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Anno XIV num.5
Set./Ott. 2015

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IL PROBLEMA DEI RIFIUTI

di Demetrio Bellucci

 

La storia dei rifiuti è la storia dell’uomo. Negli scavi archeologici dei villaggi preistorici sono stati rinvenuti accumuli di materiali di scarto, in pratica gli antenati delle nostre discariche. Chi ha “inventato” i rifiuti industriali sono stati gli Etruschi con le loro discariche di scorie derivanti dalla lavorazione del ferro proveniente dall’Isola d’Elba. Con la nascita delle grandi città si presentò il problema di come gestire gli scarichi delle abitazioni e i rifiuti (resti di cibo, cocci e materiali di scarto).

Si costruirono reti fognarie, latrine pubbliche, ma si crearono anche i primi gruppi di spazzini. Ad Atene esistevano spazzini di professione che dovevano portare i rifiuti a due chilometri dalle mura, ma era Tebe la città greca più famosa per la pulizia (si racconta che Ercole, in una delle sue fatiche, si occupò delle pulizie delle enormi stalle di Re Augia). Roma all’apice del suo sviluppo era dotata di discariche esterne dove finivano non solo i rifiuti, ma anche le carcasse degli animali e le vittime dei giochi circensi. Con il Medioevo e lo sviluppo delle città, il problema dei rifiuti cominciò a farsi sentire a causa dell'afflusso di artigiani e commercianti che abbandonavano le campagne per venire a vivere negli agglomerati urbani dove si concentravano traffici e commerci.
Fu necessario realizzare impianti di raccolta e di scarico dei rifiuti, e ciò portò un notevole miglioramento delle condizioni igieniche dei centri urbani e una conseguente diminuzione delle malattie infettive.
Questo equilibrio resse fino alla cosiddetta rivoluzione industriale della seconda metà del '700 quando, numerosi stabilimenti, diedero inizio alla degradazione dell'ambiente.

A differenza di quanto si possa pensare, non tutti sanno cos'è l'ambiente. La risposta più semplice ed immediata potrebbe essere "la natura" oppure "il verde che ci circonda", ma in realtà l’ambiente è un organismo, nel quale un singolo intervento locale ha conseguenze sull'intero sistema, poiché i vari elementi sono collegati tra loro da una stretta rete di relazioni; se si rompe questo equilibrio il sistema viene distrutto oppure si crea un nuovo equilibrio. Anche l'uomo svolge un ruolo in questa interazione; la qualità della vita è infatti influenzata per buona parte dall'ambiente in cui l'uomo vive e alle caratteristiche che questo ha, adatte o non alla sopravvivenza della specie umana. Spesso gli uomini operano interventi locali che rovinano in modo irreparabile gli ecosistemi.

In questi ultimi due secoli il "progresso" ha influito pesantemente sull'ambiente, modificandolo o alterandolo con conseguenze anche drammatiche per la stessa sopravvivenza della specie umana; si è passati ad un mondo costituito più di cemento che di "verde". Il degrado ambientale, infatti, è strettamente collegato al degrado della vita di tutti gli esseri viventi, uomo compreso. Il problema è complesso poiché fa capo a un duplice squilibrio: quello del rapporto uomo-natura e quello tra popoli avanzati tecnologicamente e popoli arretrati o in via di sviluppo. Allo scopo di creare condizioni favorevoli alla propria sopravvivenza e al proprio benessere, l’uomo ha segnato profondamente l’ambiente fin dalla sua comparsa sulla Terra. Infatti, ha disboscato foreste, messo a coltura i terreni, spianato alture, addomesticato e ucciso animali. Il "progresso", la scienza e la "tecnologia" hanno fornito all’uomo strumenti sempre più potenti ed efficaci per piegare la natura alle proprie esigenze.

Tutto questo ha avuto un prezzo: più sofisticati si facevano gli strumenti del progresso, più alto diveniva il prezzo da pagare, fino alle drammatiche conseguenze che vediamo ogni giorno e che rischiano di trascinarci in una catastrofe irreversibile. Ma non sempre è l'uomo a danneggiare l'ecosistema. Spesso, eventi naturali come terremoti ed alluvioni alterano in modo irreversibile l'ambiente e l'uomo non può che rimanere impotente di fronte a calamità di questa portata e non può far nulla se non cercare di salvarsi scappando. Ma prima o poi non potrà più scappare. Per fare in modo che questo momento arrivi il più tardi possibile, è necessario che l'uomo abbia rispetto dell'ambiente, tenti di salvaguardarlo e soprattutto provi a ricostruire dei sistemi laddove l'ambiente è stato distrutto.

