Le strategie aziendali per la sostenibilità
ambientale
di Silvia Annibali
Il concetto di sostenibilità nasce dall’esigenza di
credere in una nuova filosofia di vita,intesa come un nuovo modo di
pensare da parte della collettività ad una crescita economico-aziendale,
sociale e culturale. Una sostenibilità,che non deve compromettere però
alle future generazioni l'opportunità di proseguire nello stesso
sviluppo dove il fattore chiave diventa essere la salvaguardia della
qualità e della quantità del patrimonio naturale e delle riserve
naturali disponibili ma, è bene ricordarlo, non inesauribili.
Con il movimento ambientalista negli anni
sessanta,insieme al Rapporto sui limiti dello sviluppo”(1972)”,ci
fu una presa di coscienza che l’utilizzo umano delle risorse naturali
stava raggiungendo il limite e che questa tendenza, piuttosto che
diminuire, stava raggiungendo un livello di allarme. L’interesse
internazionale verso lo sviluppo globale,connesso allo stato di salute e
di povertà dei paesi in via di sviluppo,risultò evidente nel programma
stilato dall’ONU,ma non sempre appoggiato dal movimento ambientalista.
La “Conferenza sull’ambiente Umano”delle Nazioni Unite
tenutosi a Stoccolma nello stesso anno,fu la prima conferenza indetta
dall’ONU riguardo a tale questione e segnò l’inizio della cooperazione
internazionale in politiche e strategie per lo sviluppo ambientale. Nel
1980 ,”L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura,
pubblicò il suo influente documento”(Strategie per la conservazione del
mondo)”, seguito nel 1982 dalla carta per la natura, che richiamò
l’attenzione sul declino dell’ecosistema ambientale.
Mentre i paesi industrializzati consideravano gli effetti
dell’esplosione del problema dell’inquinamento ambientale (locale e
globale), dei possibili rimedi, dei quali tratteremo in seguito, i paesi
in via di sviluppo fronteggiavano continue situazioni di povertà e
privazioni considerando lo sviluppo come essenziale per sopperire alle
loro necessità di cibo,di acqua e di abitazioni.
E’proprio dalla consapevolezza del voler operare verso
azioni orientate alla prevenzione dell’inquinamento, alla valorizzazione
delle materie prime, alla conservazione e il non eccessivo sfruttamento
del territorio, che prende l’avvio il concetto di “Sostenibilità”
e “Sviluppo Sostenibile”, contenuto nel Rapporto Our
Common Future (1987) della World Commission on Environment and
Development (Commissione Bruntland), che gli diede la sua accezione più
nota con: Lo sviluppo che “garantisce i bisogni delle generazioni
attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future
riescano a soddisfare i propri”.
Lo sviluppo è sostenibile quando offre l’utilizzazione di
elementi ecologici e sociali insieme a opportunità economiche a tutti
gli abitanti di una comunità senza creare una minaccia alla vitalità del
sistema naturale, urbano e sociale da cui queste opportunità dipendono
sia per la difesa che per il rispetto delle generazioni future.
Questo modello di sviluppo, compatibile con le esigenze
di tutela e salvaguardia di risorse che sono un capitale
dell’umanità, ripropone una visione del mondo nel quale gli aspetti
principali sono rappresentati dal raggiungimento di una migliore qualità
della vita, del benessere sociale, del rispetto delle regole e dalla
diffusione di una prosperità equa e crescente, che porti ad un livello
ambientale non dannoso per l’uomo e per le altre specie viventi e nel
quale sia possibile anche una più idonea accessibilità alle risorse.
Uno sviluppo sostenibile teso allo sviluppo economico e
industriale, all’equità sociale ,agli ecosistemi, attraverso la
valorizzazione dell’ambiente e delle risorse che questo mette a
disposizione.
Il crescere e l’affermarsi di questi obiettivi ha dato
il via ad una economia ecologica e ambientale come nuovo campo di studi
dove diventa fondamentale rileggere e valutare le interrelazioni tra
economia e ambiente, più specificamente dal perseguimento
dell’efficienza economica,in relazione alla salvaguardia ambientale con
l’utilizzo di energie alternative.
Sul tema della salvaguardia ambientale, gli inquinamenti
locali e globali, già citati,rappresentano le principali cause del
problema ambientale tanto da ridurne la sua sostenibilità. I problemi di
inquinamento locale, tra i diversi settori che compongono
un’economia hanno differenti impatti sull’ambiente e nei vari settori
industriali.
