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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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SPRAWL

di Matteo Bernardi

 

SPRAWL, tradotto letteralmente in inglese è “movimento scomposto”.

Negli Stati Uniti e in Europa e in modo particolare l’Italia, in questi ultimi decenni, l’ambiente e il paesaggio sono stati intaccati e continuano tuttora ad esserlo, da un imbruttimento, da un involgarimento, individuale e collettivo di un patrimonio nazionale per secolo ammirato; fra l’altro , attrattiva turistico-culturale da noi posseduta.

Tra le definizioni più comuni, lo sprawl è definito come la variazione di trend di uso della terra; in particolare nelle discipline territoriali assume un significato e rappresenta un modello di urbanizzazione disperso a bassa densità che aggredisce le aree metropolitane, anche in città di dimensioni medie.

Questo fenomeno nella maggioranza dei casi va affermandosi nelle zone periferiche, suburbane e rurali; data la connotazione di aree di recente espansione e sottoposte a continui mutamenti.

Lo sprawl, aggredisce in particolare la bellezza dei paesaggi sfigurandoli e annullandone le caratteristiche identitarie sotto una massa indifferenziata di elementi artificiali anonimi e osceni.

Il più importante indicatore dello sprawl è la densità di popolazione, ma altri elementi di valutazione sono la mancanza di alternative di trasporto, il consumo di suolo, l’inquinamento antropico, la riduzione della qualità di acqua e suolo; uno degli indicatori positivi maggiormente citati è la qualità della vita, ritenuta migliore al di fuori della città, anche se su questo fattore

i pareri sono controversi.

Le conseguenze in sostanza, sono le riduzioni degli spazi verdi, il maggiore utilizzo delle autovetture a causa della maggiore distanza dai mezzi  di trasporto pubblico locale e lo scoraggiamento del traffico non motorizzato o pedonale nel tragitto casa-lavoro a causa della maggiore distanza dal posto di lavoro e la mancanza di infrastrutture come piste ciclabili, marciapiedi o attraversamenti pedonali.

Lo sprawl non è soltanto portatore di danni “ estetici”; esso è per sua natura “insostenibile”, perché produce elevatissimi consumi di suolo, perché sottrae al ciclo biologico risorse insostenibili per l’equilibrio tra natura e uomo e perché esaspera i fenomeni di specializzazione e segregazione spaziale indebolendo la coesione e il senso di appartenenza delle comunità.

Questo fenomeno è visto da molte parti come un “male assoluto” in quanto è  responsabile di una conversione di quantità significative di boschi, terreni coltivati e pascoli in terreni sviluppati; cioè terreni privi della qualità di suolo permeabile; dove l’apporto di acqua nelle falde acquifere è scarso e a volte anche nullo.

Studi recenti hanno evidenziato che le persone che vivono in aree con dispersione urbana sono meno sane delle controparti più urbane. La principale ragione è la tendenza ad essere dipendenti da automobili, mentre in città spesso si cammina o si prendono mezzi pubblici incrementando l’esercizio fisico.

Quando i cittadini vivono in spazi più ampi, piuttosto che ad alta densità, l’uso della macchina spesso diventa malattia ed il trasporto pubblico spesso diventa più costoso, forzando i cittadini a costruire super strade più grandi e parcheggi , che a loro volta decrementano la qualità di terreno tassato, e decrementando la voglia di possedere terreni vicino a queste infrastrutture.

 

Le forniture dei servizi come l’ acqua, fognature, elettricità e internet risultano diventare più costose rispetto ad aree densamente popolate.

Alcuni sostenitori di questo fenomeno sostengono abbia i suoi vantaggi. Ad esempio l’intensità del traffico tende ad essere minore, la velocità aumenta e, come risultato, l’inquinamento atmosferico tende ad essere minore.

Vi è una convinzione che approfittando della dispersione urbana i cittadini che vivono in luoghi a densità bassa, siano avvantaggiati ad arrivare sul posto di lavoro più velocemente rispetto agli altri, oppure che vi sia un riduzione della probabilità di morte in caso di attacchi terroristici o militari incluse armi atomiche o altre armi di distruzione di massa.

Tutte citazioni prive di senso e facilmente smentibili, in quando non risulta vero che la dispersione urbana riduce l’intensità del traffico, anzi non fa altro che aumentare il traffico veicolare con la conseguenza di incrementare le emissioni dei gas di scarico e quindi l’inquinamento atmosferico, inoltre l’aumento della velocità non fa altro che aumentare i morti e i feriti inseguito agli incidenti stradali.