L'ambiente, oltre ad essere influenzato, influenza la vita dell'uomo. Il fatto che esso sia costituito di cicli continui che in più di un caso non possono essere interrotti, costringe l'uomo a cercare soluzioni alternative. Basti pensare all'alternarsi delle stagioni e, di conseguenza, al variare della flora e della fauna dei vari ecosistemi; questi cambiamenti influenzano notevolmente la nostra vita e il nostro benessere. Per mantenere quest'ultimo l'uomo però cerca sempre delle soluzioni che spesso mettono a repentaglio l'equilibrio dell'ambiente. La degradazione dell'ambiente è, ormai, uno degli aspetti caratteristici della nostra civiltà.
La continua crescita produttiva richiesta dalla società industriale viene attuata con enorme spreco di risorse ed attraverso la distruzione della natura.

 

Alcune delle principali cause dell'inquinamento che minacciano la vita della terra sono l’elevata attività industriale, l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, il costante uso di agenti chimici in agricoltura, la motorizzazione generalizzata e sono tutte fortemente correlate all'industrializzazione dei paesi, che hanno seguito un modello di sviluppo capitalista. Il modello di sviluppo industriale, che domina nella maggior parte dei paesi ad economia avanzata, risulta cosi essere il maggior imputato dell'attuale stato di degrado. Dalla rivoluzione industriale in poi la produzione non tende più al soddisfacimento dei bisogni primari dell'uomo, ma agli interessi del capitalismo. Crescita economica e crescita della produzione di merci sono così diventati il fine primario da perseguire nei paesi industrializzati. Questi ultimi, in nome dello sviluppo economico e dell'accrescimento delle possibilità competitive e di profitto, hanno sacrificato l'equilibrio ecologico. La certezza di poter contare su quantità inesauri­bili di risorse naturali, e la sicurezza che la loro disponibilità sareb­be stata in grado di soddisfare le esigenze di tutte le popolazioni della terra, hanno contribuito ad una forma di sviluppo orientata verso una crescita illimitata, in cui i paesi ricchi ed industrializzati si sono accaparrati la maggior parte delle risorse.

Risulta evidente, quindi, come sia indispensabile un drastico cambiamento del “modus vivendi” della popolazione mondiale, e soprattutto di quella dei paesi più industrializzati. Azioni quotidiane, apparentemente innocue, sono in realtà disastrose per l'ecosistema che ci circonda. Risorse che riteniamo scontate sono in realtà agli sgoccioli, e, nonostante ciò, continuiamo a crearci bisogni superflui per la cui soddisfazione è necessaria la distruzione di ciò che ci circonda. Alla società dello spreco deve perciò essere sostituita una so­cietà in cui produzione e consumo siano parte di un processo rispettoso dei cicli naturali. La quantità della produzione va sostituita con la qualità della vita. Nella società odierna i rifiuti e le problematiche derivanti dalla mancanza di un loro corretto smaltimento rappresentano un serio pericolo per il futuro dell’ecosistema e della salute umana.

Fino ad oggi il nostro paese non è riuscito ad organizzare in modo concreto e razionale lo smaltimento; motivo per cui le amministrazioni locali si trovano costrette a dover adottare soluzioni provvisorie e non sempre adeguate.
Negli ultimi anni, nonostante si siano avvertiti dei lievi progressi a livello nazionale, l’Italia rimane uno dei pochi Paesi industrializzati in cui la gestione dei rifiuti dipende troppo dallo smaltimento in discarica.

Una grande differenza si nota quando si pone a confronto il Nord ed il Centro Sud. Infatti, vediamo che al Nord già da tempo viene utilizzata la raccolta differenziata dei rifiuti, mentre al Centro ed al Sud, non sussistendo alcun sistema controllato sulla raccolta, tutti i rifiuti prodotti vengono conferiti in discariche, tra l’altro provvisorie ed insufficienti. Infatti, per far fronte all’emergenza rifiuti, alcune regioni del centro-sud Italia, si sono viste costrette ad inviare gran parte dei rifiuti all’estero, sostenendo esorbitanti spese.
Il problema rifiuti è anche culturale poiché manca la
corretta informazione sui pro e i contro delle soluzioni tecniche e gestionali finora proposte (come la realizzazione di termodistruttori, il riciclaggio e il recupero energetico) causa questa che finora ha provocato reazioni di disappunto da parte di diversi cittadini e organizzazioni ambientaliste.