Nel caso del settore agricolo, si ha un impatto
ambientale sia nei paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo
proprio perché i problemi maggiori riguardano l’erosione dei suoli, la
salinizzazione e lo scarico dei pesticidi e dei fertilizzanti nelle
falde acquifere da parte dei produttori. Il diffuso inquinamento di
queste ultime, è un esempio di esternalità ambientali a causa
dell’inesistenza dei diritti di proprietà. La mancanza di tali diritti
provoca infatti nella gestione delle risorse comuni da parte degli
individui e delle imprese, la possibilità ad usarle in modo smisurato il
che significa una loro sovra-utilizzazione; l’eccessivo utilizzo di
queste sostanze chimiche, come è appunto il caso dei pesticidi e dei
fertilizzanti, porta ad una riduzione delle capacità produttive del
terreno circostante, all’eccessivo inquinamento e al conseguente
deterioramento degli ecosistemi in prossimità dei delta dei fiumi.
Mentre nei paesi industrializzati si dibatte da tempo
sulla responsabilità del produttore rispetto all’intero ciclo di vita
del prodotto, obbligandolo a farsi carico dell’impatto ambientale,nei
paesi in via di sviluppo sembra riconoscibile un modello di sviluppo
comune caratterizzato da un elevato uso di energie per unità di prodotto
che deriva dall’assenza di tecnologie efficienti e dal non regolare
consumo di materie prime delle imprese, il che implica emissioni troppo
inquinanti durante la produzione.
Nel settore energetico, sia la fase della produzione che
del consumo di energia hanno un forte impatto sull’ambiente. Per la
prima,i processi di combustione delle fonti energetiche sono tra i più
inquinanti e ad essi sono legati anche i rischi del trasporto
dell’energia. Per la seconda, l’uso dell’energia connesso all’elevata
urbanizzazione provoca elevati costi nel campo dell’inquinamento locale.
I problemi di inquinamento globale generati dallo
sprigionamento dei gas serra nell’atmosfera sono il fenomeno ambientale
più studiato e che riguarda i cambiamenti climatici.
L’atmosfera,composta da alcuni gas,siccome non permette la perfetta
rifrazione dei raggi del sole che colpiscono la Terra, trattiene calore,
e porta il pianeta ad avere una temperatura elevata.
I dati scientifici, economici, tecnologici e sociali
relativi ai cambiamenti climatici si possono trovare nell’IPCC (Intergovernmental
Panel on Climate Change), un organismo che ha il compito di formulare e
di valutare le valutazioni effettuate sui cambiamenti climatici.
L’ultimo rapporto sottolinea che il riscaldamento aumenta per
l’eccessivo tasso di emissione e di concentrazione dei gas serra
nell’atmosfera, dovuto all’uso di fonti di energia non rinnovabili da
parte delle industrie.
In merito,si evidenzia proprio che una maggiore attività
di produzione e di consumo di energie fossili da parte delle imprese
provoca un innalzamento della concentrazione di questi gas serra
nell’atmosfera e il conseguente aumento della temperatura.
Oltre al problema dei gas serra,c’è anche quello della
deforestazione. Quest’ultima si verifica quando c’è uno sfruttamento
eccessivo di vaste aree verdi, per esempio il caso di un taglio di
alberi che superi il suo tasso di rigenerazione. Questo fenomeno è molto
diffuso nei paesi in via di sviluppo per la crescente domanda di legname
pregiato da parte dei paesi industrializzati.
Le conseguenze che subisce il paese per effetto della
riduzione di aree verdi (foreste) sono di due tipi: il primo è
l’impoverimento genetico inteso come la perdita di biodiversità, ovvero
la varietà di specie di piante, animali e di altri microrganismi e il
secondo è il rischio idrogeologico ad esso connesso, cioè la velocità
delle acque fluviali che provoca una modifica della struttura dei bacini
idrici.
I possibili rimedi ai problemi di inquinamento ambientale
indirizzati ad ottenere una sua maggiore sostenibilità sono molteplici;
tra questi, l’imposizione di dazi o tasse, standard di emissione da
parte delle autorità ambientali e dello stato ai produttori di industrie
troppo inquinanti,sembrano essere i rimedi più logici ma allo stesso
tempo poco sostenibili se imposti da tali organi in quanto sarebbe
invece più giusta una crescita e una correttezza spontanea da parte dei
produttori e dell’impresa.
