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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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RIFIUTI: PROBLEMA O RISORSA?

 

INTRODUZIONE

La gestione dei rifiuti è uno dei problemi ambientali che negli ultimi anni desta maggiori preoccupazioni. Il dilemma, apparentemente di difficile soluzione, è: IL RIFIUTO È DA CONSIDERARSI UN PROBLEMA O UNA RISORSA?

Nell’ottica di sviluppo di un’efficiente sistema integrato di gestione dei rifiuti, delle diverse frazioni merceologiche componenti i rifiuti, quella secca (costituita da carta, plastica, vetro e metalli) può assumere sempre più valore di risorsa. L’unica via percorribile, ad oggi, appare quella della raccolta differenziata spinta che permetta il riciclo, recupero e riutilizzo dei diversi materiali al fine di ridurre notevolmente il quantitativo di rifiuti da inviare in discarica e agli impianti di incenerimento o termovalorizzazione.

1.     IL CONTESTO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Le norme nazionali di riferimento nel settore della gestione dei rifiuti sono quelle dettate nella parte IV del d.lgs. 152/06 “Testo Unico Ambientale” e successive modifiche (d.lgs. 04/08 e d.lgs. 30/09). Questo decreto legislativo ha ripreso, in buona sostanza, ed in parte modificato il d.lgs. 22/97 recante il titolo “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio” e meglio conosciuto come Decreto Ronchi. Già con il d.lgs. 22/97 si evidenziava l’importanza di realizzare un Sistema integrato di Gestione dei Rifiuti, finalizzato ad una corretta individuazione dei percorsi di riciclo, recupero e smaltimento da far seguire alle singole frazioni merceologiche, oltre che di prevenzione e di riduzione della produzione dei rifiuti.

La definizione di rifiuto riportata nella parte IV (art.183 co. 1 lett. a) del Testo Unico Ambientale è identica a quella presente nell’art. 6 co. 1 lett. a) del d.lgs. 22/97:

Ø  per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

Il Testo Unico Ambientale ha in parte ripreso, abrogato e modificato il Decreto Ronchi 22/97. La classificazione dei rifiuti in urbani e speciali (secondo l’origine) e in pericolosi e non pericolosi (a seconda delle caratteristiche di pericolosità) è rimasta sostanzialmente invariata, fatta eccezione per l’aggiunta di nuove categorie di rifiuti comprese tra quelli speciali. Una differenza tra i due decreti riguarda i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti. L’art. 4 co.2 del Decreto Ronchi parla di riutilizzo, riciclaggio e  recupero di materia da preferirsi rispetto alle altre forme di recupero. Mentre l’art. 179 co. 2 del d.lgs.152/06 introduce una novità facendo un chiaro riferimento all’uso dei rifiuti come fonte di energia: « [...] le pubbliche amministrazioni adottano, inoltre, misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, nonché all'uso di rifiuti come fonte di energia». Un’ulteriore modifica del criterio di priorità nella gestione dei rifiuti è poi stata introdotta dal d.lgs. 04/08 in cui si sottolinea che le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riutilizzo, riciclo o ogni altra azione diretta ad ottenere da essi materia prima secondaria si devono adottare con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

2.     LE DISCARICHE

Il Testo Unico Ambientale individua nelle DISCARICHE e nei TERMOVALORIZZATORI (o inceneritori) le ultime due fasi a cui fare ricorso, nel caso in cui non si possa mettere in atto alcuna ulteriore misura diretta al recupero, riciclo e riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie.

L’art.182 co. 7 del d.lgs. 152/06  indica come normativa di riferimento per le attività di smaltimento in discarica di rifiuti il d.lgs. 36/03 di attuazione della direttiva 1999/31/CE. L’art.4 di tale decreto distingue tre tipologie diverse di discarica:

o    DISCARICA PER RIFIUTI INERTI

o    DISCARICA PER RIFIUTI NON PERICOLOSI

o   DISCARICA PER RIFIUTI PERICOLOSI

Questo decreto, inoltre, stabilisce:

-          la natura dei rifiuti ammessi in discarica e i rifiuti non ammessi in discarica;

-          la sistemazione dei diversi tipi di rifiuti nelle varie categorie di discariche;

-          gli obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica;

-          la classificazione delle discariche, autorizzazioni, procedure di controllo e sorveglianza delle discariche, la gestione dei costi ambientali.