Per quanto riguarda l’anticipazione nei posti di lavoro, tale problematica potrebbe essere risolta semplicemente migliorando la velocità e il flusso dei trasporti, intervenendo  quindi sull’efficacia degli stessi, questo permetterebbe una rivalutazione del mezzo pubblico, scegliendo di lasciare nei garage le macchine, risolvendo allo stesso tempo il problema ambientale dell’inquinamento.

Il fenomeno è negativo, e in quanto tale deve essere contrastato, sottolineando che l’insediamento che si andrà a creare non ha i titoli per essere definito città.

 

 

Sostenibilità Ambiente e Sicurezza sono elementi contrari a questo fenomeno deleterio delle aree metropolitane grandi e piccole ed è su questa strada che occorre proseguire, anzitutto prendendo coscienza di questa folle corsa all’autodistruzione del Belpaese, varando leggi specifiche per il consumo di suolo, agevolando grandemente il restauro e il recupero dell’edilizia esistente, redigendo e soprattutto applicando, piani paesaggistici dettagliati e prescrittivi, togliendo ai comuni la delega alla tutela del paesaggio, cancellando la possibilità, per gli stessi comuni, di usare gli introiti da concessione edilizia , per finanziare la loro spesa corrente. 

Occorre studiare direttive per ridurre gli effetti di questo Sprawl, ed un obiettivo è la razionalizzazione del sistema della mobilità metropolitana agendo sulla pianificazione, cioè sulla ristrutturazione progressiva della localizzazione delle funzioni urbane e dei sistemi infrastrutturali, ivi compreso i trasporti pubblici in sede vincolata.

Il potenziamento del trasporto pubblico è obbligatorio perché la componente auto in queste aree occupa ben oltre il 70% degli spostamenti, e questo va visto anche come miglioramento della Sicurezza su strada.

Questo significa che si deve procedere, nel progettare anche singoli interventi infrastrutturali, ad una valutazione integrata a livello territoriale: anche le infrastrutture devono essere considerate elementi essenziali della politica di pianificazione focalizzando l’attenzione sull’accessibilità e l’intermodalità dei sistemi ed eliminando l’auto-referenzialità dalle politiche di gestione dei trasporti. Molte sono le cose da fare: manca una legislazione adeguata sulle aree metropolitane, occorre una nuova cultura della mobilità, occorre prendere coscienza della molteplicità dei fenomeni in atto sul territorio.

 

Occorre anche rinnovare parti della legislazione urbanistica, nel senso che non esiste una normativa sulle infrastrutture della mobilità dal punto di vista urbanistico, l’unica è quella dei parcheggi che lega cubature degli edifici a spazi di sosta, che in molti casi risulta deleteria. Occorrono soprattutto, piani territoriali integrati per le aree metropolitane perché gli attuali strumenti urbanistici (PTRC, PTPC, PRG, PPE, PUM), non riescono a risolvere efficacemente il problema.

Sarebbe auspicabile, inoltre, rendere eclatanti questi concetti di sostenibilità-Sicurezza pervenendo alla definizione di un Diritto dei Cittadini alla Mobilità Sicura, attraverso il quale affrontare, in modo sistemico e valoriale, queste importanti emergenze nei prossimi anni

Lo sprawl contiene difetti ambientali, sociali ed economici tali da soffocare inevitabilmente un crescita continua.

La chiave di un futuro vivibile e realizzabile per le aree urbane mondiali non sta nell’incoraggiare l’espansione disordinata, né nel cercare di bloccare lo sviluppo ma sta piuttosto nell’incoraggiare la crescita compatta o intelligente.

Lo sviluppo compatto, potrebbe essere realizzato, ad esempio, rendendo più pratici gli spostamenti a piedi, in  biciclette e con mezzi di trasporto pubblici, rivalutando e riempiendo gli spazi sotto-utilizzati al fine di rendere la vita nelle città più comoda e piacevole con scuole di vicinato, strade a permeabilità mista e quartieri con mix di destinazioni d'uso. Meno spazio per i parcheggi e per le super strade urbane significa più spazio per le abitazioni, posti di lavoro e soprattutto , aree verdi in funzione del riequilibrio ecologico.

Con la crescita compatta le aree urbane possono soddisfare le necessità della popolazione, facendo rendere al massimo lo spazio esistente, è essenziale quindi che le aree urbane comincino a  riprogettare se stesse.

 

Matteo Bernardi

 


 

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