Allora,due possibili rimedi alternativi per entrambi i
tipi di inquinamento..,meno fiscali e più ragionevoli in termini di tale
crescita, potrebbero essere quello dell’utilizzo di tecnologie
“pulite”o intelligenti e di fonti di energia rinnovabile da parte delle
industrie.
In particolare, sono da considerarsi energie rinnovabili
quelle forme di energia generate da fonti che per la loro caratteristica
intrinseca si rigenerano o non sono esauribili, per cui il loro utilizzo
non pregiudica la disponibilità delle risorse naturali e la salute
delle generazioni future; per far ciò, le imprese si basano sull’analisi
di alcuni indicatori di sostenibilità. Per le risorse rinnovabili, ad
esempio,il tasso di utilizzazione,non deve superare il loro tasso di
rigenerazione; per le emissioni inquinanti,queste non devono superare la
capacità di assimilazione degli ecosistemi; per le risorse non
rinnovabili,limitare il loro tasso di utilizzo al tasso della loro
sostenibilità.
L’utilizzo delle rinnovabili, tra le quali ricordiamo
quella solare,eolica, idraulica, geotermica,del moto ondoso, maremotrice
(maree e correnti) rappresenta una esigenza sia per i Paesi
industrializzati che per i Paesi in via di sviluppo. I primi necessitano
nel breve periodo di un uso più sostenibile delle risorse,che porti ad
una riduzione delle emissioni dei gas serra che provoca l’inquinamento
atmosferico;questo grazie come anche già ribadito, all’utilizzo di
tecnologie “pulite”;oltretutto i Paesi industrializzati hanno bisogno di
una diversificazione del mercato energetico e di una sicurezza nella
tipologia di approvvigionamento energetico per avviare nuovi sistemi
produttivi. Per i Paesi in via di sviluppo ,le energie rinnovabili
rappresentano la nuova concreta opportunità di sviluppo sostenibile
nella produzione e nella sempre più consolidata competizione mondiale.
La necessità di utilizzare energie rinnovabili per la
produzione,è importante indipendentemente per tutti i paesi del mondo
perché elimina i rischi degli impatti ambientali; per quelli locali (su
aria , acqua e suolo)connessi alle attività umane rappresenta uno dei
principali driver di cambiamento sull’utilizzo,nonché la trasformazione
di risorse non più inquinanti per l’uomo e l’ambiente. Ci deve essere
una maggiore spinta da parte delle imprese nell’attivare varie
iniziative descritte qui di seguito.
L’implementazione di sistemi di gestione delle risorse
ambientali da parte delle organizzazioni (attraverso,la ISO 14001 del
2004, uno standard di certificazione sulla qualità del sistema adottato
dalle imprese); la realizzazione di programmi di protezione e di
prevenzione; l’utilizzo di strumenti di eco-managment per l’analisi del
ciclo di vita di un prodotto dalla trasformazione alla produzione; lo
sviluppo di tecnologie e la ricerca di prodotti/risorse sempre più
ecocompatibili mediante l’introduzione di innovazioni radicali; il
mantenimento di canali di informazione e di dialogo tra gli stakeholders
dell’impresa e tutti gli individui.
Per eliminare invece i rischi di impatti ambientali
globali, è importante che ci sia una capacità delle imprese di condurre
iniziative industriali con costante contenimento delle emissioni dei gas
serra costituendo gruppi di lavoro dedicati all’analisi delle
diminuzioni di emissione di queste attraverso l’analisi di alcuni
passaggi che vanno dall’utilizzo di tecnologie hi-tech (quelle di
ultima generazione),al miglioramento dell’efficienza energetica,per
arrivare ad una riduzione dei consumi delle risorse naturali e di
risparmio energetico.
Le fonti rinnovabili non contribuiscono soltanto a
ridurre l’effetto dell’inquinamento ambientale,ma muovono il nostro
pianeta verso uno sviluppo occupazionale nei vari settori lavorativi.
Grazie alle rinnovabili si sono creati nuovi posti di lavoro,portati
servizi e create nuove prospettive di studio e di
ricerca,oltre,naturalmente ad un maggior benessere della vita. In
più,grazie a questi interventi si sono ridotti i consumi energetici
negli edifici e le bollette dei cittadini,offrendo una risposta concreta
alla crisi delle forniture di gas dalla Russia degli ultimi tempi.
