veyron, una tra le vetture più veloci (oltre i 
		400 Km/h) e costose (oltre un milione di euro)  al mondo. Se da un lato 
		è una sfida imperdibile per la casa francese, per alcuni questa scelta 
		rischia di compromettere l’originalità della progettazione che è sempre 
		stato un elemento strategico di competitività a livello globale. 
		
		Tutto il mondo dei motori attende con trepidazione 
		conferme su questi SUV  “super sportivi” con la speranza che il tutto 
		non finisca in una “bolla di sapone” come nel caso Ferrari. Per coloro 
		che non lo ricordano, si sussurrava, non troppo a voce bassa visto che 
		la notizia a fatto il giro del mondo, che la Casa di Maranello avesse in 
		cantiere un potentissimo SUV. Voci che sembravano essere confermate per 
		tutto il 2010, con dovizia di particolari. Si parlava di un SUV con 
		motore da 600 cavalli dal prezzo di oltre 250.00 Euro, già avevano dato 
		un nome a questo gioiello della meccanica: F151. A stroncare ogni 
		aspettativa è stato proprio il Presidente della Ferrari Luca Cordero di 
		Montezemolo che, in occasione del Salone di Ginevra 2012 ha ribadito 2 
		punti fondamentali della strategia della Casa di Maranello per i 
		prossimi anni: il primo, non ci sarà nessuna quotazione in borsa e il 
		secondo, non esiste nessun progetto per la produzione di SUV. Il 
		Presidente ha ribadito con fermezza che la Ferrari non ha nessuna 
		intenzione di uscire dalla propria gamma tradizionale di produzione e 
		non volere, per motivi di bilancio, svendere la propria esclusività che 
		ha reso il Cavallino Rampante tra i marchi più conosciuti al mondo.
		   
		
		Per chi ama il mare e la campagna 
		
		Da sempre l’essere umano ha copiato la natura per 
		sviluppare le proprie tecnologie. Dai meccanismi  di orientamento di cui 
		sono dotati i pipistrelli, nella prima metà del secolo scorso sono stati 
		presi spunti per lo sviluppo di quel dispositivo che contribuì alla 
		vittoria degli alleati nella Seconda Guerra Mondiale: il radar. Dagli 
		animali dotati di occhi in grado di vedere con poca luminosità, come il 
		“micio” domestico, sono stati sviluppati congegni per la visione 
		notturna. Un’altra classe di animali a cui abbiamo “rubato” le 
		peculiarità sono gli anfibi. Notoriamente questi animali, come la rana, 
		sono in grado di vivere sia nell’acqua sia sulla terraferma, un 
		vantaggio strategico enorme per la loro sopravvivenza. L’uomo non si è 
		fatto sfuggire questa peculiarità e ha costruito dei veicoli adatti sia 
		ad un  uso sia acquatico che terrestre. In origine in veicoli anfibi 
		erano, come spesso accade per le nuove tecnologie, appannaggio 
		esclusivamente militare.  
		
		Forse fu lo “Sbarco in Normandia” degli alleati che rese 
		famosi questi veicoli caratterizzati da una forma più vicina ad una nave 
		che ad un carro armato, dotato sia di ruote che  naturalmente di eliche. 
		Un mezzo insomma idoneo per andare sia sulla strada sia sull’acqua. 
		Bisogna attendere però gli anni ’60 dello scorso secolo per vedere il 
		primo mezzo anfibio commerciale della storia prodotto in serie, ironia 
		della sorte, proprio in Germania dalla casa automobilistica Volkswagen 
		col nome non troppo originale di Amphicar. L’Amphicar era destinata 
		esclusivamente al mercato americano prima e per quello britannico poi. 
		Non ebbe un grande successo infatti se ne vendettero non più di 4.000 
		esemplari prima di abbandonarne completamente  la produzione. Non un  
		grande successo per un veicolo che per la tecnologia del tempo aveva una 
		buona meccanica e una robustezza invidiabile. Il motore da 1.200 
		centimetri cubici in grado di sviluppare una potenza di quasi 40 cavalli 
		lo rendeva affidabile ma non agilissimo ne in acqua ne su strada. 
		 
