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Strade insicure

Tanti incidenti tra cattive abitudini e tagli sulla prevenzione

 

di Isabella Dallapiccola

 

Gli incidenti stradali costano all’Italia oltre 30 miliardi di euro all’anno senza contare gli infiniti drammi individuali. Fa praticamente 500 euro a persona (neonati compresi). Tutto ciò è assurdo e lo è ancora di più se pensiamo che questi soldi li paghiamo tutti noi. Non è necessaria una laurea per capire che ogni centesimo investito in questo settore ci ripagherebbe abbondantemente tutti quanti. Il Piano Nazionale per la sicurezza Stradale (che prevede che entro il 2010 siano dimezzati i morti sull’asfalto), prevedeva uno stanziamento minimo di 600 miliardi di euro all’anno. Tutto ciò è stato puntualmente disatteso dai nostri governanti, sia quelli di destra che di sinistra.

Come osserva Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, commentando i dati del suo istituto di ricerca, “risulta in maniera evidente la sfasatura tra i pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli”.

Stando ad una recente ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità “l’uso del telefono cellulare durante la guida, non dimentichiamoci che siamo il Paese con maggior numero di cellulari pro-capite, costituisce il rischio  più grave per la sicurezza stradale”. Per non parlare dell’uso della cintura di sicurezza dove addirittura con il passare degli anni peggioriamo. La media nazionale che ne certifica l’uso, è passata dall’83,5% del 2003 al 64,6% del 2007. Nella classifica continentale dei guidatori con la cintura regolarmente allacciata l’Italia è al ventunesimo posto su ventidue nazioni.

Un altro triste primato, rispetto agli altri Paesi europei, è un’incidenza molto elevata degli incidenti nei centri urbani .

Oltre due terzi degli incidenti avvengono in città, dove si muore 12 volte di più che in autostrada.

Perché si muore a 40 km all’ora mentre si va o si ritorna dal lavoro? O ancora peggio mentre si attraversa una strada a piedi o si prova a percorrere una rotatoria in bicicletta? Pedoni e ciclisti, la cosiddetta utenza debole, sono infatti i più esposti alle tragedie della strada.

Qualche città pare si stia finalmente accorgendo di questo problema: Mestre, Lodi, Bolzano, ed in primis Ferrara (la città delle biciclette) stanno facendo passi da giganti in questa direzione e si sono resi conto che affrontare due problemi (ambiente e sicurezza) contemporaneamente può risultare molto più efficace che farlo separatamente. Ecco la vera notizia: la crescita costante del traffico non motorizzato, ha un notevole effetto calmierante sulla pericolosità del traffico in generale. Prendiamo il coraggio a due meni e sbattiamolo, appena possiamo, su una bicicletta. Come dice Didier Tronchet: ”Ogni bicicletta sulla strada è un atto di coraggio. In sostanza significa: si rischio la pelle, ma sono qui come un fragile vessillo piantato simbolicamente sul territorio”. E faccio la mia parte, nel tentativo di porre un freno a questa assurda e continua mattanza. 

 Isabella Dallapiccola


 


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