Molti paesi,come quello italiano, hanno una leva
fondamentale per realizzare politiche energetiche sostenibili ,che
progressivamente hanno portato a liberare Città e Regioni dalla
dipendenza delle fonti fossili come il nucleare.
Sono proprio le nuove rinnovabili,come il solare e
l’eolico,i piccoli impianti idroelettrici,geotermici,a biomasse a
rappresentare una delle migliori opportunità per una generazione
energetica distribuita che permetta ai comuni del nostro paese di
diventare in poco tempo protagonisti di interventi capaci di portarli ad
una progressiva autonomia energetica.
Tra tutte queste fonti rinnovabili,quella dell’acqua per
il nostro paese sembra posizionarsi ai primi posti vista la grande
quantità di cui disponiamo e l’importanza nel muovere la nostra
economia. Purtroppo ne facciamo un uso sconsiderato,infatti il
60%diventa sostenibile per l’economia stessa ma non più per l’ambiente
naturale. Nel bacino idrografico del Po,è finalizzato all’irrigazione il
95% dei prelievi superficiali; bastano questi dati per descrivere il
nostro ingente consumo di acqua in agricoltura.
E’ questo il punto fondamentale studiato nel dossier “La
gestione sostenibile dell’acqua in agricoltura”.L’obiettivo è quello di
migliorare sempre di più il settore dell’agricoltura da un attuale
sostentamento a uno sviluppo per l’economia italiana,attraverso una
diversa strategia di riduzione dei prelievi di acqua e dunque una
maggior efficienza nel suo uso.
Le proposte di Legambiente rivolte a promuovere una
maggior sostenibilità di questa risorsa soprattutto nel rispetto
dell’ambiente e delle risorsa stessa sono molteplici;
praticare per esempio seriamente il riutilizzo delle
acque reflue depurate in agricoltura per ridurre i prelievi di
acqua,modificando il decreto del ministero dell’Ambiente 185/2003 che
prevede limiti alla carica batterica mille volte più restrittivi
rispetto a quelli proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità;
attuare politiche regionali indirizzate al risparmio e
all’efficienza quali incentivare la conversione degli impianti obsoleti
con quelli maggiormente efficienti da parte delle imprese;
una tariffazione progressiva legata ai consumi
reali,incentivare la gestione dell’acqua presso i consorzi di bonifica
attraverso un sistema a domanda e non a turnazione e,dove
possibile,creare dei sistemi di assistenza all’irrigazione proprio per
evitare gli eccessivi sprechi.
Successivamente è importante investire risorse per
ridurre le perdite nel trasporto dell’acqua e realizzare piccoli bacini
aziendali da diffondere poi sul territorio. Diventa fondamentale
procedere a una profonda rivisitazione dei consorzi di bonifica, fondata
sull’efficienza,efficacia ed economicità. Creare dei sistemi di maggior
controllo preventivi da parte degli enti locali sui prelievi abusivi di
acqua dalle falde acquifere ed inoltre un censimento dei pozzi di
prelievo idrico.
Simile è naturalmente anche il quadro energetico di altri
paesi dell’UE come la Germania ad esempio,che puntando
sull’innovazione,sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica
hanno già messo in atto importanti performance e sono in ottima
posizione rispetto al protocollo di kyoto. Altri paesi sono in posizione
intermedia come appunto l’Italia con non certo lusinghiere prestazioni
nel campo delle rinnovabili con un sistema energetico che non è in grado
di puntare decisamente verso su uno sviluppo innovativo ,moderno e
compatibile se non con interventi mirati da parte delle imprese come nel
caso dell’utilizzo dell’acqua nell’agricoltura.
Per altri paesi ancora, ed è il caso di quelli dell’est
europeo,con un sistema obsoleto e inquinante e con una forte presenza di
energia nucleare.
Trasporti,energia, nucleare,sono queste le sfide
principali che attendono la nuova Europa nei prossimi anni. Sono questi
i settori che globalmente,possono maggiormente incidere sia sull’Europa
politico-industriale che in quella fisica sullo sviluppo sostenibile ed
equilibrato del continente. Il quadro dei paesi che già fanno parte
dell’UE,di quelli che vi aderiranno e di quelli limitrofi è adesso assai
variegato.