		
		Prestazioni non eccezionali bilanciate da una agilità di guida e 
		navigazione definite invidiabili per gli standard di allora. Per 
		transitare dal movimento su terraferma a quello su acqua era sufficiente 
		spostare una leva che indirizzava la potenza alle eliche e di 
		conseguenza le ruote posteriori si tramutavano in timone. Nonostante il 
		tempo ad oggi sembrerebbe che tra collezionisti e semplici appassionati 
		siano in circolazione sei o settecento esemplari efficienti, questo 
		dimostra nuovamente l’affidabilità di un veicolo unico nel suo genere. 
		
		Purtroppo ad oggi non esistono veicoli anfibi prodotti su 
		 grande scala, soprattutto non ne esistono per un utilizzo che sia 
		diverso da necessità militari o di protezione civile. Nonostante tutto 
		però alcune aziende del settore continuano a studiare prototipi che 
		potenzialmente un giorno potremmo vedere sul mercato. Ad esempio Iveco 
		nel 2008 ha presentato il “Terramare”, sostanzialmente un Iveco Daily 
		4X4 modificato dall’ingegnere milanese Maurizio Zanisi. L’occasione per 
		informare il pubblico della nascita di questa “nuova creatura” è stata 
		colta partecipando ad un’iniziativa di solidarietà per l’ormai diffuso 
		problema della scarsità d’acqua in alcune regioni del mondo. L’Iveco 
		Terramare non ha partecipato semplicemente ad una scampagnata ma ad una 
		vera e propria prova di resistenza infatti il veicolo è stato testato 
		nell’attraversamento del Canale di Corsica.  
		
		Un impegno di quasi 14 ore per un totale di 140 Km 
		navigati. Da un punto di vista meccanico il Terramare ha retto benissimo 
		all’insidioso test, tenendo conto anche del fatto che il motore del 
		veicolo è quello standard dell’Iveco Daily. Un motore che permette al 
		Terramare di raggiungere una velocità massima su strada di 100 Km/h e su 
		acqua di 10 Km/h. Anche la carrozzeria non ha deluso grazie soprattutto 
		alle numerose  modifiche effettuate. Purtroppo il mercato commerciale  
		dei veicoli anfibi sembra oggi essere inesistente anche se un certo 
		interesse viene dimostrato. Ad esempio a Londra è molto gettonato il 
		London Ducktour un emozionante giro turistico della città e del Tamigi 
		comodamente seduti su di un mezzo anfibio militare risalente al 1940 
		riadattato per utilizzi turistici. Sulla scorta dell’esperienza 
		londinese forse un giorno apprezzeremo anche sui navigli milanesi o a 
		Roma nei pressi del Tevere un mezzo anfibio che accompagni turisti ad 
		ammirare le bellezze delle nostre città.    
		
		Automobilisti “furbetti” 
		
		L’attuale crisi economica definita come la più grave dal 
		dopoguerra ad oggi non sembra essersi attenuata, anzi, per il nostro 
		paese la situazione di allarme rosso probabilmente durerà ancora per 
		tutto il 2012, forse si comincerà a vedere la fine del tunnel solo 
		l’anno prossimo. In questa situazione dove i provvedimenti governativi 
		vanno ad inasprire una pressione fiscale tra le più alte del mondo, 
		fisiologicamente, come reazione, vi sono un numero sempre maggiore di 
		individui che tentano di, non diciamo evadere, ma certamente in qualche 
		modo aggirare il pagamento delle imposte. I più intraprendenti 
		utilizzano escamotage anche legati al mondo delle automobili. 
		 