Il conferimento dei rifiuti in discarica dovrebbe rappresentare l’ultimo step di un corretto sistema integrato di gestione dei rifiuti. La presenza di una discarica crea danni ambientali irreversibili sulla biosfera, idrosfera, stratosfera e litosfera.

Il percolato ed il biogas rappresentano due gravi problemi connessi allo smaltimento di rifiuti in discarica, in quanto possono provocare l’inquinamento delle zone circostanti.

Infatti, una volta portati i rifiuti in discarica, si innescano processi:

·         fisici

·         chimico-fisici

·         biologici

I processi biologici che avvengono all’interno della discarica riguardano la fermentazione della materia organica (sia in condizioni aerobiche, sia anaerobiche) che comporta la formazione di biogas, percolato e sostanze maleodoranti.

Il biogas è una miscela di vari tipi di gas; mediamente è così composto:

-     anidride carbonica [CO2]  44.6%

-     metano [CH4]        54.3%

-     acido solfidrico [H2S]       20 ppm

-     ammoniaca [NH3]  tracce

-     mercaptani [CH3- S- CH3] (responsabili dei cattivi odori)

Il d.lgs. 36/03 stabilisce (all’allegato 1) che le discariche che accettano rifiuti biodegradabili devono essere dotate di impianti per l’estrazione dei gas che garantiscano la massima efficienza di captazione e il conseguente utilizzo energetico. La gestione del biogas deve essere condotta in modo tale da ridurre al minimo il rischio per l’ambiente e per la salute umana; l’obiettivo è quello di non far percepire, nelle zone circostanti, i cattivi odori provenienti dalla discarica. Il gas deve essere di norma utilizzato per la produzione di energia, anche a seguito di un eventuale trattamento, senza che questo pregiudichi le condizioni di sicurezza per la salute dell’uomo e per l’ambiente. Nel caso non sia possibile effettuare il recupero energetico si procede alla termodistruzione del gas. Mensilmente è necessario eseguire dei controlli quali-quantitativi sul biogas.

Vengono prodotti anche altri effluenti gassosi (acido cloridrico [HCl], acido fluoridrico [HF], monossido di carbonio [CO], ossidi di azoto [NOx], ossidi di zolfo [SOx], anidride carbonica [CO2]) che possono contribuire all’aumento dell’effetto serra.

Dalla decomposizione dei rifiuti e dal loro dilavamento da parte delle acque meteoriche si forma il percolato. La fermentazione, in condizioni anaerobiche, della sostanza organica porta alla formazione di diversi composti acidi, i quali possono entrare a far parte del percolato. Il percolato contenente acidi è corrosivo: può, quindi, danneggiare la geomembrana e riuscire a giungere in falda portando con sé anche altre sostanze dannose presenti nei rifiuti.

 

Il percolato può contenere:

-       ftalati (prodotti di degradazione della plastica);

-       metalli pesanti;

-       sostanze organiche parzialmente degradate;

-       composti azotati e fosforati.

È necessario che venga ridotto al minimo la formazione del percolato e la pericolosità associata ad esso. I sistemi di drenaggio e raccolta del percolato devono essere efficienti per evitare che questo si diffondi nel suolo circostante, inquinandolo. Si può limitare la diffusione degli inquinanti verso l’ambiente esterno  mediante la realizzazione di barriere di impermeabilizzazione del suolo, sistemi di drenaggio e raccolta del percolato e di pozzi di captazione del biogas.

3.     I TERMOVALORIZZATORI E GLI INCENERITORI

L’incenerimento prevede lo smaltimento di rifiuti mediante combustione ad elevate temperature (T ~ 1000-1200°C); questo processo di combustione porta alla formazione di fumi caldi, polveri e ceneri. Negli impianti moderni si recupera il calore sviluppato durante la combustione e lo si utilizza  per produrre energia elettrica o riscaldare le abitazioni civili e/o gli impianti industriali; in questo caso si parla di termovalorizzazione.

I rifiuti inviati agli inceneritori sono:

- rifiuti solidi urbani

- rifiuti speciali non stoccabili in nessun tipo di discarica controllata

- fanghi di depurazione e potabilizzazione delle acque

- rifiuti ospedalieri infettivi

- rifiuti dell’industria chimica

Tra gli aspetti più preoccupanti legati all’utilizzo dei termovalorizzatori per lo smaltimento di rifiuti si ha la formazione di un elevato quantitativo di nano polveri (PM10, PM2.5 e PM1). Esistono dei sistemi di abbattimento e filtrazione delle polveri, in relazione alle specifiche dimensioni; le polveri così catturate vengono inviate alle discariche per rifiuti pericolosi. Questi sistemi, però, solitamente riescono a captare le polveri più grossolane (PM10). Le nano polveri sono di difficile abbattimento.