C’è ad esempio ad est un sistema di trasporti pubblici
esteso e capillare,pur nella sua arretratezza,che assorbe la stragrande
maggioranza degli spostamenti delle persone e delle merci sia su scala
urbana che nazionale. C’è invece ad ovest un andamento della mobilità
diametralmente opposto. La rete dei trasporti su rotaia e il trasporto
pubblico locale sono decisamente più moderni ma in alcuni paesi e tra
questi soprattutto l’Italia, le auto e i tir assorbono la quota più alta
degli spostamenti.
Il miglioramento complessivo del sistema energetico
europeo e lo sviluppo delle fonti rinnovabili,la progressiva uscita dal
nucleare (partendo ovviamente dagli impianti più vecchi e più a
rischio),un nuovo modello nel settore dei trasporti, la consistente
riduzione delle emissioni inquinanti e dei gas serra,sono obiettivi alla
portata dell’Europa che possono portare benefici innegabili non solo
all’ambiente ma anche alla lotta all’effetto serra. Questo il percorso
per costruire una economia più florida e duratura,e ottenere un
miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione.
Le premesse per una radicale svolta in questa direzione
ci sono,ma non vengono perseguite con decisione dall’insieme dei governi
continentali. Bastano alcuni dati per dimostrarlo. Alla conferenza di
Mosca del 2003 è stata stimata nel periodo 1990-2000 una crescita delle
emissioni del 13% nei paesi in via di sviluppo,che deriva dai citati
processi di deforestazione e di cambiamenti dell’uso del suolo. Un’altra
parte,pesante, è diretta conseguenza del trasporto su gomma sia nei
paesi industrializzati che in quelli che oggi cominciano ad affacciarsi
prepotentemente sul mercato dell’auto.
Nella stessa UE però la riduzione delle emissioni non è
stata un processo condiviso e omogeneo: al contrario l’andamento dei
vari Paesi è fortemente divaricato. La riduzione conseguita a livello
europeo è dovuta essenzialmente alla forte riduzione ottenuta in
Germania (-18% tra il 1990 e il 2001, almeno per la metà grazie alla
ristrutturazione economica nelle terre orientali) e in Gran Bretagna del
(-12%). Una lieve riduzione (-3%) è stata conseguita dalla Svezia e una
stabilizzazione al livello 1990 è stata registrata in Francia (grazie
però alla crescita del nucleare) e in Danimarca.
Negli altri paesi si è registrata invece una crescita
sostenuta delle emissioni. Spagna, Italia e Grecia sono i tre paesi
con la crescita assoluta più significativa. La crescita dei consumi
energetici e la mancata conversione delle fonti fossili spiega
l’ulteriore espansione delle emissioni di gas serra. Durante il periodo
1990-2001 il consumo mondiale annuo di energia è cresciuto con una media
dell’1,4%.
Questa crescita è avvenuta senza che, nell’ultimo
decennio, vi sia stata una fondamentale evoluzione nella struttura delle
fonti. La quota delle fonti fossili (86,5%) è rimasta invariata tra il
1990 e il 2001. All’interno delle fonti fossili i consumi totali
crescono per tutte le fonti, anche se si allarga la quota di metano a
spese del petrolio e del carbone.
Su scala mondiale le energie rinnovabili,costituite in
primo luogo da biomassa commerciale e non impiegata nei Paesi in via di
sviluppo e da idroelettrico,sono cresciute sostanzialmente allo stesso
ritmo delle fonti fossili. Nei prossimi decenni è attesa una ulteriore
sostanziale crescita della domanda energetica. La World energy
outlook 2003 prevede che tra il 2001 e il 2025 la domanda crescerà
del 58%, con tassi di crescita più contenuti, ma comunque attorno al 50%
del livello attuale.
E’ con questa prospettiva di crescita che
Legambiente,oltre che analizzare quello che è il quadro generale dei tre
macrosettori,dei trasporti, dell’energia e del nucleare propone quelle
che dovrebbero essere le micropriorità di supporto ai tre settori stessi
per uno sviluppo più sostenibile: forte innovazione nei prodotti,
strategie più efficaci e efficienti adottate dalle imprese nei sistemi
produttivi e una maggior sicurezza nella mobilità.
(Gen.2010)
Silvia Annibali |