		
		Lo spunto per il presente articolo è scaturito dalla 
		visione di un noto programma televisivo che ha denunciato un 
		comportamento sempre più diffuso: acquistare una vettura di grossa 
		cilindrata e risparmiare sul pagamento dell’iva, del bollo, addirittura 
		dell’assicurazione, semplicemente immatricolando l’auto in questione in 
		un altro paese dell’Unione Europea come la Germania. Sembrerebbe 
		esistano delle agenzie specializzate in questo. In pratica il facoltoso 
		acquirente decide di comprare una lussuosa auto e rivolgendosi a queste 
		agenzie e pagando il costo del servizio, può far targare la macchina con 
		una targa tedesca. Ciò implica che la vettura in questione è registrata 
		in Germania, qualcuno potrebbe chiedersi, ma che differenza c’è, la 
		Germania è sempre all’interno dell’U.E. Invece tutto ciò implica un 
		corollario di risparmi, tasse pagate all’estero, e grosse difficoltà 
		nell’individuazione da parte delle autorità fiscali del  proprietario. 
		Innanzitutto il risparmio:  se una vettura è immatricolata in Germania, 
		il proprietario paga il “bollo” in Germania che risulta essere 
		nettamente inferiore a quello italiano.  
		
		Anche per quanto riguarda l’assicurazione che, pagata ad 
		una società nel paese nord europeo, si può spuntare in pezzo nettamente 
		inferiore rispetto all’Italia. Non parliamo poi dell’iva che in Germania 
		ammonta ancora al 19% e non al 21% come in Italia. Però, quel che le 
		autorità fiscali del nostro paese non vedono di buon occhio è il fatto 
		che gli archivi delle immatricolazioni per i nostri 007 sono 
		inaccessibili, per cui il così detto redditometro, partendo dalla targa 
		di un’auto non è possibile applicarlo. Sembrerebbe addirittura che le 
		contravvenzioni rilevate con l’ausilio dell’Autovelox, non possano 
		essere utilizzate nei confronti delle vetture con targa tedesca proprio 
		perché in Germania tale tecnologia è gestita in modo differente. 
		 
		
		E’ necessario segnalare che le persone che acquistano una 
		vettura e la immatricolano in Germania non commettono alcun reato, 
		sfruttano soltanto un’ inefficienza che si è venuta a creare nella 
		differenziazione legislativa tra Italia e Germania. Un’altra 
		inefficienza del fisco che solo in parte è stata mitigata è la 
		differenza a volte importante che si ha nel prezzo del carburante tra 
		l’Italia alcuni paesi confinanti, in particolare la Svizzera. Tale 
		differenza è dovuta principalmente alle accise applicate. In una tale 
		situazione, l’ulteriore aumento delle recenti tasse sui carburanti non 
		ha fatto altro che incentivare gli automobilisti a  recarsi oltreconfine 
		per rifornirsi.  
		
		Ad oggi si calcola che minimo, andando in un distributore 
		svizzero, si ha un risparmio di circa 20 centesimi al litro per quanto 
		riguarda la benzina verde, e qualcosa in più per il diesel. Nulla 
		servono  gli incentivi della regione Lombardia come ad esempio la famosa 
		“carta sconto” che cerca di  impedire ai “pendolari del pieno” di 
		espatriare. Anche in questo caso non c’è nessun reato, ma è chiaro che 
		con questo comportamento si sottraggono risorse al nostro paese. Le 
		istituzioni dovrebbero quindi rendere ancor più conveniente il prezzo 
		del carburante in certe località. Quello che forse si potrebbe 
		configurare come reato, è il malcostume di dichiarare  alla guida della 
		vettura rilevata per esempio in eccesso di velocità il nonno novantenne.
		 
		
		Un’ indagine della polizia provinciale di Pisa ha svelato 
		che sono sempre più comuni i casi nei quali si dichiara al volante il 
		nonnino con l’evidente intento da parte del “furbetto nipote di turno” 
		di non farsi decurtare i punti della patente. Incredibile è il caso 
		nella provincia di Como di quella nonnina ottantenne dichiaratasi alla 
		guida di un bolide alla tre di un sabato notte, a cui sono stato 
		decurtati diversi punti di patente perché sfrecciava a folle velocità in 
		un centro cittadino. Molto probabilmente, come sospettano i vigili del 
		luogo,  alla guida non c’era l’arzilla vecchietta bensì l’intraprendente 
		figlio trentenne, il proprietario ufficiale della moto. 
		Simone Pavarin |