Sebbene i moderni inceneritori, presenti in diverse città europee, mostrano un’elevata efficienza e siano dotati di ottimi sistemi di controllo di polveri e fumi, il ricorso al termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti non è tuttavia una soluzione auspicabile. Oltre al problema relativo alla formazione di nano polveri estremamente dannose, esiste anche la difficoltà legata allo smaltimento delle ceneri. Bisogna quindi ricorrere necessariamente all’uso di discariche: il problema non è così del tutto risolto.

4.     LA RACCOLTA DIFFERENZIATA

Un punto di fondamentale importanza trattato dal d.lgs. 36/2003 è quello relativo alla riduzione del conferimento di rifiuti in discarica. L’art.5 co. 1  definisce gli obiettivi di riduzione:

-          entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto (ossia entro il 2008) i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;

-          entro otto anni (ossia entro il 2011) i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;

-          entro quindici anni (ossia entro il 2018) i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

La raccolta differenziata è uno dei sistemi più efficienti per ridurre il volume dei rifiuti da conferire in discarica, per risparmiare materie prime ed energia e soprattutto per difendere l’ambiente.

Negli ultimi anni il valore ecologico della raccolta differenziata è stato sicuramente riconosciuto. Una raccolta differenziata più spinta può portare benefici non solo dal punto di vista ambientale, ma anche in campo socio-sanitario ed economico.

Dal punto di vista ambientale sono molteplici i vantaggi derivanti dalla raccolta differenziata :

-          si riduce sensibilmente il volume dei rifiuti da inviare in discarica;

-          molti più materiali possono essere destinati al recupero, riutilizzo o riciclaggio;

-          si rendono più pulite e vivibili le città.

Se si riuscissero a rispettare gli obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica, imposti dall’art.5 del d.lgs. 36/03 (ovvero riduzione dei rifiuti prodotti per abitante a 115 kg/anno entro il 2011 ed a 81 kg/anno entro il 2018 ), si è stimato che si avrebbe una riduzione del quantitativo dei rifiuti portati in discarica del 5-10%. Di conseguenza si osserverebbe anche una diminuzione del biogas emesso in atmosfera. Considerando che nel 2005 si è stimato che l’immissione in atmosfera di CO2 è stata di circa 20.000 t e 10.000 t di CH4, nel 2018 si dovrebbero avere quantità dimezzate di CO2 e CH4 immesse in atmosfera, a patto che si raggiungano i sopraindicati obiettivi fissati dal decreto.

Una notizia di recente pubblicata online dal Sole 24 Ore sottolinea il vantaggio economico derivante dall’attuazione di un’efficiente raccolta differenziata.

Dall’analisi condotta da Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) è emerso che, facendo un bilancio degli aspetti economici (come i mancati costi di discarica), di quelli ambientali (la mancata produzione di CO2) e sociali, lo scorso anno il beneficio per l’Italia è stato di 376,5 milioni di euro a fronte di 2,94 milioni di tonnellate raccolte. Secondo Comieco calcolando i benefici potenziali, derivanti da un'ulteriore ottimizzazione della raccolta, nel 2008 si sarebbero potuti raggiungere i 598 milioni, con un aumento di circa il 59%. Se la sola raccolta differenziata della sola carta e cartone raggiungesse il suo pieno potenziale, l'Italia avrebbe benefici economici netti.

CONCLUSIONI

La raccolta differenziata può diventare uno strumento efficace per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti solo con l’impegno attivo di ogni singolo cittadino. Per tale ragione, la comunicazione riveste un ruolo chiave. È necessario mettere in atto un’adeguata campagna di informazione sul modo di effettuare la raccolta differenziata, tenendo conto delle difformità esistenti tra i servizi offerti dai comuni nelle diverse città d’Italia. I cittadini devono essere coinvolti attivamente e devono essere messi in grado di effettuare una corretta raccolta differenziata con i minori disagi possibili. Risulta, inoltre, essenziale che ogni singolo individuo si impegni a modificare e migliorare i propri comportamenti e le proprie abitudini di vita.

(Gen.2010)

 

 


 

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|Anno XIV num.4 - Lug./Ago. 2015| - Per informazioni e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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