La scarsa informazione e le poche competenze, unite a sicuri e perversi interessi economici e politici che hanno fatto in modo che la gestione dello smaltimento dei rifiuti finisse nelle mani delle organizzazioni criminali, non fanno altro che peggiorare la situazione. Inoltre, il problema delle discariche del nostro Paese rappresenta un campanello d’allarme che non si deve ignorare ma che, sulla base delle esigenze attuali e future, necessita di immediate soluzioni operative e tecnologiche, altrimenti la situazione non può che continuare ad aggravarsi provocando danni sociali ed ambientali che ricadranno inesorabilmente anche sulle generazioni future.
Il più grave dei pericoli derivanti dalla presenza di discariche abusive è in effetti quello dell'
inquinamento del suolo, delle falde acquifere e delle acque superficiali.

La maggior parte dei cittadini sono ormai abituati a convivere con il problema dei rifiuti solidi urbani. Quasi quotidianamente nei centri abitati ci si trova a dover assistere a focolai di rifiuti che sprigionano nell’aria enormi quantità di esalazioni tossiche. Inoltre, bisogna aggiungere anche il problema generato dai rifiuti speciali e tossici prodotti dalle fabbriche, dalle industrie e dagli enti ospedalieri, i cui rifiuti, contenendo sostanze altamente inquinanti, per il loro smaltimento devono subire processi molto più complessi e costosi. In questo contesto si inserisce perfettamente la criminalità organizzata che, offrendo un servizio illegale ma efficiente, permette alle aziende di disfarsi dei rifiuti prodotti a bassi costi. L’utilizzo di detti rifiuti e le strade che percorrono per essere “smaltiti” sono svariati: a volte finiscono in centri di stoccaggio con documenti falsi, facendoli passare come residui riutilizzabili; altre volte utilizzati come compattamento per le strutture fondiarie o nascoste sotto le fondamenta di altre strutture edilizie, la maggior parte delle quali abusive. 

Con questo sistema il materiale si solidifica insieme al cemento o al di sotto dell’asfalto, diventando quindi difficile se non impossibile, da parte delle autorità preposte al controllo, di verificare che in loco vi sia presenza di una discarica. In questo drammatico quadro, si assiste giorno dopo giorno ad un aumento di mortalità causato da diverse forme di cancro.

Non si può restare inermi davanti a questo grave fenomeno e non si può sicuramente accettare che, dopo l’emergenza rifiuti, arrivi anche l’emergenza sanitaria. Il problema dei rifiuti richiede uno sforzo collettivo, un'assunzione di responsabilità da parte di tutti, perché tutti, a turno, siamo produttori e consumatori. I governi di tutto il mondo dovrebbero adottare soluzioni che risolvano in modo definitivo il problema rifiuti, per esempio ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e incrementare quello delle energie rinnovabili. Anche le persone comuni, però possono fare molto per aiutare la Terra: ogni singolo cittadino deve comportarsi in modo responsabile; ciascuno deve fare il proprio dovere, perché il benessere individuale e la qualità della vita coincidono sempre più con il buon andamento della cosa pubblica e col raggiungimento dell'interesse generale.

Tutti sogniamo, infatti, di vivere in una realtà in cui poste, scuole, ospedali, biblioteche  funzionino e di comprare auto, telefoni, frigoriferi, computer privi di difetti.  Non si va molto lontano, a mio avviso, se non si procede, più che a una bonifica dei rifiuti, ad una rifondazione del senso civico e morale, una rivoluzione culturale che, certo, richiede anni, se non secoli. Forse occorre ripensare al nostro modo di vivere e di produrre. Il nostro consumismo compulsivo va moderato e bisogna capire che i rifiuti non rappresentano soltanto un imbarazzante ingombro, bensì una fonte importante di energia e di ricchezza. Non servono più le discariche, ormai obsolete e inquinanti, ma occorre implementare un sistema moderno di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti.

Accompagnato magari dalla costruzione dei necessari impianti di smaltimento, al passo con i tempi, efficienti e poco inquinanti, per liberarci da strade piene di rifiuti e dal pericolo immediato di malattie infettive e degenerative. 

Alle aziende andrebbe imposta una riduzione degli imballaggi delle merci mentre nella distribuzione si dovrebbe incentivare la vendita di prodotti sfusi. 
Ma quello che conta, soprattutto, è, a mio avviso, lo sviluppo del senso civico dei cittadini, una virtù sempre più rara nella vita contemporanea, attraverso campagne di educazione ambientale condotte anche nelle scuole. Il problema dei rifiuti ci riguarda tutti, condiziona la qualità della convivenza nelle nostre città. Il modo per migliorare la situazione c'è in qualsiasi cosa ma finché ci sono persone al comando che non pensano ad altro se non se stessi si può fare ben poco.

 

Demetrio Bellucci

 


 

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