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La corsa all’energia Pulita del 21° secolo. Cambieremo?

 

di Cristian Zuffada

 

Pannelli fotovoltaici e pale per energia eolica40 anni fa le superpotenze mondiali si sfidavano per tentare di vincere la corsa allo spazio. Oggi, in una crisi ambientale terribile, si sfidano per il ruolo di leader nell’ecologia. Una corsa che per primo ha intrapreso il Parlamento di Bruxelles. L’Unione Europea è stata senza dubbio, come si diceva, la prima in assoluto ad intraprendere politiche verdi, in quanto ha ratificato il protocollo di Kyoto in toto , e ha stabilito il famoso accordo del 20-20-20 contestato da più parti. I punti che però svantaggiano l’Europa riguardano le diversità di politiche e di tecnologie disponibili tra i vari Paesi.

Mentre ci sono alcune nazioni con un ritmo di crescita ecologica impressionante (vedi Germania, Danimarca, Francia e Gran Bretagna), le quali già da anni hanno intrapreso il cammino delle rinnovabili basti solo pensare a  Samso ( in Danimarca ) diventata il primo e per ora unico insediamento umano ad aver abbattuto totalmente le emissioni di anidride carbonica. Il sogno ambientalista, l'ultima frontiera di un mondo che ha scoperto di dover essere sostenibile. Ci sono anche altri Paesi (come la Romania, la Polonia ed in generale tutto l’Est Europa) che vanno avanti ancora con il carbone, e che le energie rinnovabili non sanno nemmeno cosa siano.

La situazione europea quindi non è rosea, ma ha buone potenzialità. Al contrario, le altre due superpotenze ( USA e CINA ) hanno il vantaggio di essere più unite, quello che il Governo decide si fa, e quindi se si decide di intraprendere il cammino ecologico, lo si fa tutti insieme.

La Cina, il Paese più inquinante del mondo, ha investito più di tutti nel rinnovabile, circa 220 miliardi di dollari, e cioè il 40% dei fondi stanziati dal Governo per uscire dalla crisi.

 

Il colosso cinese ha dalla sua parte l’ambizione di costruire le centrali elettriche ad energia pulita più grandi del mondo, e si sta ponendo in un ruolo leader nell’esportazione delle turbine eoliche. Molto importante anche l’investimento nell’industria dell’automobile USA, la quale approfittando del fallimento della General Motors ha rilevato il comparto del Suv, ma soltanto in maniera marginale, fallimento dovuto a errori di management che non hanno mai puntato sull’ecologia e sui bassi consumi.

Il vero cuore dell’industria automobilistica cinese del futuro saranno le auto ibride ed elettriche, che stanno ricevendo finanziamenti a pioggia.

I Paesi che si dicono attenti all’ecologia e che si auto-nominano ecologici, dovrebbero guardare a quelli che invece fanno veramente qualcosa e prendono concretamente degli impegni.

Mentre in Europa si continua a litigare tra chi vuole il 20% dell’energia pulita entro il 2020, chi ne vuole di più e chi ne vuole di meno (e chi non ne vuole proprio come l’Italia che si contraddistingue in negativo ), dall’altra parte del mondo c’è un Paese che si candida a diventare il più grande produttore di energia pulita al mondo. No, non si parla degli Stati Uniti, ma della Cina.

I famigerati impianti alimentati a carbone, tanto messi sotto accusa per l’alto tasso di inquinamento, attualmente sono la prima causa delle emissioni di gas a effetto serra al mondo. Questi però andranno via via scomparendo, dato che per il suo futuro la Cina ha promesso che il 35% del fabbisogno energetico nazionale proverrà da fonti di energia pulita entro il 2020.

Il Governo di Pechino ritiene che l’obiettivo sarà generare circa 570 gigawatt di energia pulita all’anno, un bel passo avanti per il più grande impero economico inquinante al mondo.

Purtroppo le previsioni parlano di una possibilità che il fabbisogno energetico cinese nei prossimi 11 anni possa raddoppiare, il che significa che esso diventerà di 3.200 gigawatt, facendo scendere la produzione di energia pulita a poco più del 17%.

Nel frattempo, la Cina ha chiesto che anche il resto del mondo faccia la sua parte, e cioè rispettare l’impegno di tagliare la produzione di gas serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.

 

La Cina ha dichiarato gli obiettivi per l’espansione delle fonti rinnovabili di energia (pari se non superiori all’impegno dell’Unione europea) e sulla sua economia più ecologica, purtroppo però senza alcun impegno vincolante a ridurre le emissioni.

Se vuole davvero un futuro con uno sviluppo ecologico, la Cina deve prima di tutto abbassare le emissioni di carbonio. Peccato però che pare che il Governo di Pechino abbia imparato un po’ da noi italiani, e abbia posto come ostacolo a questo sviluppo il rallentamento economico globale. Tralasciando peraltro che mentre tutte le economie del mondo rallentavano, quella cinese era una delle poche che continuava a crescere.

Il caos climatico però minaccerà tutti nei prossimi decenni, e non vi sarà più spazio per le promesse incompiute. S

e non ridurremo le emissioni su scala mondiale per far sì che la temperatura aumenti di non più di 2 ° C, la crescita economica di tutti nel mondo, cercando per tutti la prosperità materiale, non salverà noi nè gli ecosistemi, ed anzi sarà la maggiore responsabile della nostra fine.

Basti pensare che la stessa Onu giudica insufficiente l’accordo in materia di lotta al global warming raggiunto dai paesi del G8 (Germania, Canada, Usa, Francia, Gran Bretagna, Italia, Giappone e Russia) riuniti a L’Aquila (8-10 luglio) sotto la presidenza italiana, e si capisce che nonostante la corsa all’ambientalismo tanto pubblicizzata , nulla di concretamente eccellente viene ancora effettuato .

Rimane quindi ora solo la speranza che l’uomo evolga se stesso e si salvi dalla catastrofe che rischia di causare.

 

 

Cristian Zuffada

 
 

 

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